Le biotecnologie ambientali: protagoniste della bioeconomia per una realtà più sostenibile

Il 24 settembre 2019 i membri dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) hanno pubblicato uno Special Report su Oceano e Criosfera dimostrando come le temperature in aumento abbiano impatti devastanti sulla salute di questi ecosistemi. Il riscaldamento globale di natura antropica ha raggiunto il primo grado di aumento in poco più di un secolo; a oggi, le probabilità di raggiungere il grado e mezzo entro dieci anni sono elevate, come documentato dall’équipe scientifica dell’IPCC. Si preannunciano conseguenze molto gravi su interi ecosistemi e popolazioni, motivo per cui è necessario prendere provvedimenti quanto prima. Come ribadito dall’Accordo di Parigi del 2015, è chiaro che il punto chiave su cui intervenire è la diminuzione delle emissioni di CO2.

La consapevolezza di una necessaria svolta verso un sistema più sostenibile ed equo cresce ogni giorno di più. «Dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema». Così l’attivista Greta Thunberg fa riferimento al bisogno di trasformare e riconvertire il sistema capitalistico di sfruttamento e inquinamento dell’ambiente. Mentre nel suo ultimo saggio Possiamo salvare il mondo prima di cena (Guanda, 2019), lo scrittore statunitense Jonathan Safran Foer offreun excursus lucido e dettagliato sulle cause storiche che ci hanno portato fin qui e sui rimedi che individualmente e collettivamente potremmo mettere in pratica. Nel suo saggio Foer scrive: «La CO2 costituisce l’82% dei gas serra emessi dalle attività umane. La maggior parte è prodotta dalle industrie, dai trasporti e dal consumo di energia elettrica. […] A partire dalla Rivoluzione industriale, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata all’incirca del 40%». Nelle pagine successive, sottolineando le molteplici sfaccettature di una problematica estremamente complessa, Foer si appella alla necessità di porre fine all’estrazione ealla combustione di petrolio e carburanti fossili attraverso l’utilizzo di energie e materiali rinnovabili, di un’alimentazione più consapevole.

Nella comunità, ogni individuo esprime la propria fattività nei modi più disparati, attraverso la divulgazione, la sensibilizzazione, l’insegnamento. Ma come affrontare la tecnicità della questione di contenimento del riscaldamento globale, e soprattutto di contenimento di gas serra e CO2? È qui che le scienze ambientali entrano in gioco grazie al lavoro di ricercatori e scienziati che dedicano il loro intelletto e il loro pensiero critico alla ricerca in laboratorio finalizzata al raggiungimento di una sempre maggiore sostenibilità. Il riutilizzo e la bioeconomia sono fattori fondamentali se si vuole procedere verso un mondo ecosostenibile e un’economia circolare. Le biotecnologie ambientali si propongono di abbracciare il concetto di green economy, promuovendo il passaggio da un’economia lineare a una di tipo circolare. È così che gli scarti industriali di ogni tipo (agricoli, di impianti depurativi, farmaceutici, alimentari) volgono a nuova vita, poiché recuperabili e/o riutilizzabili nei modi più vari. Gli esempi di innovazione sono diversi.

Il primo esempio, uno dei più rivoluzionari, è quello delle bio-plastiche a partire da scarti industriali. Le aziende stanno testando e producendo i bio-polimeri più svariati, da quelli ricavati da scarti di legname a quelli ricavati da alghe (come l’agar-agar), ma il successo probabilmente più noto è della Novamont S.p.A. Si chiama Mater-Bi® e si tratta di un materiale completamente biodegradabile e compostabile, creato a partire da amido di mais, grano e patata. Ma perché non considerare altri scarti dell’industria alimentare? Vi sono i gusci di gamberetti, o meglio l’esoscheletro dei crostacei. Questi sono costituiti quasi completamente di chitina e chitosano, sostanze incredibilmente promettenti che sono in via di essere testate per creare una nuova pellicola alimentare, pannolini o sacchetti dell’immondizia. Tutto completamente biodegradabile. Per depurare e trattare le acque reflue, abbiamo a disposizione dei microrganismi non patogeni. Questi esseri viventi, spesso contenuti nei cosiddetti “fanghi attivi”, sono uno dei clou delle biotecnologie industriali e ambientali. Una volta scelti con accuratezza, essi sono in grado di nutrirsi di specifiche sostanze inquinanti che trovano all’interno delle acque di scarto, metabolizzandole. È così che il trattamento biologico delle acque diventa una valida alternativa a quello tradizionale.

La produzione di biogas prodotti da scarti agricoli costituisce un altro esempio molto attuale di impiego sostenibile delle biotecnologie. Dopo aver accuratamente selezionato batteri e funghi, è possibile impiegarli per trasformare mais, bietola, frumento, canna da zucchero e altre specie della biomassa in biocarburanti, bioetanolo, biodiesel e idrogeno. È così che il carbonio organico prodotto dall’agricoltura potrà essere riciclato e ben sfruttato senza dover ricorrere alle fonti fossili (es. petrolio).

Queste sono solo alcune delle materie su cui si stanno soffermando i centri di ricerca, le università e le aziende di tutto il mondo che lavorano in campo ambientale. L’emergenza climatica è reale, lo stato generale di preoccupazione anche. Allo stesso modo, reali ed efficaci devono essere le strategie di mitigazione e adattamento. In questa panoramica, un ruolo incredibilmente importante lo assume l’impegno della comunità, e uno spicchio (piuttosto consistente) di speranza lo apre proprio quella scientifica, dedita all’impiego delle tecnologie biotecnologiche per una scienza intelligente, sostenibile e lungimirante.

Caterina Di Carlo

PhCredit: Pixabay, www.agromagazine.it/, ilso.org

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