La Belgica di Toni Bruno – Un’odissea tra la terraferma e il mare aperto

L’anno scorso, proprio nel primo periodo di zona rossa, avevo il blocco della lettrice. Ero demotivata e triste, sensazioni che avranno provato un po’ tuttə. L’unica cosa che riuscivo a leggere erano i fumetti, avevo fatto una scorta a dicembre e durante il lockdown sono stati l’unico mezzo grazie al quale riuscivo a estraniarmi dalla realtà in cui vivevo: le sirene delle ambulanze, la desolazione per strada, le notizie riguardanti i decessi ecc. ecc. È stato proprio intorno a questo periodo che ho letto il primo volume de La Belgica – Il canto delle sirene di Toni Bruno pubblicato da Bao Publishing e grazie a questa storia sono riuscita a viaggiare nel tempo e nello spazio. Da pochissimo è uscito in libreria il secondo e ultimo volume, intitolato La Belgica La melodia dei ghiacci, che pone fine a questa spedizione straordinaria. Una storia d’avventura e sociale che trae spunto da fatti storici realmente accaduti e trasporta il lettore dal mare alla terraferma e viceversa.

Il canto delle sirene

Il primo episodio de La Belgica ci porta indietro nel tempo. È il 22 agosto del 1897 e le tavole iniziali sono ambientate a Ostenda, in Belgio. Facciamo quasi subito la conoscenza di Jean Nansen, giovane protagonista, scaricatore di porto che a causa di due conoscenti si ritrova invischiato in un tentativo di furto ai danni della Belgica, vecchia baleniera riadattata per una missione esplorativa estrema: una spedizione in Antartide. Salito a bordo la sera prima della partenza Jean sbatte la testa e perde i sensi. Allo stesso tempo la sua innamorata, Claire, che lavora in una locanda, è arrabbiata perché lui non si è ancora presentato e non sa che fine abbia fatto.

Jean si risveglia e si accorge, suo malgrado, che la Belgica ha già levato l’ancora ed è in viaggio, sotto il comando del capitano Adrien de Gerlache. Inizialmente Jean è spaesato e vorrebbe subito fare ritorno a Ostenda, ma non c’è nulla da fare: potrà imbarcarsi su una nave mercantile non appena la nave sbarcherà in Portogallo. Nel frattempo gli affidano il compito di dare da mangiare ai cani da slitta. Il rapporto con gli altri dell’equipaggio è difficile, Jean pensa a Claire e a quello che ha lasciato sulla terraferma, ma allo stesso tempo comincia a riflettere su se stesso, grazie anche alle parole di Henri Somers, macchinista di prima classe, che gli dice: «È con l’esperienza che puoi decidere chi diventare…». Ed è così che Jean, quando sbarca a Madera, decide di continuare la spedizione a bordo della Belgica.

Claire, invece, è delusa ma soprattutto spaventata per le sorti di Jean. La vediamo silente in questo primo tomo, abbattuta. Quello che ancora non sappiamo è che anche lei si imbarcherà in una spedizione, con finalità totalmente diverse da quella di Jean ma ugualmente importanti.

L’aneddoto del perché Toni Bruno abbia deciso di narrare questa storia è molto interessante. L’autore ha raccontato di aver letto nell’estate del 2015 un articolo su una spedizione in Antartide avvenuta tra il 1897 e il 1899, capitanata da de Gerlache. Incuriosito da questa vicenda, il fumettista ha continuato a indagare e ha scoperto che la spedizione di cui sopra era stata, in passato, oggetto di studi sul comportamento dell’uomo in condizioni estreme che ancora oggi vengono utilizzati dalle agenzie aerospaziali per valutare le capacità di resistenza in previsione dei voli a venire!

«La Belgica rimase incastrata per oltre un anno tra i ghiacci al largo della penisola Antartica: quell’equipaggio fu il primo a trascorrere l’inverno nelle acque dell’Antartide e a sopravvivere a tutte le milleseicento ore di una interminabile notte polare.»

