Tributi alla terra

Rami tra i capelli, fiori tra le dita – Come sono diventata un albero di Sumana Roy

Davanti alla finestra della mia camera  da letto c’è una pianta di papaia. È come una madre per me, e la do per scontata come faccio con mia madre.

Come sono diventata un albero – Una canzone d’amore (Aboca, traduzione di Gioia Guerzoni) è un acuto saggio di Sumana Roy, giovane scrittrice e poetessa indiana. In questo libro l’autrice immagina di poter diventare un albero, dalla chioma alle radici, con linfa e pazienza arborea

Ma perché Sumana Roy vuole diventare un albero? 

Le sue ragioni sono tante: un umano, prima di tutto, è un essere molto spregevole rispetto a una pianta. Gli esseri umani uccidono, rubano, ma non solo: sono obbligati a incombenze burocratiche insensate, sono prigionieri delle consuetudini che si sono inventati, sono macchine piegate al profitto. Gli uomini fanno rumore, distruggono, danno importanza a cose che non ne hanno. Mentre gli alberi sono saggi, radicati, profondi. 

Tra tutti i motivi per cui desideravo diventare un albero, il più urgente era sfuggire al rumore. C’erano due elementi in questo desiderio, il rumore degli umani e il vocabolario silenzioso degli alberi. Il costante brusio lamentoso che accompagna la vita degli esseri umani è in netto contrasto con l’operosità degli alberi che lavorano in un silenzio quasi assoluto.

Per Roy il desiderio di assomigliare un albero un diventa quindi un atto di disobbedienza e di completa ribellione: è un esigenza anticapitalista e antispecista, è una forma di ostracismo alla velocità che inghiottisce tutto.

Per raccontare questo bisogno, Roy si affida alla letteratura, all’arte, alla poesia, alla scienza e alla storia. Recupera brani di poeti e scrittori come H. D. Lawrence, li affianca a citazioni di Maya Angelou, Henry David Tureau, a mantra dello yoga.

E poi ci sono i dipinti di Anil Karanjai, Salvador Dale, Frida Khalo, di cui recupera la bellissima affermazione Dipingo i fiori, così non moriranno.

La bibliografia è fittissima e ha le sue radici nella mitologia, soprattutto quella greca. Ne Le metamorfosi di Ovidio come nelle tradizioni indiane. È forse questa, tra le altre, l’unicità di questo volume: l’occidente mescolato all’oriente e al sud, in un incrocio di voci che non si contraddicono, ma si sostengono.

“Mi inclino contro un albero, sono un albero inclinato” ha scritto Margaret Atwood. Ho pensato a centinaia di persone – soprattutto donne – che per evitare che fossero abbattuti avevano abbracciato alberi che da più di due secoli crescevano nella regine himalayana del Garhwal.

Come sono diventata un albero, è un piccolo e delizioso saggio ambientalista, ma non solo. È un saggio dalla parte degli artisti, dei narratori: nell’idea che si possa essere davvero ecologisti solo se si riconosce che altri esseri umani hanno sentito questa profonda vicinanza all’ambiente e provato a raccontarla. Solo con questa consapevolezza Roy potrà diventare un albero, e distaccarsi dal suo essere umana per sempre.

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