Ti chiamo domani – Le scelte e l’importanza dei no

Dopo “Prendiamoci un caffè”, “Ti chiamo domani” è sicuramente nella top three delle bugie. Vuoi per mancanza di tempo, vuoi per disinteresse, vuoi per i cambiamenti e i caratteri delle persone che, a volte o magari spesso, sono destinate a passare insieme – da amici, amanti, conoscenti – soltanto un pezzettino della loro vita.

Ti chiamo domani è l’esordio completo – sceneggiatrice e illustratrice – di Rita Petruccioli, uscito qualche mese fa e edito da Bao Publishing. Una delle cose a cui ho pensato dopo averlo letto è stato che mi ricordava Carnage o Perfetti sconosciuti, film ambientati per la maggior parte del tempo nello stesso luogo. Accade anche in questo graphic novel on the road in cui, per tornare in Italia, Chiara, la protagonista, passa tutto il tempo su un camion guidato da Daniele, il co-protagonista. Prima del viaggio, però, occorre fare una premessa.

Chiara ha ventidue anni ed è tornata in Italia dopo un anno in Erasmus, in Francia, a Tolosa. L’Erasmus è un’esperienza fantastica e, se è vero che ogni viaggio ti fa tornare cambiato, un anno all’estero durante l’università ti fa tornare non solo cambiato, ma anche più nostalgico del solito. Rientrata in Italia Chiara torna a vivere con i genitori e la nonna e perde un po’ quella libertà acquisita durante l’anno passato all’estero. È così che decide di tornare a Tolosa. Per rivedere i suoi amici e rivivere un po’ quella spensieratezza che aveva caratterizzato l’anno precedente. Con sua sorpresa scopre anche che Kevin, il ragazzo con cui aveva avuto una storia, sarà a Tolosa. Bisogna leggere attentamente il fumetto per capire la scelta avventata di Chiara di tornare in Italia. Kevin sembra il ragazzo perfetto, ma i suoi modi di fare sfiorano un maschilismo silenzioso: no significa no, ma anche allontanare qualcuno significa no. E Chiara lo capisce di notte, non riesce a dormire, legge e a un tratto decide: chiama i suoi genitori e chiede al padre, che lavora in una ditta di trasporti, di tornare in Italia con il primo camion disponibile.

Accompagnata da Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, Chiara intraprende il viaggio verso l’Italia con Daniele, un camionista silenzioso. Fin da subito si comprende l’antitesi tra i due: Chiara è espansiva ed estroversa, Daniele tutto l’opposto. Eppure, come scrivevo nella scorsa recensione, con gli sconosciuti non c’è nessun filtro: si può parlare di tutto, soprattutto di se stessi. Non solo per creare un contatto, ma anche perché è molto più naturale. Ed è così che Chiara e Daniele si raccontano, in soli due giorni, le aspirazioni e i segreti, condividono parole senza alcuna barriera tra loro.

Daniele, così burbero e taciturno all’inizio, diventa il compagno di viaggio ideale: quello che ascolta e che risponde quando vuole. C’è un pezzo bellissimo all’interno del fumetto in cui Chiara parla di arte perché studia Belle arti e perché gli rivela che vuole fare l’artista, e Daniele le dice: «Però a me sembra che quando parli di arte sei contenta. È evidente che ti piace. E a casa mia, quando ti piace qualcosa, vai fino in fondo». Una lezione di vita bellissima.

In Ti chiamo domani ci sono molti spunti per riflettere su diversi argomenti: la complessità delle relazioni, innanzitutto; le predominanti aspirazioni che si hanno a vent’anni; ma anche il viaggio – non la meta, ma proprio il percorso – silenzioso, ma anche ritmato dalle parole, dal dialogo e dai paesaggi; il consenso, l’abuso, il rispetto nei confronti dell’altro. Sono argomenti importanti tanto che l’ideale sarebbe rileggere il fumetto più volte. Il tratto di Rita Petruccioli si riconosce subito dai personaggi (chissà quante volte avrete visto copertine illustrate da lei) e da una palette di colori caldi ed espressivi. Una storia forte in cui si entra in empatia con i protagonisti, tanto che, all’ultima pagina, lasciarli dispiace un po’.

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