Birdman o la personale necessità di sentirsi importanti

Per parlare del film Birdman, in questa particolare occasione, lasceremo la parola a quattro protagonisti della vicenda su Riggan Thomson e il suo desiderio di mettere in scena a teatro l’opera “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, da lui scritta, diretta ed interpretata. Una scelta difficile, visti i suoi precedenti attoriali.

Tabitha Dickinson (critica teatrale)

La migliore virtù che un artista dovrebbe desiderare di avere è quella di poter riconoscere i propri limiti. Il cinema d’autore non è morto, state tranquilli, gira da un paio di decenni questa falsa voce a cui non è il caso di credere. Esistono là fuori ancora uomini geniali e perspicaci in grado di cogliere le sfumature di questa esistenza umana, capaci di elaborarla in parole e fatti. Il vero problema, purtroppo, è che nessuno di voi riuscirebbe a scovarne un esempio in questo vasto mare pieno di grossi pesci dagli altisonanti nomi di case produttrici e futuristici macchinari per effetti speciali. Il mio compito di critico lo prendo molto seriamente, e non sono pertanto molto tollerante nei confronti delle stupidaggini che mi capita di vedere in giro. In modo specifico mi riferisco all’ignoranza che certe persone (che pretendono di essere considerate parte di questo mondo artistico) hanno nei confronti delle capacità insite in questa forma d’arte.

Riggan Thomson semplicemente non sa, e non potrà mai comprendere, la vastità di un universo di un autore di teatro, né tantomeno di quello un vero attore. Quello che lui vuole è un elogio sul giornale di domani, ma non lo avrà mai, lo dico ancor prima di aver visto la sua nuova opera. Perché il suo atteggiamento da scarafaggio hollywoodiano senza talento che tenta di intrufolarsi in questo mondo di artisti adulti e seri è più che chiaro ai miei occhi. E io non recensisco scarafaggi.

Mike Shiner (attore)

Ho provato qualcosa sul palcoscenico l’altro giorno, qualcosa che non sentivo da parecchio tempo: il calore e il brivido di un’emozione qualsiasi, non faccio più lo schizzinoso da quando un po’ di tempo fa ho capito che quì sul palco la vita è migliore. Non posso più aspettarmi di trovare per strada quelle stesse sensazioni che provavo quando ho iniziato a vivere. Sono arrivato in questo teatro per spingere tutto ad un più alto livello. Io non faccio arte, piuttosto la assimilo e la digerisco in faccia al pubblico, mi piace sentire il rombo del motore che è il mio corpo, sentire la mente flettersi e cambiare perpetuamente messa in scena dopo messa in scena, in questo circolo perpetuo.

“La popolarità è la sudicia cuginetta del prestigio”

Sono il migliore in quello che faccio, e se provate a dire il contrario significa che non avete capito niente del termine “recitazione”. Al contrario di quella vita là fuori, quella “vera”, io qua sul palco non ho limiti. Conoscere i segreti in questo campo vuol dire aver colto l’essenza della vita. Anche se ammetto che volte mi manca l’ignoranza: guardarmi intorno con occhi diversi e vedere queste strade nel modo in cui facevo quando avevo un’altra età.

Sam Thomson (figlia ed assistente di Riggan Thomson)

Riuscirei ad affacciarmi sulla mia stessa vita così come quello di un amico qualsiasi, grazie ad un click del mouse. Le foto, i post che pubblico e i 140 caratteri che utilizzo per scrivere mi risultano sufficienti per creare queste piccole finestre nella mia vita. Siamo tutti importanti, ma allo stesso tempo risultiamo tutti superflui se osservati dall’alto, se considerato il disegno generale della nostra esistenza.

Non c’è niente di nuovo da dire al riguardo, coloro che ancora ci parlano di alienazione e assuefazione per i social media hanno rotto il cazzo. Una retorica che comunque di tanto in tanto non ci stanchiamo di stare ad ascoltare, annuendo e dicendoci d’accordo, perché nemmeno a noi piace ritrovarci circondati da zombie con l’Iphone in mano. Ovviamente noi stessi dopo un paio d’ore ci ritroviamo nella stessa posizione degli individui poco prima denigrati, perché chi se ne frega. Io non pretendo di dirvi che so che le cose non stanno così, vi dirò piuttosto che vedo che non lo sono affatto. Non è una malattia dei nostri giorni, non è colpa di Facebook o Instagram, ma soltanto nostra, dell’umanità e del nostro gigantesco ego; l’unica differenza con il passato è che ora possediamo degli strumenti per poter sfogare appositamente questo malato istinto di notorietà.

Vorrei che anche mio padre lo capisse e si decidesse ad aprire un account su Twitter, piuttosto che mettere in scena a teatro un pretenzioso spettacolo pieno di pensieri profondi. Scrivere un post simile e aspettare di ricevere dei “mi piace” gli costerebbe molto meno.

Riggan Thomson (attore, regista e sceneggiatore)

Non è facile essere all’altezza della situazione, soprattutto se siamo quel tipo di persona che aspira alla grandiosità e desideriamo essere apprezzati. Prendiamo un metro, calcoliamo una lunga distanza a partire da dove ci troviamo e poi proviamo a saltare. Sotto di noi un abisso, non buio, ignoto e silenzioso, ma pieno di orride mostruosità pronte a saziarsi della nostra pelle, spolparci le ossa e usare la nostra testa come spazzolone del water. Un destino che segnerà la restante parte della nostra vita, così come il ricordo di noi quando saremo morti. Viviamo dell’immagine riflessa che gli altri hanno di noi, un attore famoso come me lo sa e lo deve accettare, con il rischio di rimanerne intrappolato. Ma se quell’immagine riflessa non mi piacesse? Se volessi uscire e cambiarla non ci sarebbe altro modo se non rompere quel vetro in mille pezzi, raccoglierli e unirli di nuovo per creare un nuovo riflesso. …e se, invece, nella nuova immagine vedessero solo un pasticcio d’attore, un artista incompleto senza talento né anima? Adesso conosco il tormento del dubbio e della verità. Ho interpretato Birdman, il supereroe volante e telecinetico, circa venti anni fa, e dopo tre film la sua ombra non ha più smesso di camminare accanto alla mia.

“Le persone amano il sangue, amano l’azione! Non queste verbose cazzate filosofiche e deprimenti!”

Sarebbe tutto più semplice se indossassi di nuovo una vecchia tuta di finta pelle, mettessi dietro di me un pannello verde, pronto per essere riempito di effetti speciali, davanti un’insipida sceneggiatura con battute povere di significato ma trionfanti e ad assicurato effetto sul pubblico!

Tutti allora mi amerebbero di nuovo! Alzerebbero lo sguardo al cielo, gioendo nel vederci volare ancora una volta! È qualcosa che la mia gloria da divo del cinema brama più di ogni altra cosa, più di una famiglia felice, di amici e colleghi che sono qui solo perché la mia nuova, strabiliante idea a teatro dev’essere portata a termine! La mia idea a teatro…la prima e unica cosa della mia vita che abbia avuto un reale significato artistico. Perché i critici non mi capiscono? Perché non riescono a vedere quello che voglio fare quì? Forse, se tutto quello che ho fatto prima diventasse polvere nella loro memoria, riuscirei a stupirli, scalcerei via la vecchia idea che hanno di me e mi elogerebbero a dovere. In ogni caso, questo è quanto mi rimane da fare.
Chiudo gli occhi e per l’ultima volta volo per la città, con una musica trionfante che è solo nella mia testa.

In fondo desidero solo essere amato.

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