Discosogni e gli incantevoli 80

“Non si esce vivi dagli anni 80”, diceva qualcuno qualche tempo fa. E aveva ragione. Specialmente se in quel decennio hai vissuto l’infanzia o l’adolescenza. Non se ne esce vivi perché ti restano scolpiti nella testa spot pubblicitari post-caroselliani mandati a memoria come parte integrante dello spettacolo televisivo, giornali per ragazze a cui potevi scrivere per sapere se esistesse la possibilità di rimanere incinta con uno sguardo, film dove i tuoi coetanei cercavano tesori e viaggiavano nel tempo mentre tu al massimo ti sbucciavi le ginocchia sull’asfalto dell’oratorio. E, soprattutto, telefilm con macchine parlanti dalle trame elementari e cartoni animati giapponesi con campi da calcio lunghissimi e tanta ambiguità (“Sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria!”). Un tempo che, a pensarci oggi, sembra fatato, sicuramente più facile, e dove è bello rifugiarsi quando la contemporaneità fa un po’ paura.

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Ecco, per eventuali nostalgici Bao Publishing ha trovato un rimedio: con Discosogni – graphic novel di Alessandra Rostagnotto ambientato nel 1985 e con uno stile grafico che sta tra Jem e L’incantevole Creamy – si ha l’impressione di tornare lì, quando finivi i compiti (se li facevi), facevi scoppiare la plastica che conteneva uno Yo-Yo Motta e, per due ore, Bim Bum Bam era tutto il tuo mondo.

Merenda?
Photo by kiliweb 
per Open Food Facts

Discosogni racconta le peripezie di Ambra, bruttina di talento che vorrebbe sfondare nel mondo della musica ma non riesce ad andare oltre le sagre di paese. E siccome non siamo nel realismo magico dell’anime nipponico, ma tra le balere della riviera ligure, non può nemmeno contare su una Creamy mozzafiato in cui trasformarsi all’occorrenza. Almeno finché un manager trafficone non avrà l’intuizione di utilizzare il più prosaico superpotere del playback, unendo la voce di Ambra alle piacevoli fattezze del suo migliore amico Giovanni, aspirante Boy George emarginato per la sua omosessualità esibita. Una storia sulla forza della diversità, insomma. Soprattutto un invito ad abbandonare la strada che spesso caparbiamente seguiamo: meglio guardarci intorno, abbracciare l’altro e unire le forze per uscire da un isolamento che a volte è imposto, ma molto spesso auto-inflitto. Solo così si può provare a raggiungere i propri sogni.  

Ma è chiaro che, come in ogni buon fumetto, la forza di questo libro non sta in cosa dice ma in come lo dice. Alessandra Rostagnotto – classe 1994 e quindi largamente fuori da quelle generazioni tardo X e proto Y a cui si faceva riferimento più sopra – non si limita a reinterpretare il tratto tipico del manga, ma arricchisce le sue tavole con una sarabanda di citazioni, dettagli e easter eggs così filologicamente esatti da risultare commoventi: sono capaci tutti a disegnare una cabina della Sip e una copertina di Cioè, ma le apparizioni di Burghy e di Maurizio Seymandi (tanto per citarne un paio) sono colpi da fuoriclasse. Si percepiscono tra le pagine la precisione della ricerca e lo sforzo di farti respirare quell’aria, ascoltare quelle canzoni, sentirti un po’ la Clizia di Sposerò Simon Le Bon – film che, peraltro, i protagonisti della storia non hanno ancora visto perché uscirà l’anno successivo.

“Clizia non mi ha sposato”.
Eva Rinaldi, CC BY-SA 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0, via Wikimedia Commons

Discosogni  è un titolo azzeccatissimo, perché è una parola che ne contiene due che, a loro volta, contengono le due facce della musica che il libro racconta. Da una parte il disco, come oggetto fisico, o la disco, come genere. In ogni caso il mercato musicale, microcosmo dorato e cialtrone che tanto in comune ha con l’Italia anni 80 che viene disegnata: il paese “da bere” noncurante e trafficone che Craxi e il primo berlusconismo traghettavano verso la ricerca spettacolare del guadagno facile, dove i cantanti avevano i soldi anche nei nomi d’arte finto britannici – Den Harrow, al secolo Stefano Zandri, vent’anni prima di diventare un meme – e si seminava l’impunità che avrebbe presentato il conto dal decennio successivo.

Den Harrow speso male

Dall’altra parte i sogni, la voglia di trasgressione, la pluridecennale ispirazione al fermento culturale inglese, qui riassunto nel fascino androgino dei Culture Club, di Annie Lennox e David Bowie. Perché c’è sempre stata più innovazione in una monarchia conservatrice che in una repubblica democristiana fondata sul Festival di Sanremo, baudiana roccaforte di italico tradizionalismo e resistenza alla diversità che, nel libro, rappresenta una sorta di mostro finale alla Super Mario.

Discosogni l’ho inventato io!”
SinixLab from Roma, Italia, CC BY-SA 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0, via Wikimedia Commons

Il fumetto di Alessandra Rostagnotto è, in sostanza, una lettura leggera e allo stesso tempo complessa. Un divertimento per la testa e per gli occhi con un’omonima playlist di Spotify che, tra un Maracaibo e un Gioca jouer – ma, tranquilli, troverete anche gli Eurythmics e gli Smiths – vi aiuterà a leggere nel giusto mood. Vale davvero la pena di soffermarsi su ogni tavola e godere di ogni singolo elemento, in qualunque decennio siate nati. Se siete early millennials, forse vi scapperà qualche sorriso di nostalgia in più.

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