Qualunque cosa per abbracciarti di nuovo – L’Economia sentimentale di Edoardo Nesi

Οἰκονομία

Ho sempre sostenuto che io di economia non c’ho mai capito nulla, così come di matematica. Insomma, tutto ciò che avesse a che fare con i numeri non rientrava nelle mie corde. Eppure non mi sono mai realmente soffermata sul significato di questa parola. Di economia ho sempre sentito parlare, è una parola che sentiamo ripetere ogni giorno, una di quelle di cui diamo per scontato di conoscere il significato.

Poi, circa un mese fa, mi sono ritrovata a leggere le novità editoriali di La Nave di Teseo e un titolo ha catturato la mia attenzione: Economia Sentimentale, di Edoardo Nesi.

Ecco, economia e sentimenti sono due parole che, per me, hanno davvero poco in comune. Così, ho iniziato a chiedermi cosa avesse voluto dire Nesi con quel titolo. Così, ho acceso il mio pc e ho googlato economia. La risposta mi è arrivata dal dizionario online Treccani, che recitava così:

Economìa s. f. [dal lat. oeconomĭa, gr. οἰκονομία, comp. di οἶκος «dimora» e -νομία «-nomia» (propr. «amministrazione della casa»); la voce si è diffusa per il tramite del fr. économie (così come i der. economicoeconomistaeconomizzare attrav. il fr. économiqueéconomisteéconomiser)]. 

Dimora. Cosa c’è di più sentimentale della propria casa, del posto nel quale siamo cresciuti, abbiamo vissuto o viviamo con le persone che amiamo? E così, con questo pensiero, che ho iniziato a leggere Economia sentimentale qualche giorno fa ed è con questo pensiero di partenza che proverò a parlarne.

E poi il mondo impazzisce

– Oggi abbiamo deciso di compiere un altro passo, – dice Giuseppe Conte dalla televisione, – la decisione assunta dal governo è quella di chiudere nell’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia strettamente necessaria, cruciale, indispensabile a garantirci beni e servizi essenziali.

Queste parole le ricordiamo tutti, non soltanto gli imprenditori, gli artigiani, i lavoratori dipendenti, le partite IVA e perfino gli studenti. Tutti, quasi un anno fa, abbiamo sentito o letto queste parole, e tutti le ricorderemo negli anni perché sono queste le parole che hanno segnato una cesura tra il mondo prima e quello – che ancora non conosciamo – dopo il Covid.

La riflessione di Nesi parte più o meno da qui, da queste parole e da una semplice domanda che tutti ci siamo posti.

Quali sarebbero i lavori non necessari, non cruciali, non indispensabili e chi lo decide?

Questo accadeva il 21 marzo del 2020. Oggi, a quasi un anno di distanza, questa domanda rimane senza risposta. Oggi che i bar e i ristoranti sono chiusi; che le palestre, le piscine e gli impianti sciistici sono vuoti. Oggi che in molte scuole le campanelle suonano per riempire il silenzio di corridoi e classi vuote; che gli artigiani, i piccoli imprenditori e le partite IVA faticano ad arrivare a fine mese, chi decide quali sarebbero i lavori non necessari se consentono a un popolo di sopravvivere?

Il futuro

Economia sentimentale è la cronaca di quello che è stato un anno uguale per tutti, eppure tanto diverso per ognuno di noi. È il racconto personale di una Storia che è stata ed è ancora di tutti. Non è, sicuramente, un libro sul Covid, sulla pandemia, sul lockdown. Al contrario, è una riflessione di ciò che si allontana quanto più possibile da tutto questo.

Economia sentimentale è un libro sul futuro.

– Edoardo, un pezzo di storia è andato. Un sistema se n’è andato. Non c’è il tempo di stare troppo a pensarci, se non per imparare dagli errori fatti. Ora bisogna investire nel futuro. Nei giovani. Per i giovani.

Queste sono le parole che Enrico Giovannini rivolge a Edoardo Nesi nel corso di una telefonata e – incredibile coincidenza o segno di un importante cambiamento – questo è il concetto che, con parole diverse, ho sentito esprimere da una delle mie alunne proprio qualche giorno e proprio su questo tema, quello di una nuova e possibile economia, di un nuovo e possibile futuro.

Perché forse a volte i nostri giovani li sottovalutiamo, come abbiamo sottovalutato i rischi di un virus che ci ha privato della libertà prima che di ogni altra cosa, e come abbiamo sottovalutato le conseguenze di un’economia che già da tempo aveva dato le prime avvisaglie di un possibile cedimento.

L’economia dei sentimenti

Economia sentimentale. Cosa accomuna economia e sentimenti? Questa è la domanda che mi ha accompagnata durante la lettura di questo libro. Forse non quella che l’autore si aspetterebbe da uno dei suoi lettori, o forse sì, non posso saperlo.

Eppure, che si tratti della mia personale lettura, o che ci abbia visto giusto almeno un po’, giunta alla fine sono riuscita a dare una risposta alla mia domanda, ed è proprio nelle pagine che ho letto che l’ho trovata.

Anzi, vi dirò di più, di risposte ne ho trovate anche più di una.

Economia sentimentale è l’amministrazione dei sentimenti, quella a cui siamo stati costretti in questi mesi vuoti di abbracci, di sorrisi a viso scoperto, di mani che si sfiorano e di baci dati alle persone che amiamo.

Allo stesso modo sentimentale è l’economia nel suo senso letterale.

Perché i dati dell’ISTAT sull’inflazione, sulla disoccupazione, sulla crescita e diminuzione del PIL, sull’evasione non son numeri e basta, vuote percentuali, ma fotografie, anzi quadri che raffigurano il paese e noi che ci viviamo dentro. Sono storie a saperle leggere, e spiegano chi siamo e testimoniano da dove siamo venuti e possono perfino prevedere dove finiremo per andare.

L’ultimo anno ha scardinato le nostre certezze, ci ha messo difronte alle nostre peggiori paure e ha messo in crisi la realtà di ognuno di noi e quella di un intero Paese. Eppure, anche se ci sembra tanto lontano, arriverà il momento di ricominciare e forse una buona idea per farlo sarebbe proprio partire da un’economia sentimentale.

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