C’era una volta il tempo dei Giovanissimi

“C’era stato un tempo in cui Petrone aveva fatto la differenza”.

        Ammetto di essere fissato con gli inizi, soprattutto con quelli veramente efficaci e ben costruiti nella loro apparente semplicità.

        Come questo.

        Perché indipendentemente da chi sia Petrone, bastano due frasi in una riga scarsa per scaraventarci nel mondo di Giovanissimi, secondo libro di Alessio Forgione, che Alessia ha intervistato qui, edito da NN Editore. E a farci capire, senza ombra di dubbio, di essere capitati dentro una fiaba contemporanea gonfia di malinconia, rimpianto e voglia di riscatto.

        I Giovanissimi rappresentano forse la categoria calcistica giovanile più contraddittoria: non sei più un bambinetto che corre dietro alla palla, come quando eri Esordiente, ma non sei ancora tra gli Allievi, quando si inizia veramente a fare sul serio. Sei in un limbo, insomma, dove se hai qualcosa di speciale comincia a intravedersi ma tutto è in prospettiva, perché in fondo hai solo tra i 13 ai 15 anni.

        Come nella vita, no?

Alessio Forgione

        Marocco, il protagonista di questa storia, di anni ne ha 14, nel limbo ci sta a mollo e nella sua vita niente è dipeso da una sua scelta: vive con un padre psicologicamente e fisicamente assente, la madre li ha abbandonati da 5 anni, si barcamena tra un liceo che gli è stato imposto, amici che si è ritrovato a fianco e una squadra di calcio piena di promesse. E aspetta.

        Aspetta, senza prendere iniziative, che il limbo gli mostri l’uscita, guarda passare le sue giornate bloccato dalle insicurezze e i sensi di colpa di un lutto in piena elaborazione, assiste alla sua vita illudendosi che le cose si risolvano da sole: come sul campo di calcio, dove lui gioca regista («Si chiama così perché è quello che dirige il resto della squadra») ma i gol per vincere li fanno gli altri.

        E si può solo voler bene a questo ragazzo, perché chiunque ricordi  almeno per un attimo l’inadeguatezza di quell’età non può essere indifferente alla voce in prima persona del racconto, quella del protagonista ormai adulto che, mantenendo il punto di vista del sé stesso adolescente, ricorda e rinnova echi ammanitiani, alternando momenti di tenerezza disarmante a una ferocia spietata propria del territorio che descrive: la Napoli dei palazzoni, dell’abuso edilizio, dei campetti con le righe storte sotto i ponti della tangenziale, dove il sole ti soffoca, il mare è una pozza verdastra e la pizza è buona solo per vomitare dopo una sbronza colossale. Una città che è coprotagonista scomoda e invadente della vicenda, un microcosmo che si palesa imprevedibile con la sua violenza naturale, inevitabile, spesso gratuita ma parte integrante del percorso di crescita di chi la abita, tappa imprescindibile nel cammino di perdita dell’innocenza («…in culo ce lo prendiamo tutti, prima o poi»).

        Già, perché in fondo è di crescita che parla questo libro.

        Il lavoro notevole e minuzioso che viene fatto con nomi e soprannomi dei personaggi ben rappresenta la ricerca incessante di un’identità definita e di un proprio posto nel mondo; la dolcissima quanto casuale storia d’amore tra Marocco e Serena è la sintesi perfetta di come il destino accada quando avevamo imboccato la strada per evitarlo («…ti amo». «E perché non me l’hai detto?». «Perché mi fai paura».); il calcio di strada, ancora più di quello sul campo, è la spia dell’inevitabile ricerca di amore e attenzione così da non dover rimanere soli con il nostro peggior nemico, noi stessi. 

        E poi c’è la nostalgia, emozione tanto romantica quanto crudele, da quella effimera per l’attimo felice appena passato a quella struggente per una stagione della vita in cui tutto sembrava insormontabile e risolvibile al tempo stesso («Siete giovanissimi» disse e per come parlò sembrava una cosa positiva). Fino a quella universale per il periodo storico in cui la storia è ambientata, la fine degli anni 90, quell’era pre 11 settembre in cui tutti ci sentivamo Giovanissimi e sembrava che, per porre rimedio agli errori fin lì commessi, avessimo tutto il tempo del mondo.

        E fa un certo effetto, oggi, chiusi in casa prigionieri di una pandemia, leggere l’ultima riga del libro. Che ovviamente non vi scrivo.

        Chiamate il libraio e fatevi mettere da parte Giovanissimi di Alessio Forgione, NN Editore.

Davide Cerreja Fus

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