https://www.google.it/search?q=omicidio+kennedy&es_sm=93&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0CAgQ_AUoAmoVChMIkozp7ObmxgIVRLIUCh3SKgXX&biw=1304&bih=663#tbm=isch&tbs=rimg%3ACYrRyMloHTQ_1IjikE4mYOhR0vH-3vRXBu2vcvblpQJJz43LoI1tDsHrR4JJ8O-cW7ZfYVmOrHi3mUcQt7ZaFN1FNzioSCaQTiZg6FHS8EYeYWpJjiBINKhIJf7e9FcG7a9wRBKJp05cs6xcqEgm9uWlAknPjchF_1xUv117aCLyoSCegjW0OwetHgEQM655qJLkOXKhIJknw75xbtl9gRKxsWFV8QwlUqEglWY6seLeZRxBEyYNIpk6gU8CoSCS3tloU3UU3OEQ50r9nZBhos&q=omicidio%20kennedy&imgrc=itHIyWgdND8fOM%3A

Hanno ucciso il presidente. Chi sia stato non si sa

Chi non conosce il nome di Kennedy? E a chi non è mai capitato, anche solo per caso, di vedere in televisione un frammento del suo omicidio? Un evento che ha avuto un enorme impatto sulla storia americana e su quella mondiale, che ha cambiato il modo di vedere e percepire la realtà e che, ancora oggi lascia aperti una serie di quesiti a cui non si riesce a dare risposta. Prova della risonanza e della portata di questo avvenimento sono le svariate pellicole realizzate intorno e sul caso Kennedy, oltre che i vari testi, romanzi e non, scritti al riguardo. Libra è proprio tra questi ultimi. Tuttavia, definirlo un romanzo sull’omicidio Kennedy potrebbe risultare errato. Sarebbe meglio definirlo un testo di indagine su ciò che si nasconde dietro quell’evento, su cosa lo ha scatenato e perché.  È un testo che vuole, o almeno prova, a mettere in scena non il complotto, ma i complotti che hanno reso l’omicidio del presidente un pezzo di Storia.

Considerato uno dei maggiori esponenti della corrente del postmodernismo americano, Don DeLillo nasce nel Bronx nel 1936  da una famiglia di immigrati italiani. Qui vive in un quartiere popolare abitato prevalentemente da famiglie italo- americane che lascerà tracce evidenti sulla sua produzione. https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1304&bih=663&q=don+delillo&oq=don+delillo&gs_l=img.3..0l2j0i30l8.2369.5903.0.6083.18.12.4.2.2.0.156.956.7j3.10.0....0...1ac.1.64.img..2.16.993.H957L1kK4ZE#imgrc=id56tGdPC5aesM%3AComincia ad appassionarsi seriamente alla lettura, e pertanto alla letteratura, alla soglia dei diciotto anni quando, durante un lavoro estivo come sorvegliante in un parco giochi, i libri diventano il suo principale passatempo. È questo il momento in cui entra in contatto con  grandi nomi del Postmodernismo come Faulkner e Joyce. Dopo la laurea si dedica per alcuni anni al lavoro di pubblicitario, esperienza che gli permetterà di vedere da vicino quanto i media interferiscano nella storia, che si tratti di quella del singolo o di tutti. Inoltre, sarà proprio a seguito di questo impiego che DeLillo comincerà quella “vita vera”, come lui stesso l’ha definita, che altro non è che quella dello scrittore.

La nostra cultura è cambiata in modo rilevante. E questi cambiamenti sono tra le cose che sono entrate nella mia opera. C’è la frantumata casualità dell’evento, la motivazione mancante, la violenza che la gente non solo commette ma che sembra guardare simultaneamente da una distanza disinteressata. Poi l’incertezza che proviamo a proposito dei fatti basilari che circondano il caso – il numero dei cecchini, il numero degli spari e così via. La nostra presa sulla realtà ne è rimasta un po’ minacciata. (Don DeLillo, Intervista con Adam Begley, The Art of Fiction: Don DeLillo)

