“Storia dei Draghi” di Martin Arnold – Un viaggio tra miti e storie di tutte le epoche

Fafnir, Midgard, Yinglong, Ryūjin, Smaug, Saphira, Sdentato, Drogon, Rhaegal, Viserion, e perfino Satana. Riconoscete qualcuno di questi nomi? Sono i draghi raccontati nelle tradizioni della mitologia e della narrativa di tutti i tempi. Il drago, infatti, è una delle creazioni culturali che si ritrova in tutte le epoche e in tutte le civiltà. Ma perché questo animale fantastico è così presente nel nostro inconscio? E quali significati si nascondono dietro i racconti sui draghi?

“Se si chiede a qualsiasi persona cos’è un drago, la maggior parte risponderà più o meno così: ha quattro zampe, le ali, è ricoperto di scaglie, accumula oro, sputa fuoco o schizza veleno (o entrambe le cose), sa parlare, è saggio ma crudele e ama divorare vergini di solito vestite in modo succinto. Sebbene non sia difficile capire che un simile identikit sia basato soprattutto su una combinazione di tratti dei draghi descritti nell’opera di […] di J.R.R. Tolkien e nel famoso mito di San Giorgio, al contempo queste due immagini non sono da considerarsi affatto complete”.

Martin Arnold, senior lecturer di Letteratura Inglese alla University of Hull, in Inghilterra, profondo conoscitore di miti del passato, indaga in Storia dei Draghi Dai Nibelunghi a Game of Thrones (Odoya, 2018) l’immenso patrimonio di storie sui draghi, muovendosi nel tempo e nello spazio, dai classici greci alle moderne produzioni hollywoodiane, dalle saghe islandesi al ruolo del drago in Cina e Giappone. Il suo metodo ricorda il lavoro di Campbell sugli identici schemi delle storie di tutto il mondo, ma anche gli studi di Lévi- Strauss, che mettono a confronto diversi miti provenienti dalla stessa cultura per svelarne le qualità intrinseche. Questi paragoni accademici non devono però far presumere una difficoltà nella lettura: il libro non è assolutamente un’opera riservata agli specialisti della dragonologia o della mitologia comparata. Questo perché Arnold porta avanti la sua trattazione con un linguaggio sempre accessibile e divulgativo, anche con un pizzico di umorismo verso le storie che tradiscono una mentalità più chiusa e conservatrice.
Seguendo l’autore in questo percorso scopriamo quindi che nel corso dei secoli i draghi sono stati l’allegoria del male (nella tradizione cristiana), i custodi dei luoghi naturali (nella mitologia celtica), ma anche il simbolo del potere imperiale (nella storia cinese) e molto altro ancora. Possiamo notare poi come i due autori che hanno riportato il drago al centro dell’attenzione mondiale, Tolkien e Martin, hanno utilizzato le antiche storie per rielaborare una convincente nuova visione dei draghi, del fantasy e dell’umanità che vi è connessa.

“Tolkien si è espresso così: Un drago non è una fantasia oziosa. Quali che possano essere le sue origini, nella realtà o nell’invenzione, nella leggenda il drago è una potente creazione dell’immaginazione umana, ricca di significato più che il suo tumulo sia ricco d’oro”.

In un libro sui draghi non poteva mancare poi l’apparato figurativo, quanto mai importante in questo caso. A impreziosire il volume contribuiscono infatti decine e decine di raffigurazioni di draghi: quadri, illustrazioni, statue, fotogrammi cinematografici, perfino ricostruzioni pseudo-scientifiche di creature costruite a partire da scheletri “di drago”. Queste fonti, oltre a essere una gioia per gli occhi, danno sostanza al discorso e lo rendono ancora più appassionante. Il libro unisce quindi la rassegna di un grande appassionato allo sguardo critico di uno studioso, risultando utile per ogni tipo di lettore. Dopo la lettura, infatti, si avrà a disposizione un serbatoio di storie in cui tuffarsi e anche una diversa consapevolezza al riguardo, per unire il fascino dell’avventura alle riflessioni sull’animo umano.

P.S. Martin Arnold probabilmente non la conosce, ma per gli appassionati del genere consiglio l’ascolto di Sangue di drago, del rapper Rancore, canzone che sembra ispirata in pieno a uno dei miti qui presentati.

Mattia Rutilensi

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