Metamorphosis: alle origini del “keisonverse”

Metamorphosis è il primo graphic novel in cui compare il “keisonverse”, ovvero il mondo narrativo all’interno del quale Giacomo Keison Bevilacqua ambienta tutte le sue storie a fumetti, fatta eccezione per quelle dedicate al suo alter ego Panda. Uscito in tre puntate una decina d’anni fa, e raccolto successivamente in un volume omnibus in bianco e nero, il libro esce ora in un’edizione definitiva a colori, presentata da Bao Publishing all’ultimo Lucca Comics & Games. Per chi già conosce l’opera di Bevilacqua, l’oggetto in questione è un volume imperdibile e prezioso; per i neofiti, invece, rappresenta un’ottima occasione per immergersi nel mirabolante universo immaginifico di questo autore, forse unico, nel suo genere, per quanto riguarda il panorama di casa nostra.

La storia è quella di Luna, scrittrice di successo che, quando si addormenta, sogna uno strano mondo popolato da personaggi dei miti e dei poemi greci. Peccato che, nel mondo reale, questi personaggi corrispondano ad altrettante persone assassinate, sugli omicidi delle quali indaga Daniel, ispettore di polizia ed ex fidanzato di Luna. Ma perché la realtà e l’universo onirico della ragazza sono così direttamente collegati? E chi è il misterioso simil-Pikachu che le ronza intorno e lei abbraccia sulla copertina del libro? Ogni risposta, o semplice accenno, sarebbe a rischio spoiler, per cui non andiamo oltre. E comunque, come nelle migliori narrazioni, qua la questione principale non è la storia, ma il modo in cui l’autore la racconta.

Sogno o realtà?

Quando a Quentin Tarantino chiedono perché metta così tanta carne al fuoco nei suoi film, la risposta che lui dà, candida e realistica, è che lo fa per mettersi il cuore in pace nel caso in cui, in futuro, non gliene facessero dirigere altri. Ecco, in Metamorphosis Bevilacqua sembra abbracciare questo credo, dando vita a una sarabanda di situazioni, argomenti, tematiche, personaggi e icone che si potrebbe riassumere come: “Pollon incontra Freud in una puntata di Distretto di polizia con gli Avengers”. Sì, perché in questa storia che, come il titolo anticipa, ha come sottotesto il cambiamento – inteso, per estensione di concetto, come crescita, elaborazione del lutto e accettazione del proprio essere con tutte le storture del caso – l’autore frulla Ovidio, la mitologia greca, la psicanalisi e il thriller con un approccio stilistico che, se a livello visivo oscilla tra l’ironia grottesca dei manga, la spettacolarità delle tavole fumetto supereroistico americano e la precisione paesaggistica nel riprodurre gli scorci di Roma, in scrittura mutua intreccio e dialoghi dai ritmi delle serie TV, aggiungendo una veracità tutta romanesca che i personaggi, dai principali a quelli di contorno, indossano come un abito ben confezionato.

Realtà o sogno?

Guardando a posteriori all’opera omnia di Bevilacqua, sembra quasi che Metamorphosis, con la sua realtà che confina con l’onirismo e sfocia nel distopico, sia una specie di manifesto autoriale, dalle cui ramificazioni nascono poi il realismo romantico de Il suono del mondo a memoria, l’universo fantastico da fiaba nera di Lavennder e della saga di Attica, e la fine del mondo in atto di Troppo facile amarti in vacanza. Ed è proprio la coerenza narrativa – che concorre a una poetica ben individuabile, tesa alla ricerca di un futuro migliore, o semplicemente vivibile e sopportabile – a fare la grandezza di questo fumettista completo, che usa i generi con disinvoltura e disegna ogni volta personaggi tridimensionali e sfaccettati nei quali, in fin dei conti, non facciamo nemmeno tanta fatica a immedesimarci. Perché anche se spesso sono immersi in contesti lontani anni luce dalla nostra routine, e per questo fantastici e avvincenti, i malcapitati eroi di Bevilacqua hanno a che fare con le incarnazioni dei mostri contro cui sia l’autore che tutti noi lottiamo ogni maledetto giorno. Creature spaventose – dall’ansia alla solitudine, dall’insicurezza alla discriminazione, dall’oppressione di un passato ingombrante alla paura del futuro incerto – appostate nell’ombra di quella terra di nessuno (ma in realtà di tutti) che porta al cambiamento.

Giacomo Bevilacqua
Di keison – www.pandalikes.com, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25876638

Quindi un plauso a Bao Publishing per aver riportato in libreria quest’opera prima, oltretutto arricchendola di una colorazione che rende ancora più interessante l’aspetto visivo della vicenda, andando a tracciare confini netti tra piani narrativi che si alternano, si fondono e si scambiano. A sublimazione di un meccanismo che per ritmo e intensità, picchi drammaturgici e momenti di respiro, scelte di messa in scena e di montaggio, contrasti cromatici e stilistici, costituisce una macchina di intrattenimento perfetta, che non annoia e cattura dalla prima all’ultima tavola, unendo tutti i fili e lasciando lo spazio a buoni spunti di riflessione. Oltre a gettare le basi di un universo in cui, ogni volta, non si vede l’ora di tornare. Come insegna Quentin Tarantino, no?  

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