Mettere al mondo il mondo. Tutto quanto facciamo per essere detti creativi e chi ce lo fa fare | Stefano Bartezzaghi

Stefano Bartezzaghi, il curatore delle edizioni in italiano della saga di Harry Potter per Salani Editore, è nato in una famiglia di enigmisti – il padre, Piero, era un famoso cruciverbista -, si è laureato al Dams di Bologna con relatore Umberto Eco e come autore ha esordito con un rebus nel 1971. Oggi oltre uno scrittore è anche docente di Semiotica della creatività all’Università Iulm e collabora con testate come «la Repubblica» con rubriche di giochi (Lessico e nuvole) e di linguistica (Lapsus).

Per capire il suo ultimo libro, Mettere al mondo il mondo. Tutto quanto facciamo per essere detti creativi e chi ce lo fa fare (Bompiani, 2021), dobbiamo prima pensare al precedente lavoro Banalità del 2019 e pensarlo come il nostro nuovo demone tra luoghi comuni e social network.

Da qui la creatività, impossibile da definire brevemente. Bartezzaghi allora le dedica tutti i paragrafi del libro. Immaginate una piramide di discorsi fluidi e multisfaccettati sul concetto, che ha fatto il suo esordio solo nel 1950. Creatività e banalità infatti si oppongono idealmente ma nel flusso degli eventi non fanno che scambiarsi di posto: ogni affermazione creativa si oppone alla banalità ma vuole conquistare a sé un consenso che la porta a renderla banale.

Perché gli esseri umani hanno sentito il bisogno di nominare creatività quel qualcosa di impreciso, spurio, ineffabile? E chi ci spinge ad agire la nostra creatività?

Anche dal punto di vista della semiotica la parola ha un carattere sfuggevole senza definizione univoca, la intendiamo per intuito. “Mettere al mondo il mondo” è il titolo dell’opera dell’artista Alighiero Boetti ed è la soluzione anche al crittogramma proposto dall’autore: non possiamo sapere se questo compito vada assegnato a qualcuno, che sia umano o divino:

«Una Musa, un dio, un ispiratore, un comandante, un maestro. Una voce interiore, il caso, il destino, la società, le convenzioni, l’inconscio, la natura, la passione (concupiscenza, gelosia, avidità, invidia, paura, odio, pietà, pietas). Il sangue. il DNA, il censo, la razza, l’Idea, il Credo. La fame, il vino, la droga, la follia, il sonno; la morte, la malattia, la vita.»

Mettere al mondo il mondo. Tutto quanto facciamo per essere detti creativi e chi ce lo fa fare, pag. 10

L’artista nel discorso estetico potrebbe far pensare a un dio per la potenza dell’ideazione ma può esserlo solo in modo simbolico. Secondo Andreas Reckwitz tutto ciò che si dichiara creativo ambisce non solo a costituire innovazione ma anche a fare arte. La propensione poi al sapere, alla conoscenza è anche in sé una possibile forma di creatività. 

Stefano Bartezzaghi

Stefano Bartezzaghi

L’innovazione produttiva oggi si unisce alla creatività per renderla una funzione economica. A quel punto l’attività creativa diventa abituale e il nuovo del fare creativo produce il non nuovo della consuetudine. L’inventivo e il suo potenziale rischiano di finire nel meccanico, il nuovo nel ripetitivo e la creatività ha come sua immagine speculare la banalità. I colossi digitali Google, Amazon, Facebook hanno incorporato la ricchezza nella “creatività” immateriale costituito da idee generate dagli utenti sotto forma di contenuti. L’innovazione alla Silicon Valley è un po’ il nostro totem attuale,  ma ciò non implica che abbia un senso specifico, un’utilità, un valore intrinseco. Creare è inventare ma inventare vuol dire due cose: generare qualcosa di nuovo (mettere al mondo) ma anche, nel senso latino del termine, ritrovare quel che c’è già (il mondo).

Sopra l’alto cielo da cui le Muse offrono ispirazioni divine a privilegiate aspirazioni dei grandi artisti. Sotto, il livello terreno della creatività della gente della strada. Bartezzaghi non vuole definire cosa esattamente esprima la parola e il concetto di creatività perché impossibile da precisare ma è quello spazio dove il divino e l’umano si incontrano. E forse non è più quel dono, quella scintilla che in pochi possiedono. Ho trovato interessanti gli spunti di Bartezzaghi che scrive in modo efficace la genesi del concetto e come questo nel mondo digital si sia appiattito fino a diventare un mero tentativo di mettere insieme sensibilità e algoritmi, ideazione fantastica e produttività economica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.