Ormai appassionatosi all’evento, Bruno ha acquistato diversi diari tra cui quello di Frederick Cook, medico di bordo. In molti degli articoli trovati si faceva riferimento a un membro dell’equipaggio senza mai trovare una fonte che lo confermasse. Secondo l’autore, però, quel marinaio meritava una storia. Da qui la nascita del personaggio di Jean. Andando avanti nella costruzione della storia – che è poi quella che ritroviamo nei due volumi – Bruno ha voluto dare ampio spazio anche al personaggio di Claire e lo si capisce già guardando la cover de La melodia dei ghiacci… Nella copertina del primo volume Jean si ritrova seduto sulla Belgica, all’aperto; la seconda, invece, è totalmente dedicata a Claire, seduta in una stanza a lume di candela mentre guarda alla finestra, gli oggetti in primo piano sono tutti innevati/ghiacciati.

© Bao Publishing

La melodia dei ghiacci

Mentre la Belgica continua il suo viaggio, qualcosa si sta smuovendo – tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – anche in Belgio e in Europa. I lavoratori (e le lavoratrici) delle fabbriche vengono sfruttati costantemente e operano in condizioni disastrose: il salario non è adeguato alle ore di lavoro, le donne in gravidanza rischiano di essere licenziate o purtroppo spesso lo sono, il proletariato comincia a essere in subbuglio e hanno inizio i primi scioperi.

Un giorno Claire incontra Paula, una vecchia amica che si è trasferita a Bruxelles, moglie di un ricco proprietario di fabbrica. Le due sono felici di essersi riunite e tra aneddoti del passato e aggiornamenti della vita presente, Claire racconta di Jean a Paula, mostrando la sua amarezza e il suo malcontento perché l’amato non ha fatto avere notizie di sé, non mandandole nemmeno una lettera. Paula propone a Claire di passare un po’ di tempo nella capitale e la protagonista accetta, inconsapevole che quel soggiorno la renderà più forte.

In quegli anni, in Belgio, si è distinta la figura di Marie Popelin, tra le pioniere del femminismo in Belgio nonché prima donna del paese che è riuscita a conseguire un dottorato in giurisprudenza. Ispirate dalla sua figura Paula, Claire, Léonie e molte altre danno supporto alle donne che lavorano in fabbrica, si battono per loro, cercano di migliorare le condizioni lavorative o, almeno, di equipararle a quelle degli uomini. Non bisogna dimenticare che i primi moti femministi vanno di pari passo con quelli operai.

Tornando in mare aperto, invece, la Belgica varca l’ultima frontiera sconosciuta incagliandosi nella morsa del ghiaccio antartico: quest’avvenimento mette a dura prova la resistenza di tutto l’equipaggio in una reclusione difficile e di poche speranze. Tutti si domandano se sopravvivranno, se potranno fare ritorno a casa, sono momenti corali in cui si percepisce il pathos.

Toni Bruno riesce a calibrare la narrazione incrociata con maestria, bilanciando entrambe le storie come, invece, non accade nel primo volume in cui il personaggio di Claire è più marginale e passivo. Per quanto riguarda lo stile grafico inizialmente Bruno immaginava la storia in bianco e nero, ma gli mancava qualcosa. Ha provato allora con il colore, ma non era soddisfatto fino a quando ha deciso di utilizzare le mezzetinte, avendo trovato in casa una boccetta di inchiostro risalente ai primi del Novecento: Pelikan 4001, un inchiostro ferrogallico chiamato così nel 1898 da Günther Wagner. Bruno ha utilizzato la stessa bottiglia per inchiostrare tutte le tavole ed essendo passato del tempo tra la realizzazione del primo volume e quella del secondo, il liquido ha perso un po’ del suo colore nero virando sul blu.

Claire e Jean devono combattere contro la propria Antartide personale, sono due personaggi che evolvono nel corso del tempo ed è impossibile non affezionarsi a loro. La Belgica è una storia di crescita, di viaggi, di cambiamenti in cui il filone dell’avventura si lega a quello storico in modo minuzioso e dettagliato. Una vera e propria Odissea che esplora sia le frontiere, inarrivabili e per questo attraenti, sia l’animo umano.

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