Sto ascoltando dei dischi – la playlist autobiografica di Maurizio Blatto

Appena ho iniziato la lettura di Sto ascoltando dei dischi di Maurizio Blatto, edito da Add editore per la collana Incendi, il primo aggettivo che mi è venuto in mente è stato bovarismo che, per definizione indica una “tendenza psicologica a costruirsi una personalità fittizia, a sostenere un ruolo non corrispondente alla propria condizione sociale; desiderio smanioso di evasione dalla realtà, soprattutto in riferimento a particolari situazioni ambientali, sociologiche” (Treccani). Dopo poche pagine, però, mi sono resa conto che questo romanzo è quanto di più lontano ci sia dal termine bovarismo.

La biografia romanzata dell’autore non ha nulla a che vedere con personalità fittizie e evasione dalla realtà. Al contrario, le situazioni descritte da Blatto sono vere, autentiche e testimoniano una realtà tangibile e forte, quella della musica e del potere che questa è capace di esercitare su ognuno di noi.

Sto ascoltando dei dischi è un insieme di racconti già pubblicati in precedenza che trovano un proprio ordine nella cornice del romanzo, perché incasellati in macro gruppi tematici che scandiscono fasi diverse della vita del protagonista: Lo psicologo, Il consulente di famiglia, Quartiere cattivo, Il pronto soccorso, Polizia, Centro d’ascolto vinilisti anonimi, La morte.

Il tema centrale, a differenza di quanto si possa pensare leggendo il titolo e osservando la copertina, non è la musica, ma l’ossessione per questa.

Il titolo dice già molto. Chiaro rimando a I Tenenbaum di Wes Anderson, questo primo elemento chiarisce fin da subito quello che sarà l’impianto dell’intero libro. Una storia raccontata di citazione in citazione, dove l’ossessione per la musica altro non è che un modo di vivere la vita con la maggiore intensità possibile.

Amare la musica e i dischi tanto da confondere la vita con le canzoni e il pop con la realtà è la malattia dell’autore di questi racconti. In un succedersi di situazioni esilaranti, psicologi, consulenti familiari, terapie di gruppo, medici e addirittura la Morte tentano di curare il protagonista dalla sua ossessione per la musica. Ci riusciranno? Vincerà Freud o avranno la meglio i Beastie Boys? Il terrore per il reggaeton è curabile? Vita privata e analisi musicale si fondono in un testo in cui sono le canzoni a fornire il ritmo all’esistenza dell’autore, scandita attraverso ricordi personali e aneddotica rock.

Empatizzare con il protagonista non è sempre facile. Se da una parte ognuno di noi ha sperimentato, quella sensazione di star vivendo in una canzone, che più comunemente si traduce con il classico “oddio questa canzone parla proprio di me”, dall’altra la situazione del protagonista ci appare estrema.

Il protagonista di Sto ascoltando dei dischi non si limita ad amare la musica, ad associare alcuni momenti della propria vita a colonne sonore che li rappresentino e immortalino negli anni, lui vive nelle canzoni che ama, le rende reali e concrete. Un esempio chiarissimo di questo processo è riportato nella prima parte dal titolo Lo psicologo. Qui l’autore prova a spiegare il proprio rapporto con la musica, e in particolare con gli Smiths, raccontando una serie di episodi legati alla propria adolescenza e ispirati alle canzoni del gruppo britannico.

Si sbaglia, non è una monomania, quanto piuttosto un’aderenza incondizionata. Gli Smiths sono il mio gruppo. Ognuno, geneticamente, deve sceglierne uno. Io ho persino vissuto su me stesso un loro disco, l’ho fatto mio, interpretato con tanto di gesta follemente eroiche.

L’ossessione dell’autore però, è considerata una vera e propria malattia che gli impedisce di avere rapporti con gli altri e, addirittura, con la propria famiglia. La realtà dell’autore è la musica. Ogni frase, ogni situazione, ogni pensiero rimanda a una canzone. Così, il lettore si ritrova catapultato in poco più di trecento pagine che sembrano essere una lunga analisi introspettiva del protagonista, e al contempo una playlist continua e ininterrotta, accuratamente scelta e selezionata. Un viaggio in parallelo nella psiche del protagonista e nella storia della musica rock, indie rock, wave, pop, blues.

Con una prosa semplice e coincisa Blatto riesce a dare voce alla propria passione-ossessione, e al tempo stesso a scrivere un libro che può dare spunti e insegnamenti al lettore. Il titolo è anche la risposta alle continue domande contenute nel libro. Perché, alla fine, “tutto è una canzone, tutto”, e l’unico modo per sopravvivere, forse, è affidarsi alla musica e, semplicemente continuare ad ascoltare dei dischi.

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