Realtà, questa una parola chiave nel romanzo. Ma di quale realtà stiamo parlando? E sopratutto è davvero https://www.google.it/search?q=libra+delillo&espv=2&biw=1304&bih=707&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0CAYQ_AUoAWoVChMIpty6gebmxgIVwjcUCh1QzQLf#tbm=isch&q=delillo+libra&imgrc=sPW7XJddvkYjsM%3Auna la realtà di cui si parla? Costruito secondo una struttura perfettamente simmetrica, alternanza di due tipologie di capitoli, con data e con i nomi di città, il testo cerca di mostrare quali e quante versioni possibili possono nascondersi dietro quella che siamo soliti definire come realtà. Ad una simile suddivisione dei capitoli corrispondo due differenti linee narrative che partono parallele, ma arrivano ad incontrarsi e scontrarsi  grazie anche all’introduzione di una terza linea, rappresentata dal personaggio di Nicholas Branch. La storia di Oswald , la trama biografica, da una parte (capitoli con nomi di città) e il piano messo in atto dal gruppo di cospiratori, la trama narrativa, dall’altra ( capitoli con data).

“Tu pensa a due linee parallele, – disse.- Una è la vita di Lee H. Oswald. L’altra è il complotto per assassinare il presidente. Che cosa congiunge lo spazio fra le due linee? Che cosa rende inevitabile l’incontro? C’è una terza linea. Esce dai sogni, dalle visioni, dalle intuizioni, dalle preghiere, dagli strati profondi della personalità. Non è generata da causa ed effetto come le altre due. è una linea che interseca la causalità, attraversa il tempo. Non ha una storia che possiamo riconoscere o capire. Ma impone una congiunzione. Mette un uomo sulla strada del suo destino.”

Presentato come un alterego dello scrittore, Branch ne rappresenta anche l’opposto. Mentre a lui è affidato il compito di scrivere una “history”, e qui il termine inglese ben ci aiuta nel fare una distinzione, DeLillo è impegnato a sviluppare e creare una “story”. Da una parte la Storia, quella che ci circonda e nella quale, con o senza la nostra volontà, siamo tutti coinvolti e dall’altra la storia del singolo che, però, si lascia coinvolgere e in qualche maniera coinvolge essa stessa la prima. Immagine topica del rapporto che intercorre tra queste due categorie è quella degli “uomini nelle piccole stanze”.

“Uomini dentro piccole stanze, isolati. Una cella è la condizione essenziale. Ti mettono in una stanza e chiudono la porta. Così semplice da essere geniale. Questa è la dimensione conclusiva di tutte le forze che ti attorniano. Due e mezzo per quattro e mezzo.”

Branch e Oswald, entrambi costretti all’isolamento, ma con una piccola, seppur fondamentale, differenza. Il primo rimane sempre nella stessa identica stanza, quella che lui definisce la “stanza delle teorie e dei sogni”. Alienato dalla mole enorme di documentazione accumulata Branch cerca di scrivere la propria Storia del complotto. Più le informazioni aumentano, però, meno questo fine sembra raggiungibile e proprio perché circondato dalla Storia, finisce per esserne paradossalmente escluso. Dall’altra parte Oswald, il quale pur cambiando continuamente residenza, sembra ritrovarsi sempre nella stessa stanza, una vera e proprio cella di isolamento. Ed è proprio da qui che parte tutto. Stanco di vivere ai margini, Oswald cerca https://www.google.it/search?hl=it&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1304&bih=707&q=Lee+Oswald&oq=Lee+Oswald&gs_l=img.3..0l3j0i30l7.1590.5617.0.6085.12.8.1.3.3.0.166.729.6j2.8.0....0...1ac.1.64.img..0.12.754.luQQu6olB10#imgrc=Haw9e5_Oy751pM%3Adi diventare motore e parte attiva di quella Storia che sembra averlo costretto all’alienazione. Ma come fare per uscire da questa condizione di solitudine? L’unica soluzione è, innanzitutto, staccarsi da se stesso, arrampicarsi fuori dalla propria pelle e cercare di diventare  la Storia. Segno evidente di questo tentativo di scollamento è l’uso di una svariata serie di pseudonimi da parte del personaggio, di cui il più frequente è quello di Hidell: “Togli la doppia e a Lee. Nascondi la doppia l in Hidell. Hidell significa nascondi la l. Non dirlo .” Uccidere il presidente diventa, allora, un modo o forse l’unico modo, per riuscire nell’impresa, ed è così che la linea di Oswald finisce per incontrare quella dei complottisti. Sintomatico della riuscita del protagonista è il fatto che, a conclusione del romanzo, egli diventi al contempo personaggio e spettatore di se stesso. Ed è nell’ultima frase che questo successo appare chiaro. Marguerite davanti alla tomba del figlio sente due ragazzini parlare di Oswald e pensa che “questa era l’unica cosa che non potevano portarle via – il vero e duraturo potere del suo nome. Adesso apparteneva a lei, e alla storia.”

