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Ruggine, graphic novel di formazione

Cocente è un aggettivo che sta a una sola parola: delusione. È quella che prova Tullio dopo il doppio tradimento che ha subito, che lo ha privato in un atto solo di due delle figure principali della sua vita, la ragazza e il migliore amico. Coloro che, nello schema di Propp, figurerebbero come l’aiutante e il premio dell’eroe del racconto: le strutture narrative su cui contare per progredire, su cui scommettere per iniziare l’avventura, con cui costruire l’intera trama. Cosa succede a un protagonista-non-più-eroe quando gli vengono a mancare? Come può muoversi nella sua storia?

Da queste domande è nato Ruggine di Francesco Vicentini Orgnani e Fabiana Mascolo. Sceneggiatore lui, illustratrice lei – almeno per quanto riguarda quest’opera. Una coppia di lavoro, una coppia nella vita, un mix di tratti (intesi come colore e parola) che funziona alla perfezione in questo esordio targato Edizioni BD per il progetto Next, dedicato proprio alle opere prime.

A formarsi, in questa graphic novel, è Arturo detto Tullio, ma lo fa à la millenials, tra profili non bloccati e foto ancora taggate, che deve tanto al protagonista novecentesco, cioè l’inetto, colui che non sembra avere le capacità (fisiche, mentali, economiche) per diventare l’eroe che la letteratura si aspetta, in una quotidianità fatta di ripetizione e familiarità che non sembra offrire spunti all’eroismo. È proprio il personaggio del Novecento a mettere in crisi il romanzo di formazione: la sua trasformazione sembra bloccata per gran parte della storia, facendoci addirittura temere che non ci possa essere risoluzione.

Perché quella che si forma, anche, è un’armatura: per proteggere Tullio, un guscio che tiene al sicuro un corpo e una mente che hanno già subito dei colpi, ma anche uno schermo su cui può proiettare una figura riconoscibile, un ruolo o una persona (alla latina), per poter tornare a camminare nel mondo e a relazionarsi con i suoi amici. L’unico modo per riuscire a tornare alla realtà è equipaggiarsi per le guerre che ci sottopone.

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Come si fa un esordio, soprattutto quando è autobiografico

Scrivere è un esorcismo: è da questo principio che è partito Francesco quando ha steso la prima bozza di Ruggine. Doveva essere uno sfogo, ma anche un tentativo di dare un senso a quanto di personale gli era accaduto. Un mettere nero su bianco, un indicare, finalmente, tra tutto e tutti, chi e cosa avevano impedito all’eroe di diventare se stesso, o di continuare a essere tale.

Quando tutto diventa troppo personale, però, dicono Fabiana e Francesco, quando a essere messo a nudo non sono solo il dolore e il risentimento, ma le altre persone e i loro dolori e i loro difetti, allora la scrittura non è un atto di esorcismo ma di vendetta. Che è molto diverso. E questo non interessava ai due autori, che hanno iniziato a dissimulare, a congiungere e a tagliare, lasciando che emergesse, più forte dei personaggi, la storia.

Tuttavia ogni cosa è leggermente slittata, anche per ragioni di ritmo o di trama. Insomma autentico ma ribaltato. Anche perché di ogni cosa parlo mi interessa lo spirito, non la biografia. […] Nella società di massa il depistaggio è una forma di rispetto, di responsabilità e di militanza.

Riccardo Falcinelli, in un post su Facebook

Quindi, se le premesse sono autobiografiche, e se in Tullio c’è un po’ di Francesco e in Marghe un po’ di Fabiana, non deve stupire la cura con cui è stata trattata la graphic novel. Il tratto di Fabiana sposa le tecniche dell’Art Nouveau e omaggia Alfons Mucha: spariscono i contorni neri, le ombre nette, i dettagli troppo precisi; emerge un’atmosfera leggera e delicata, curata in ogni particolare, armoniosa.

A cosa servono le armature

Ruggine è una dichiarazione di – e allo stesso tempo un omaggio a – esistenza delle armature che tendiamo a indossare, più o meno consapevolmente, per poterci muovere nel mondo ogni giorno. È, anche, una messa in guardia dal formarsi di una certa ruggine che l’indossarle  comporta: un’armatura non è un esoscheletro che cresce con noi, ma un supporto costrittivo, per quanto protettivo.

Quella che indossa Tullio è esattamente di questo tipo: la ruggine che inizia a ricoprirlo indica il progressivo arrugginirsi della sua dimensione interiore, che è in una fase di perenne negazione. Ma, sorprendentemente, la ruggine è anche ciò che inizia a rendere l’armatura inutilizzabile, a corroderla, a rendere possibile farvi breccia.

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Una pagina tratta da Ruggine che permette di apprezzare la resa visiva delle sensazioni di Tullio

Quella di Tullio non è però l’unica armatura presente in Ruggine: c’è anche quella indossata da Margherita, quando veste i panni di Giovanna d’Arco. Perché un’armatura protegge, ma serve anche per partire all’attacco, per iniziare un assedio.

E Tullio potrà così non essere mai il personaggio preferito di tutti, come rivelano Francesco e Fabiana, ma il motivo è in realtà nobile e bello, e indica quanto Ruggine sia una graphic novel riuscita. Consiste nel fatto che Tullio è lì sulle pagine a ricordarci quanto sia difficile quando siamo lasciati a fare i conti delle nostre sconfitte, dei nostri fallimenti, delle nostre cadute, dei nostri amori disattesi e delle nostre attese disamorate, ci sia in lui, quanto sia doloroso dover riconoscere quanto di ognuno di noi ci sia in lui.

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Ringrazio Simone e Daniel di Edizioni BD per avermi permesso di conoscere Fabiana e Francesco, e Nico di Trame Libreria per averci ospitati. 

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