“Magic Fish” – La potenza delle fiabe si ripercuote sul nostro presente

Le mie case d’infanzia sono piene di fiabe: ci sono i volumi Einaudi, pesanti e tozzi, le versioni tascabili con la copertina gialla comprate con «L’Unità», libri di poche pagine e molte illustrazioni per un target dai 3-4 anni in su e ancora raccolte – illustrate o meno – di singoli autori. Andersen, i fratelli Grimm, Perrault, Calvino… ma anche fiabe nordiche, africane, orientali.

Le fiabe mi hanno sempre affascinato. Ti portano in mondi lontani e ti danno la possibilità di conoscere culture diverse, compongono un mondo, anzi un universo, vasto e variegato in cui è facile immergersi e perdervisi. Di ogni storia esistono diverse versioni in cui, di volta in volta, sono i particolari a cambiare, gli esiti, i nomi dei personaggi o la loro funzione. Quello che non cambia è l’atmosfera in cui si viene trasportati, intrisa di mistero e magia, ma anche la possibilità di leggervici collegamenti con il presente, che sia il nostro, piccolo e stretto, o quello del mondo, delle tradizioni e dei costumi.

È difficile descrivere la tenerezza e la commozione che ho provato leggendo Magic Fish. Le storie del pesce magico di Trung Le Nguyen, pubblicato in Italia da Tunué. Una perla in cui la vita del protagonista e della sua famiglia si fonde e si mescola con le fiabe, versioni orientali in cui è possibile intravedere e riconoscere topoi e personaggi di storie che conosciamo fin dalla più tenera età. Trung Le Nguyen è un fumettista vietnamita-americano, nato in un campo profughi nelle Filippine. Il suo Magic Fish. Le storie del pesce magico – opera prima come autore unico – ha vinto due Harvey Awards ed è stato nominato come libro dell’anno da New York Public Library, Kirkus Reviews, Booklist e Publishers Weekly.

Magic Fish nasce da un’esperienza autobiografica:

«Quando ero molto piccolo, ho imparato a leggere allo stesso tempo in inglese e in vietnamita. Poiché i miei genitori erano immigrati da poco, avevamo sviluppato l’abitudine settimanale di selezionare alcuni libri dalla biblioteca e di leggere insieme le storie. In questo modo potevamo farci delle domande e ricostruire le parti delle storie che uno di noi poteva aver perso. Man mano che i miei genitori e io ci sentivamo più a nostro agio, a casa ci esprimevamo attraverso una combinazione delle due lingue: un linguaggio ibrido, o misto.
Mi piacevano in particolar le fiabe illustrate perché ogni tanto i miei genitori mi leggevano una storia e poi dicevano che erano cresciuti con un racconto molto simile. Mi sono innamorato dell’idea che le storie potessero avere luoghi di origine e una propria discendenza, in maniera non dissimile a quello che accade a una persona. Una fiaba poteva spostarsi da una regione all’altra e cambiare i vestiti. Poteva adottare le usanze e le credenze della nuova casa e conservare ancora gran parte della propria origine. L’idea che una storia si modificasse per adattarsi a una nuova casa era così piena di speranza per un bambino immigrato allevato sapendo che lui e i genitori non venivano dagli stessi posti.
Quando sono cresciuto, abbiamo continuato a prendere in prestito libri illustrati e fiabe, ma ho anche iniziato a comprare fumetti. Mi piacevano da morire. Il modo in cui le storie si dipanavano sembrava così naturale e dinamico. Mi ricordava come io e i miei genitori cospargevamo di parole inglesi il nostro vietnamita parlato per aiutare a collegare i sentimenti di due lingue diverse. Non le abbiamo mai sentite come parti separate e incompatibili.»

Tiến, vietnamita di seconda generazione in America, ama le fiabe, soprattutto perché sono un mezzo che fa da ponte tra lui e i suoi genitori, specialmente fra lui e sua madre Helen che soffre la lontananza dalla famiglia lasciata in Vietnam. Lei e il marito, giovanissimi, si sono trasferiti negli Stati Uniti per avere una vita migliore, ma nonostante la quotidianità scandita dal lavoro, dalla serenità e da Tiến che è un ragazzino straordinario, Helen soffre la distanza dalla madre malata. Non conoscendo bene l’inglese come il figlio, Tiến e la madre leggono le fiabe in inglese in modo tale che Helen possa allenarsi e, allo stesso tempo, imparare il senso di parole per cui – a volte – non c’è il corrispettivo in vietnamita. Una di queste parole è gay. Per Tiến fare coming out con i suoi genitori e spiegare loro come si sente è difficile e questo senso di malessere e di non sentirsi a posto con la sua coscienza per questo segreto taciuto lo rende a tratti distante e silenzioso. Per fortuna ci sono Claire e Julian, i suoi migliori amici, e le fiabe grazie alle quali esprimersi diventa una strada percorribile. È proprio attraverso i libri di Tiến e ai disegni e ai colori utilizzati da Trung Le Nguyen che il lettore si addentra in un mondo magico e fiabesco, dove appunto l’aggettivo “fiabesco” rispecchia totalmente non soltanto lo schema di Propp, ma anche lo spettro di sentimenti e situazioni, non tutte idilliache ça va sans dire, che incontriamo nella vita vera. I protagonisti e le protagoniste delle fiabe scelte da Le Nguyen non sono poi tanto diversi dalle fiabe occidentali. Cambiano i costumi, alcuni passaggi, ma in fondo le storie sono molto simili. Il valore aggiunto sono sicuramente le rappresentazioni e i punti di vista di Tiến e di Helen dei quali vediamo la fervida immaginazione e le rivisitazioni che il loro sguardo o il loro linguaggio compiono.

