American Psycho – Qu’est-ce que c’est?

americanpsycho_bookcoverSono passati quasi trent’anni dalla pubblicazione di American Psycho, capolavoro che procurò al suo autore, allora solo ventisettenne, milioni di dollari e decine di denunce. Era infatti il 1991 quando Bret Easton Ellis, enfant prodige della letteratura americana, diede alle stampe il suo libro più amato e controverso, destinato sin da subito a sconvolgere il mercato editoriale. Si tratta appunto di uno dei casi letterari del Novecento, forse l’ultimo, e non serve averlo letto per sapere a cosa allude il titolo.

american-psychoLa storia è quella dello yuppie Patrick Bateman, impeccabile esponente dell’upper class newyorchese, che di notte, una volta portati a termine i consueti rituali mondani, si trasforma in assetato serial killer. Questa è la trama ridotta all’osso, che però già ci consente di cogliere, nell’atteggiamento ambivalente del protagonista, una caratteristica emblematica della società in cui vive: la dissociazione. Il classico tema del doppio, la molla che trasforma Dr Jekyll in Mr Hyde, assume qui una connotazione patologica, quasi epidemica, dal momento che Bateman non ne è affatto l’unica vittima. Per rendersene conto è sufficiente leggere l’incipit, peraltro magistrale, e seguire lo sguardo frenetico del collega Timothy Price: persino il suo riferimento, l’unico che Bateman guardi con sincera ammirazione, è qui descritto come un animale in gabbia. Dal vetro oscurato del suo taxi si legge un’unica grande scritta – FEAR – che si confonde tra graffiti danteschi e i cartelloni di Les Miserables. Ovunque il fantasma della povertà, seppure ridotta a musical, e la costante paura del fallimento, resa ancora più evidente dai tentativi di dissimularla. A nulla valgono l’autocelebrazione, le qualifiche esibite in cerca di consensi, se non ad aumentare la frustrazione di chi le ostenta: l’idea che qualcuno possieda un loft più spazioso, o semplicemente un biglietto da visita meglio rifinito, è infatti sufficiente a provocare un attacco d’ansia.  È inutile, del resto, celare l’insicurezza sotto un completo di Valentino.

american_psycho3E che dire poi dell’etichetta e del politically correct? Tutti strumenti che, invece di aiutare a rapportarsi con il prossimo, non fanno che reprimere i nostri istinti e trasformarli così in nevrosi. E i personaggi del libro, malgrado abbiano studiato nelle migliori scuole e frequentino i circoli più esclusivi, sono nevrotici ma certo non educati, almeno sentimentalmente. Nessuno ha infatti insegnato loro come gestire le proprie emozioni, o anche solo riconoscerle, e quel che ne consegue è una totale mancanza di empatia, verso gli altri e nei confronti di sé stessi. L’accanimento di Bateman contro gli outsiders, senzatetto o omosessuali che siano, e il risentimento verso chi ha più di lui, che si tratti del fratello o di Paul Owen, non dipendono quindi che dalla mancata accettazione di sé e dei propri limiti. D’altronde, invece di affermarsi nella sua individualità e svincolarsi dalle aspettative sociali e familiari, il nostro antieroe preferisce infliggere il proprio dolore agli altri, in preda a deliri di onnipotenza e alla ricerca disperata di un qualsivoglia riconoscimento esterno.

american_psycho1Questo naturalmente fatica ad arrivare, tanto che persino dopo aver confessato non viene preso sul serio, venendo anzi confuso con un altro insignificante broker. Più si prosegue in questa escalation di violenza e più viene il dubbio che tutti questi omicidi, commessi al solo scopo di farsi notare, non siano in realtà che il frutto della sua immaginazione. Indicativa, a tal proposito, è la scena in cui viene allontanato dall’appartamento del rivale ucciso, che contribuisce ad infittire il mistero e ad avvolgere l’intera vicenda in un alone quasi kafkiano. Quello a cui assistiamo è infatti un incubo che ha del grottesco, un’indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Come Norman Bates, il quasi omonimo protagonista dell’altrettanto celebre Psycho, anche Bateman, a detta di molti, non farebbe infatti male a una mosca… Ma il male, ci si domanda a un certo punto, sta in quello che si è o in quello che si fa? In fin dei conti, non essendo questa storia altro che una metafora, si tratta in realtà di un falso problema. Quel che conta, come ci insegna Delitto e Castigo, è ciò che un’azione, o il desiderio di commetterla, suscita in chi intende compierla: la vera punizione risiederebbe dunque nel senso di colpa, il crimine nel movente che lo origina. “Si pecca in parole, opere e omissioni” e Dostoevskij, da bravo cristiano, lo sapeva sin troppo bene. A differenza però di quanto accade a Raskòl’nikov, che trova la redenzione nell’amore innocente di Sonia, a Bateman, amato solo dalla segretaria e dal compagno della sua amante , la salvezza sembra essere preclusa.

american_psycho2E arriviamo al finale: THIS IS NOT AN EXIT, recita la frase conclusiva. American Psycho è un romanzo senza via di uscita, ossessivo e claustrofobico come il suo protagonista. Insieme a lui siamo trascinati in un vortice di disperazione, fatto di torture e manicure, pornografia e nouvelle cuisine. Easton Ellis, per oltre quattrocento pagine, ci conduce con maestria verso il nulla, in un vuoto emotivo che dà le vertigini, lasciando che la catarsi, assente nel libro, sia affidata alla sensibilità di chi lo legge. Ed è impossibile, d’altronde, restare insensibili di fronte a una rappresentazione così spietata, alla capacità che ha l’autore di indagare, e prevedere, quelli che sarebbero diventati i mali di oggi. Il terrorismo ci ha ormai reso paranoici e intolleranti, ricerchiamo approvazione persino sui social e Donald Trump, invece di cenare al Dorsia, ora occupa addirittura la Casa Bianca.

Insomma, sembra dirci l’autore, chi cresce in cattività non può che diventare cattivo.

Photocredits: ibrosenvenenados.blogspot.com; edwardsexton.co.uk; imdb.com; themacguffin.it

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