Nessuno di particolarmente originale: Goran Trbuljak

Manca una settimana al termine della mostra italiana su Goran Trbuljak (Varaždin, Croazia, 1948) alla Villa delle Rose di Bologna: “Goran Trbuljak. Before and After Retrospective”. È la riscoperta di un acutissimo artista concettuale del movimento yugoslavo della New Art Practice – che negli anni Sessanta e Settanta spostava la pratica artistica in spazi esterni al tradizionale studio.

Goran Trbuljak, “I do not wish to show anything new and original”, 1971

Brillante, ironico e profondo interprete dello spirito del suo tempo. I suoi lavori denotano una speciale capacità di toccare le nostre corde interiori grazie a una vena ironica che lo rende diverso dai numerosi altri artisti che, tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno lavorato sulla dematerializzazione dell’opera d’arte con pratiche legate alla parola e alla performance.

Pur fondando il proprio pensiero su processi di appropriazione e decostruzione dei metodi istituzionali, Trbuljak non sfugge alla questione della propria posizione e complicità con il mondo dell’arte e i suoi meccanismi. I curatori Lorenzo Balbi e Andrea Bellini della mostra “Goran Trbuljak. Before and After Retrospective” organizzata dal MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna spiegano:

«Inevitabilmente, le opere di Trbuljak appaiono modeste, ordinarie ed effimere: la sua arte è caratterizzata da sottili slittamenti di significato, azioni su piccola scala e gesti quasi invisibili, come le sue “street actions” basate sull’idea utopica che ogni individuo ordinario può diventare un artista in grado di compiere un atto creativo. […] Fin dal principio, la sua pratica è stata fondata su un’ossessiva riconsiderazione della natura dell’arte in sé o, più precisamente, su ciò che implica la decisione di etichettarsi come “artista”. All’apice del movimento artistico concettuale, circa cinquant’anni fa, Trbuljak esplorava il ruolo dell’artista attraverso opere satiriche, spesso malinconiche che, prendendo le sue debolezze come punto di partenza creativo, lo hanno decretato come precursore di una sensibilità post moderna.»

Nella consapevolezza delle contraddizioni che lo pervadono, Trbuljak esplora incessantemente le possibilità dell’arte tra la difesa appassionata del gesto artistico e la sua critica rigorosa. La ricerca estetica di Trbuljak sonda costantemente i margini tra arte e anti-arte, artista e non artista, ricercando mezzi alternativi di produzione e rappresentazione.

Goran Trbuljak, “Retrospective”, 1981
«Non desidero mostrare nulla di nuovo e originale. (Student Centre Gallery, Zagabria, Novembre 1971)
Il fatto che qualcuno abbia la possibilità di fare una mostra è più importante rispetto a ciò che verrà esposto. (Gallery of Contemporary Art, Zagabria, Maggio 1973)
Con questa esposizione mantengo la continuità dei miei lavori. (Studio of the Gallery of Contemporary Gallery, Zagabria, Aprile 1979)»

Nello spirito vicino alla contestazione degli anni Settanta, la dissacrazione del ruolo autoriale evolve nelle opere successive verso l’espressione di una crisi interiore causata dal conflitto morale con il mondo dell’arte e le implicazioni derivanti dalla decisione di etichettarsi come “artista”. L’esito auto-ironico è stato la sua performance “Referendum” del 1972: con lo slogan “un artista è chiunque abbia l’opportunità di esserlo” tenne un referendum per invitare i cittadini comuni a decidere o no se Goran Trbuljak fosse un artista. Poiché nessuno conosceva il suo nome o la sua opera a quel tempo il referendum si rivelò irrilevante nella misura in cui dimostrava quanto poco importi che la persona sui cui ci si pronuncia sia realmente impegnata in un’attività creativa, e nemmeno che esista veramente. Su 500 schede distribuite i voti favorevoli furono 259, quelli contrari 204. L’anno prima era stato viene invitato a esporre nella galleria dello Student Cultural Center di Zagabria, dove mette in scena con un gesto radicale la sua impossibilità di essere artista e la sua contrastante volontà di ricerca.

Non rinuncia ad esplorare continuamente le possibilità dell’arte, collocando il proprio lavoro tra la difesa appassionata del gesto artistico e la sua critica rigorosa. Da sfondo Zagabria era un vero e proprio centro culturale, punto di riferimento e di ispirazione per tutti quegli artisti decisi a superare il cosiddetto “modernismo socialista” affermatosi dopo il 1950. Trbuljak si è dedicato fin dall’inizio alla ricerca di mezzi alternativi di produzione e rappresentazione dell’opera d’arte, interrogando e mettendo radicalmente in discussione il sistema dell’arte, le pratiche museali e le dinamiche del mercato.

Goran Trbuljak, “Tambourine (Test of the tenseness of canvas)”, 1974

Anche nella sua ricerca sulla pittura come mezzo affronta la superficie della tela da vari punti di vista prendendo le distanze dalla tradizione e dalla pittura stessa. Solitamente, prima di iniziare un dipinto Trbuljak batte leggermente la tela tesa sul telaio per saggiare tensione e qualità, in “Tambourine (Test of the tenseness of canvas)” (1974) fa riferimento a questo gesto rituale montando dei sonagli sul telaio della tela bianca, che diventa così una sorta di tamburello. In altri casi ha dipinto utilizzando una spazzola per batteria jazz.

 

Ph credit Cristina Celani

Nel 1977 viene invitato alla prestigiosa Galleria del Cavallino a Venezia, dove decide di esporre una serie di riproduzioni dei manifesti di altre mostre realizzate in quel luogo e dedicate ad artisti prestigiosi come Jean Dubuffet, Alexander Calder, Georges Mathieu, Man Ray e Paul Klee, come a voler dichiarare la propria inadeguatezza gerarchica nei confronti di questi titani dell’arte. Approfitta dell’occasione per esplorare il rapporto reciproco fra artista e galleria.  Nel suo progetto di mostra il suo nome appare scritto a caratteri più piccoli rispetto all’indirizzo della galleria, sottintendendo che il successo dipende più dall’influenza dei contatti del gallerista che dal valore dell’artista, mentre nell’invito scrive il suo nome in grande ma modifica quello della galleria stabilendo una corrispondenza tra artista poco conosciuto e galleria fasulla. Queste insicurezza intellettuale e capacità di autocritica dovevano condurre alla conclusione che l’istituzione della galleria non è solamente uno spazio espositivo imparziale ma è la principale garanzia di una buona promozione e di un cambiamento di status per l’artista che espone.

La mostra “Goran Trbuljak. Before and After Retrospective” si compone di un ampio vocabolario espressivo sperimentato dall’artista: dipinti, frottage, monocromi e monogrammi, fotografie, film, libri e documentazioni delle sue azioni di stradadegli ultimi 50 anni. L’esposizione, che è tra i main project di ART CITY Bologna 2019, arriva dal Centre d’Art Contemporain Genève in una versione fortemente rivista per gli spazi di Villa delle Rose. L’artista indaga con ironia e intelligenza i limiti del fare arte e lo statuto esistenziale dell’artista attraverso mezzi alternativi di produzione e rappresentazione che prevedono la costante rinegoziazione del confine tra arte e anti-arte. La mostra è stata anche l’occasione per pubblicare la prima monografia dettagliata di Trbuljak, che ne approfondisce la poetica dal punto di vista storico e critico restituendo centralità a una ricerca sinora non adeguatamente valorizzata dai circuiti mainstream.

Note

Immagine di copertina: Goran Trbuljak, “Self portrait”, 1996

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