Operaprima – Simone Salomoni

Il dio Proteo, il Vecchio verace conoscitore degli abissi marini, è custode della verità delle cose. Ce ne parla Menealo nel IV libro dell’Odissea in seguito all’incontro con la figlia Eidotea. Questa lo avverte che la strada per arrivare ad acquisire il vero è tortuosa: bisogna riuscire a legare il dio mentre dorme nelle caverne e trattenerne la fuga. Ma i suoi tentativi di evasione sono assai particolari: Proteo muta forma, prova a divenire ogni cosa che in terra si muove.

Ecco ciò che è racchiuso nel nucleo centrale di Operaprima, romanzo d’esordio di Simone Salomoni, edito da Alter Ego Edizioni: la ricerca e lo smembramento della verità di cui l’arte è portatrice, le forme che cambiano e si adattano e l’abisso che fa salire a galla le bestialità recondite dell’essere umano.

Siamo a Monghidoro, sull’Appennino, i protagonisti sono Marie Bertrand, il figlio minorenne Simone Salomoni e un pittore quarantenne. La voce narrante è affidata a quest’ultimo, intento in una confessione che diventa amo che affonda nella guancia del lettore. I personaggi si muovono in un intreccio di situazioni disfunzionali abitate da violenza, sesso, sopraffazione e ricerca di conforto da un dolore arcaico impiantato nel petto. Nella relazione tra Simone e il pittore, nella fascinazione dai tratti ossessivi da cui questo viene travolto, risiedono i temi cardini del romanzo. Il ragazzo stesso è personificazione del processo che porta al vero, è Proteo che si svincola cambiando forma: è scrigno di fiati di bestia, è artista, opera, è l’arte.

“[…] Ho compreso che attraverso Simone avrei potuto assolvere la mia missione d’artista; Simone era una tela, non una tela bianca, vergine e immacolata ma una tela segnata, sporca e tagliata e per questo più interessante; scoprire il temperamento di Simone mi ha reso ancora più sicuro e consapevole del valore dell’opera che potevo realizzare, un’opera a tutti gli effetti; Simone non mi avrebbe vissuto passivamente, come una semplice tela, una tela come tante, Simone poteva essere opera e artista, un privilegio di pochi, forse nessuno.”

L’autore, docente di scrittura alla Bottega di narrazione, mostra una consapevolezza della scrittura tale da sfidare i dettami della grammatica, della composizione strutturale e in alcuni casi da crearne di propri. Lo scheletro del romanzo assume forme e generi diversi, si adatta alle esigenze della storia, come anche la punteggiatura, che ne diventa parte integrante assumendo ruoli ben precisi a seconda della situazione. Il montaggio si alterna tra narrazione principale e brevi racconti scritti da Simone, che rendono esplicito il fondale delle pagine precedenti. Questi a loro volta giocano sul punto di vista non ostacolando l’avanzare delle storie che si portano appresso, ma anzi conferendo maggiore forza. Infine il seminare indizi qua e là per tutto il romanzo fa sì che la tensione e l’attenzione rimangano alte. Il lettore diventa un cane fedele che segue il susseguirsi delle parole senza porsi domande, lasciandosi trascinare dal turbine di una lingua cruda e violenta che non ha paura di esserlo.

Tutto in questo libro è al servizio della verità, dell’arte, dell’opera. E così dovrebbe essere.

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