Le fiabe all’interno di Magic Fish – colorate di blu mentre al presente è destinato il colore rosso e al passato il giallo – sono versioni poco note rispetto alle fiabe classiche che conosciamo (principalmente quelle riadattate in versione animata da Walt Disney che, edulcorandone il finale, ha fatto credere a orde di bambini e bambine – spoiler: me – che la Sirenetta avrebbe vissuto felice e contenta e non si sarebbe dissolta in schiuma per poi diventare figlia dell’aria, per intenderci).

Le prime due fiabe, come spiega l’autore nella postfazione, sono due varianti di Cenerentola: la tedesca Allerleirauh e la vietnamita TấmCám, raccontate attraverso l’immaginazione di Tiến; mentre l’ultima fiaba è una rielaborazione della Sirenetta di Andersen narrata dalla fantasia di Helen che sapientemente ne cambia il finale per poter dire al figlio “Io sono qua per te”.

A giugno, in occasione del tour di presentazioni di Magic Fish, ho avuto la fortuna e l’occasione (grazie Tunué e grazie Simona!) di fare una chiacchierata con Trung Le Nguyen a proposito di disegno e sceneggiature e, ovviamente, di fiabe.

Magic Fish è il tuo primo fumetto come autore completo. È stato difficile per te?

Sì, è stata davvero una sfida nuova per me. Per farlo ho chiesto molto supporto sia agli altri autori sia al mio editor per migliorare e far avanzare il mio mestiere di fumettista. All’inizio ero molto nervoso perché al di là di Magic Fish si può dire che l’unica cosa che avessi mai scritto erano i saggi brevi a scuola, infatti è strutturato un po’ come un saggio breve. C’è una tesi, poi ci sono delle fonti che vanno ad avvalorare la tesi. Sì, Magic Fish ha davvero quel tipo di struttura di saggio scolastico. Ma penso anche, e di questo ne sono felice, che la narrazione sia emersa in un modo elegante. Credo comunque di stare ancora imparando a scrivere, ma adesso è meno spaventoso e meno intimidatorio per me.

In Magic Fish riscrivi due delle più famose fiabe del mondo: Cenerentola e la Sirenetta. Intanto vorrei chiederti qual è la tua fiaba classica occidentale preferita e perché?

Penso che la mia fiaba occidentale preferita sia L’est del sole e l’ovest della luna (fiaba norvegese), non so se la conosci. È un po’ come Amore e Psiche o La bella e la bestia, adoro questo tipo di storie. Sia questa che La bella e la bestia sono alcune delle mie fiabe preferite in assoluto. Amo le tematiche diverse, il fatto che l’eroina abbia molte capacità ma faccia anche degli errori, la storia diventa un’avventura che ruota intorno a lei.

Qual è, invece, la tua fiaba orientale preferita?

Una delle mie fiabe asiatiche preferite appartiene sempre al filone di cui ti dicevo prima, solo che la Bestia è una specie di uomo-serpente. C’è un mito su una sorta di mostri serpenti nel Sud dell’Asia e mi è sempre piaciuto fin da piccolo. È davvero simile a La bella e la bestia, ci sto facendo caso adesso, mi piace davvero molto questa fiaba.

Nella tua storia parli di amore, amicizia ma soprattutto della libertà di essere se stessi. Ci sono molte tematiche all’interno di Magic Fish che se ne potrebbe parlare per ore! Anche i personaggi hanno uno spessore molto studiato. Oltre Tiến, che è poi il protagonista, ho adorato i suoi migliori amici, Claire e Julian, perché sono scevri da pregiudizi e intendono l’amicizia nello stesso modo in cui la intendo io. Qual è il personaggio secondario con cui sei entrato più in empatia?

Probabilmente Helen. È vero che ho scritto una storia per un pubblico più giovane, ma mentre stavo scrivendo ho capito che ero più vicino all’età che ha Helen (trent’anni, n.d.r.) e per questo mi sono sentito più in sintonia con quello che accade a lei. Inoltre, ho empatizzato con i miei genitori in un modo che mi ha sorpreso e che per certi versi mi era nuovo. Mi è piaciuto scoprire tanto di quel personaggio in America.

Ultima domanda. Ci sono libri o fumetti che ti hanno aiutato nella stesura di Magic Fish?

Sì. Uno dei miei fumetti preferiti è Laura Dean continua a lasciarmi (in Italia edito da Bao Publishing), scritto da Mariko Tamaki e illustrato da Rosemary Valero-O’Connell. È bellissimo e molto complesso anche se la storia è semplice, è molto centrato sulle relazioni tra i personaggi, potrebbe essere banale ma il modo in cui viene presentato è molto profondo, e poi è anche disegnato benissimo.

Altri suggerimenti?

No, al momento non me ne vengono. Credo che i fumetti che mi abbiano ispirato come autore siano molto vecchi, non ho fumetti recenti da consigliare. Sono cresciuto leggendo molti fumetti di Tintin e di Asterix e Obelix, amo molto i fumetti che hanno immagini chiare ed esplicative, mi piacciono i libri facili da leggere. Ovviamente mi piacciono tanto anche i fumetti dei supereroi di matrice americana ma le loro pagine sono piene di dettagli e a volte li trovo un po’ più faticosi da leggere. Adoro lo stile con una linea chiara, quello, appunto, dei vecchi fumetti.

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