Nato a Tamana, nel Sud del Giappone, Shizo venne notato giovanissimo e grazie al sostegno dell’Università di Tokyo e agli allenamenti del futuro fondatore del judo, Jigoro Kano, partecipa alle Olimpiadi svedesi del 1912. Il viaggio per raggiungere Stoccolma è lungo, quasi interminabile, ma è in questo momento che Shizo incontra un personaggio con il quale stringerà una forte amicizia e con cui condividerà un momento importate della propria vita.La “vera storia” di Shizo inizierà, però, soltanto dopo le Olimpiadi, quando deluso, pieno di vergogna e con addosso il peso di aver compromesso le sorti di un intero Paese, il protagonista intraprendo quel lungo viaggio di espiazione ma anche di riscoperta di sé che lo farà tornare in un piccolo paese del Giappone dove diventerà il guardiano di una collina di ciliegi.
Franco Faggiani giornalista e reporter, già conosciuto per La manutenzione dei sensi, edito da Fazi Editore nel 2018 e vincitore del Premio Parco Majella e finalista al Premio Cortina e al Premio Wondy, decide con Il guardiano della collina dei ciliegi di raccontare la storia del maratoneta Shizo Kanaturi intrecciando storia e romanzo e dando vita ad un racconto a metà tra il magico e il reale.
La storia non è altro che la parabola esistenziale di un uomo che dopo aver perso ogni cosa, riesce a ritrovare se stesso e la propria forza, pronto a ricongiungersi con il proprio destino e a saldare i conti con il passato.
Il guardiano della collina dei ciliegi è un romanzo che ha bisogno di essere compreso e sicuramente non è una lettura per tutti. Se si cerca l’azione, il colpo di scena o quel senso di suspense che solitamente attira il lettore questo non è sicuramente il romanzo giusto. Eppure, la scrittura fluente, la cura per il linguaggio e uno stile quasi poetico ne fanno una lettura piacevole dalla quale è difficile staccarsi. Benché la storia non sia altro che il racconto della vita di un uomo, le tematiche affrontante, le paure descritte, le incertezze, lo rendono adatto ad un pubblico piuttosto variegato.
Il decadimento del corpo, i sacrifici, il senso di frustrazione per non aver raggiunto i proprio obbiettivi o quelli che gli altri avevano prefigurato per noi, il dolore della separazione e la perdita delle persone che amiamo non sono soltanto elementi della vita di Shizo Kanakuri, ma di quella di ognuno di noi.
Il paesaggio giapponese costituisce un elemento essenziale del romanzo, simbolo di un modo in continuo cambiamento, segnato dagli orrori delle due guerre mondiali, dal passaggio di generazioni differenti e custode del dolore degli uomini. La collina a cui Shizo fa da guardiano sarà al tempo stesso il luogo della pace ritrovata e la prigione che lo costringe a tornare con il pensiero a quel passato che non riesce a buttarsi completamente alle spalle. Così come anche gli alberi di ciliegio, secolari, imponenti e allo stesso tempo bisognosi di cure e costanti attenzioni sono simbolo di forza, costanza e pazienza, tutte virtù di cui Shizo avrà bisogno come maratoneta e come uomo prima di tutto. Perché a distanza di moltissimi anni il dolore della sconfitta continua a farsi sentire e solo un fortuito incontro, quando sembra che ormai sia troppo tardi, riuscirà forse a sopirlo.
Mi piace rimanere sdraiato nell’erba, quasi immobile, sentire il mio corpo rilassarsi, quasi adeguandosi al terreno, senza più l’obbligo di dover rispondere alle imposizioni dovute ai ragionamenti. Corpo e cervello si separano, il primo non prende più ordini dal secondo. Spesso avverto i sensi liberarsi e ampliare a dismisura la loro capacità ricettiva, sento i suoni lontani e i fruscii leggeri, annuso il profumo dei fiori e della resina che scivola lentamente lungo le cortecce, guardo fin nelle pieghe evanescenti delle nuvole.
Un libro ben costruito e una storia, nella sua semplicità, originale. Una lettura per chi vuole allontanarsi dal ritmo frenetico del mondo moderno per riscoprire nella corsa e nel contatto con la natura il suono di un mondo ormai perduto.
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