“È strano che il potere della televisione sia stato utilizzato nel modo più pieno, forse per la prima volta, in relazione a un evento violento. Non solo violento, certo, ma anche un evento straordinariamente significativo. Questa cosa è entrata a far parte della nostra consapevolezza. Abbiamo sviluppato una sorta di senso della performance che si applica agli eventi televisivi.” (Don DeLillo, Intervista con Anthony DeCurtis, An Outsider in this Society )

Spettatore e personaggio, due termini che ci rimandano ad uno dei fulcri non solo di Libra, ma dell’opera di https://www.google.it/search?q=omicidio+kennedy&es_sm=93&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0CAgQ_AUoAmoVChMIkozp7ObmxgIVRLIUCh3SKgXX&biw=1304&bih=663#tbm=isch&q=kennedy&imgrc=yngLNAvPan2h_M%3ADeLillo in generale: il ruolo dei media nella società contemporanea. In tutto il romanzo vengono disseminati elementi che rimandano e mostrano come i vari personaggi, oltre che lo stesso Oswald , siano ossessionati dal mondo dei media. Non è certo un caso, infatti, che il personaggio di Kennedy, al quale viene dato un’importanza davvero minima, venga citato solo per metterne in risalto il carattere di spettacolarità. ” Certo, un Kennedy sì, era facile fotografarlo. Farsi fotografare era lo scopo della sua vita. L’uomo con i segreti emana luce”. Non una descrizione fisica né caratteriale, l’unica cosa che conta davvero quando si parla di Kennedy è la sua influenza sugli altri personaggi. Il presidente è un uomo che emana e richiama luce, quella dei flash e delle telecamere.

In uno dei suoi romanzi, I nomi, DeLillo spiega “Il ventesimo secolo è su pellicola. È il secolo filmato. C’è da chiedersi se esista qualcosa su di noi di più importante del fatto che siamo costantemente filmati, costantemente ci osserviamo. L’intero mondo è sulla pellicola, sempre.” E se questa è l’idea che l’autore ha del nostro tempo e della nostra società, non ci resta che chiederci quali sia, allora, il ruolo dello scrittore in una realtà simile. La risposta arriva, prima che dall’autore stesso, da una critica che gli viene mossa da un giornalista del “Washington Post”, George Will, il quale lo accusa di essere un literary vandale un bad citizen. Proprio quest’ultima definizione è quella che meglio si addice, secondo DeLillo, allo scrittore.

“Cattivo cittadino è un complimento per un romanziere, almeno questa è la mia opinione. È esattamente quello che dovremmo essere. Dovremmo essere cattivi cittadini. Dovremmo, nel senso che scriviamo contro ciò che il potere rappresenta, e spesso contro ciò che il governo rappresenta, e contro ciò che la corporation impone, e contro ciò che è venuta a significare la consapevolezza del consumatore. In questo senso, se siamo cattivi cittadini, facciamo bene il nostro mestiere “. (Don DeLillo, Intervista con David Remnick, Exile on Main Street: Don DeLillo’s Undisclosed Underworld)

Essere romanzieri, però, non è da tutti né per tutti. Se provassimo, allora, ad essere dei “cattivi cittadini” diventando dei “buoni lettori”? Per scoprirlo si potrebbe proprio cominciare prendendo in mano in Libra e scoprendo cosa si nasconde dietro l’omicidio di uno degli uomini che hanno segnato la storia dell’America e non solo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.