#MonterosaRacconta | L’abbraccio selvatico delle Alpi di Franco Michieli

Quando leggiamo un libro è un po’ come quando ascoltiamo una canzone. C’è sempre quella strofa o quel pezzo di storia che parla di noi, che sembra raccontare la nostra storia. È chiaro che se questo accade c’è un motivo semplice dietro: canzoni e libri, per quanto intimi e personali possano essere, danno sempre voce a qualcosa che tutti, prima o poi, ci troviamo ad attraversare.

L’abbraccio selvatico della Alpi di Franco Michieli è stato, sotto questo aspetto, un libro davvero particolare. La storia è quella dell’autore che nel 1981, dopo aver sostenuto l’esame di maturità, decide di partire per attraversare a piedi la catena delle Alpi dal Mar Ligure all’Adriatico.

Io non mi intendo affatto di alpinismo, non ho mai affrontato una prova del genere in vita mia e non ci ho mai nemmeno pensato; eppure in questo libro più che in altri “mi ci sono ritrovata”. Una serie di coincidenze hanno fatto sì che riuscissi a empatizzare con l’autore e mi sentissi tanto coinvolta dal suo viaggio.

Innanzitutto, esattamente dieci anni fa mi diplomavo. Può sembrare qualcosa di banale, ma non lo è affatto, o almeno non lo è stato per me. Ho sentito forte la cesura con i dieci anni che mi sono lasciata alla spalle e che separano la me di allora da quella di oggi, e scoprire questo libro proprio in questa ricorrenza ha avuto un impatto importante sulla sua lettura.

Secondo elemento, affatto trascurabile, quest’anno quelli che sono stati tra i miei primi alunni hanno sostenuto l’esame di maturità. L’affetto e la stima che nutro per loro mi hanno portata a interrogarmi più e più volte su quali potessero essere i loro dubbi sul futuro, su come potessi aiutarli, indirizzarli nel verso giusto nel corso di quella che è una fase di profondo cambiamento. Oggi, probabilmente, consiglierei loro L’abbraccio selvatico delle Alpi, certa che le parole di Michieli sarebbero un ottimo vademecum su come affrontare questo periodo di passaggio che stanno vivendo.

Alpi Graie
Alpi Graie

Passaggio. Se dovessi descrivere il libro di Michieli con una sola parola, sarebbe proprio passaggio. In senso geografico: l’attraversamento della Alpi da un mare all’altro. In senso letterale e intimo: il passaggio verso l’età adulta, la presa di coscienza di una fase che giunge al termine e di una nuova che comincia, il peso delle prime responsabilità da adulti.

Il viaggio dell’autore più che una scelta è una vera e propria esigenza. Come tutti, ed è qui che non facciamo fatica a empatizzare con il racconto di Michieli anche se non siamo alpinisti o amanti della montagna, Franco sente lo stacco rappresentato dalla fine del liceo e la necessità di trovare delle risposte che solo la natura può fornirgli.

Un viaggio alpinistico che mi appariva necessario, direi indispensabile, per immergermi a lungo nell’ambiente e nel divenire della natura alpina e riuscire così a conoscere le reazioni reciproche – mie e degli eventi – capaci di nascere in quella convivenza.  

Seguiamo l’autore tra salite e discese grazie a una prosa incalzante e coinvolgente, incontriamo gli amici che lo hanno accompagnato nella lunga traversata e impariamo a conoscerli attraverso i loro punti di forza e le debolezze accentuate dalla durezza del percorso. Giovanni, Stefano, Andrea, Paolo, Alberto, sono alcuni dei nomi che vediamo spuntare tra le pagine.

Un gesto simbolico e carico di significato, il passaggio di una bustina piena di sassolini raccolti sulla spiaggia di Ventimiglia, dalla quale è partita la lunga traversata, rappresenta il testimone che passando da una mano all’altra acquista un valore sempre più profondo. Così come ogni compagno di traversata aggiunge qualcosa all’esperienza che l’autore sta vivendo.

Tre cime di Lavaredo
Tre cime di Lavaredo

L’amicizia viene presentata in tutti i suoi aspetti essenziali. È condivisione, fatica, gioia nel raggiungere importanti traguardi insieme.E anche se non è certo questo il tema centrale della narrazione, è impossibile non cogliere la profondità dei legami che un’impresa come quella intrapresa dall’autore esige o crea.

Qua e là rimandi e citazioni letterarie, soprattutto leopardiane, sottolineano la natura intima del viaggio, la necessità di ricercare un contatto vero e profondo con la natura, e al contempo con se stessi. In antitesi a questa dimensione interiore c’è l’esteriorità di una società in cambiamento, una società consumista che non rispetta la natura e che inizia già a viverla come mera fonte di guadagno. La scarsa attenzione verso il proprio benessere fisico, oltre che dell’ambiente – presagio di qualcosa che con gli anni avremmo visto crescere a dismisura – ne è l’emblema.

La diffusione dello sport a cui si assiste nel XXI secolo era allora inconcepibile: percepivamo intorno a noi una cieca repulsione per l’attività fisica, seguita al collasso della civiltà contadina e ai patimenti della guerra, mentre dilagava il consenso di massa per la vita urbana, le automobili, le vacanze stanziali, le pantofole e la televisione.

È anche per questo motivo, per repulsione verso una società sedentaria, che Michieli e i suoi amici sentono il bisogno di allontanarsi, di ritrovare il contatto con la natura che a Milano manca.

Sono passati venti anni dal viaggio compiuto dall’autore e venti anni è il tempo che ha richiesto un viaggio così intenso per essere raccontato. Il diciannovenne Franco era sicuramente diverso dai diciannovenni di oggi sotto molti aspetti, o dalla diciannovenne che ero io dieci anni fa. Eppure c’è una cosa che accomuna vecchie e nuove generazioni di ragazzi, la necessità di interrogarsi, di trovare delle risposte e di farlo spingendosi oltre quelli che fino ad un determinato momento sono stati i propri limiti.

Immagini: https://bit.ly/33nBAcb, https://bit.ly/3fqzNpc, https://bit.ly/3gmWifQ.

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