Pierino Porcospino. Filastrocche morali per bambini

La letteratura per l’infanzia è un mondo affascinante e perturbante. Vi sarà capitato di trovare un vecchio romanzo nascosto nei piani alti di uno scaffale in casa o dentro gli scatoloni in soffitta e di certo, sarete stati investiti dalla curiositas che incentiva il desiderio di sfogliarne le pagine. Avrete letto qualche passo, visto le immagini, ricordato delle frasi a memoria e, magari, avrete posizionato quel libro accanto alle letture più adulte. La letteratura per l’infanzia è vasta: colori, gusti, sensazioni e sentimenti che provengono da ogni angolo della terra, ma è un mondo di cui conosciamo soltanto una parte. Ci sono luoghi di cui sappiamo tutto, dai personaggi alle battute, e altri a noi ignoti che vogliono essere scoperti.

Come Pinocchio in Italia, Alice in Wonderland nel Regno Unito, le fiabe di Perrault in Francia, quelle di Andersen nelle nazioni scandinave, la Germania – quest’anno Paese Ospite d’Onore al Salone Internazionale del Libro di Torino – non è soltanto il luogo di provenienza dei fratelli Grimm. Nel lontano 1845, infatti, venne pubblicato un libro di storielle intitolato Der Struwwelpeter, tradotto liberamente in italiano da Gaetano Negri: Pierino Porcospino. Ne avete mai sentito parlare?

Heinrich Hoffmann (1809-1894) fu per anni direttore dell’ospedale psichiatrico di Francoforte sul Meno. Si dilettava a scrivere brevi racconti per bambini, a inventare personaggi e fare disegni da utilizzare durante le sedute con i piccoli pazienti dell’ospedale psichiatrico per stabilire un rapporto di fiducia con i bambini. L’idea di Der Struwwelpeter nasce da un regalo di Natale per il figlio Carlo nel 1844. L’anno successivo gli amici e i colleghi di Hoffmann lo convinsero a pubblicare queste storielle in rima con lo pseudonimo di Reimerich Kinderlieb (allusione all’invenzione delle storie in rima per i bambini), il suo vero nome comparve soltanto nella quinta edizione del 1847. Il successo di Pierino Porcospino (letteralmente Pierino scarmigliato) fu notevole: vennero pubblicate in Germania più di duecento edizioni, senza contare le innumerevoli traduzioni in lingua straniera. Basti pensare che in inglese fu Mark Twain a firmarla e venne anche creata una versione in latino con il titolo di Petrulus Hirrutus. Come già scritto sopra, in Italia fu il sindaco di Milano e poi deputato e senatore Gaetano Negri a curare la prima traduzione, pubblicata nel 1882 dall’editore Hoepli.

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Le filastrocche sono dieci, illustrate e a colori. La loro lettura, però, non è per nulla tranquilla, nessun lieto fine per i piccoli protagonisti delle storie. Pierino Porcospino – protagonista di una di queste – è il primo modello negativo che si incontra all’inizio del libro: sporco, capellone, con le unghie lunghissime, scortese e arrogante.

Unghie lunghe, testa incolta,
insultava il mondo intero,
incitava alla rivolta
come un bieco guerrigliero.

Hoffmann segue alcuni principi della pedagogia illuminista di Rousseau: insegnare ai bambini l’educazione, l’obbedienza alle regole e l’allontanamento dai pericoli attraverso storielle morali incentrate su incidenti avvenuti ai loro coetanei per tracotanza. Si potrà così leggere all’interno del libro La tristissima storia degli zolfanelli in cui la protagonista Paolinetta, che vuol giocare con i fiammiferi, muore bruciata.

Ma ci vuole un gioco ardito
per combattere la noia:
“Qualche cosa di proibito,
se no vado in paranoia…”
Sul comò vede un oggetto,
che la induce in tentazione:
“Cosa c’è in questo tubetto?
Zolfanelli! Che passione!”

Si potrà leggere La storia del moretto, in cui si può intravedere una sollecitazione contro il razzismo: Ludovico, Gasparino e Guglielmo si prendono gioco di un ragazzo di colore e per questo vengono immersi nell’inchiostro nero dal saggio Niccolò che non è altri che Nikolaus, il Babbo Natale tedesco.

Al chiasso dei bricconcelli s’è destato
il saggio Niccolò, dal rosso saio,
ch’esce di casa tetro e indignato
portando seco un enorme calamaio.
“Brutti malnati! Chi ve l’ha insegnato
a far del mondo il vostro letamaio?
Più non seccate il giovane garbato
sol perché è nero come un carbonaio.” 

E non si può non menzionare La storia di Roberto che vola, un ragazzino che ama uscire durante le tempeste con il suo ombrello e che – a causa del vento – sarà trasportato tra le nubi e non farà mai più ritorno.

Al giorno d’oggi Der Struwwelpeter è meno famoso di quanto lo fosse nell’Ottocento. Le storielle sadiche, infatti, sono state condannate spesso e volentieri da molti pedagogisti. Anche se considerato il testo simbolo dell’educazione repressiva, è stato oggetto di studio di molti psicoanalisti, primo fra tutti Freud che lo cita, utilizzando La storia del bambino che si succhia i pollici per le sue teorie. Mentre Theodor W. Adorno scrive in Minima moralia che Pierino Porcospino è, a suo avviso, il testo di formazione per una società autoritaria e predisposta al nazismo: Adorno cita i suoi compagni di scuola, delinquenti ignoranti che rivestiranno ruoli di comando nelle organizzazioni naziste. Ma cosa c’entra Der Struwwelpeter con il nazismo?

Nel 1941 Robert e Philip Spence diffusero uno Struwwelhitler che sostituiva ai personaggi delle storielle i protagonisti della politica dell’epoca: da Hitler a Mussolini, da Goebbels a Stalin. Il libretto uscì con le edizioni del Daily Sketch, giornale con cui Philip collaborava. Le vendite furono un successo e i ricavati servirono per inviare soccorsi alle vittime dei raid aerei su Londra. Lo Struwwelhitler fu perso e poi ritrovato dal pronipote di Philip Spence che lo vide…al museo di Pierino Porcospino a Francoforte. Non è inimmaginabile pensare che esista un museo dedicato a un libro che riscosse un immenso successo in Germania e nel mondo. Così, come Collodi in Toscana, anche in Germania si ha un museo volto a raccogliere edizioni e disegni del libretto educativo più famoso dell’Ottocento.

Avrà causato mai traumi questo libro ai bambini o davvero è (stato) promotore di educazione? Di certo, una lettura del Der Struwwelpeter non farà mai male sia agli adulti che ai bambini.

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