Nel nome del Padre, del Figlio e del Twitter Santo

Se la società cambia, la più redditizia associazione mondiale – la chiesa – si adatta! Quando, secoli fa, scomuniche e anatemi persero la loro efficacia, si passò alle strategie inquisitorie messe in atto da scienziati della chiesa muniti di tecnologiche ruote e tenaglie. Quando anche questo non diede più gli effetti desiderati, gli uomini di chiesa pensarono bene di rimettersi al passo con i tempi, e allora giù con immagini di avvenenti santini, statuette di madonne piangenti, pellegrinaggi organizzati che nemmeno la Alpitour, ora pro nobis elettromagnetici emessi dalla onnipresente Radio Maria, e tantissime altre diavolerie.

Ma anche questo, ahimè, nell’epoca di internet e dei computer non basta più! Allora il capo della più grande associazione (senza partita iva) ha la brillante idea di gettarsi a capo fitto nel mondo della tecnologia elettronica e del web. Eh si, perché il rosario elettronico non bastava… Indirizzato per lo più a un pubblico di casalinghe over 60, esso lascia scoperta una grande fetta di mercato: i giovani, chiodo fisso dei preti.

Più che tempi escatologici, questi per la Chiesa devono diventare tempi tecnologici, altrimenti il rischio è quello di perdere terreno e clienti, perché, diciamocela tutta, il prodotto maggiormente esportato dalla Chiesa Cattolica, La Salvezza, ha ormai perso di credibilità.

E adesso che le tavole della legge sono diventate tablet – ma solo nelle poverissime scuole salesiane finanziate dai soldi pubblici – il Santo Padre in persona si è deciso di tuffarsi nel mondo dei social network.

Quando due giorni fa ho sentito la notizia non riuscivo a crederci: «Benedetto XVI sbarca su Twitter». Mi sembrava una delle solite bufale, o qualche buontempone che si crea un account falso fingendo di essere qualcuno di importante. Anche perché, sinceramente, non riesco a credere che ciò possa essere davvero opera di un uomo di 85 anni, che scrive a mano i suoi testi e che nel 2005 ammoniva così dal suo scritto Il Dio di Gesù Cristo:

«L’uomo deve poter essere letto dal computer, e ciò è possibile soltanto se egli viene tradotto in numeri… La bestia è il numero che trasforma in numeri. Dio invece ha un nome e chiama per nome. Egli è persona e cerca la persona. Ha un volto e cerca il nostro volto. Ha un cuore e cerca il nostro cuore.»

Direi che ciò suona abbastanza incoerente con la notizia dell’ingresso del Pontefice in Twitter, tanto da farmi dubitare della sua veridicità. Dopo un attimo di iniziale smarrimento ho avuto paura che il Santo Padre avesse scambiato l’uccellino di Twitter per un altro tipo di uccelli, magari quelli con cui parlava San Francesco, e, mossa da una irrefrenabile curiosità, mi collego a Twitter per constatare – santommasianamente – con mano.

Non l’avessi mai fatto… Sono passata da uno stato d’animo curioso e divertito a una cupa preoccupazione per il Pontefice: «Ma chi me lo ha pfatto pfave??», si starà chiedendo dopo aver letto le centinaia di tweet che gli arrivano da gente che scalpita per mettersi in contatto con lui e porgli delle domande. Già me lo vedo il povero Pastore Tedesco con la testa tra le mani, seduto sul Santo Trono di velluto rosso, che si pone autisticamente la stessa domanda da due giorni: «Ma chi me lo ha pfatto pfave, se afefo già il vrosavrio elettvoniko??!!».

C’è chi gli chiede quando saranno disponibili le indulgenze e le benedizioni su Groupon, chi invece gli domanda se, dopo tutte quelle lettere, i Corinzi hanno mai risposto, oppure se l’Arcangelo Gabriele era un pioniere dell’inseminazione artificiale. Per fortuna, ogni tanto, spunta fuori qualche domanda che ha un alone di serietà: «perchè Gesù accettava tutti, mentre la chiesa discrimina gay e lesbiche?», «perchè non si può amare liberamente?».

Ho il sospetto, però, che Benedetto XVI non abbia ancora capito bene cosa siano i cinguettii di Twitter. Me lo fa intuire il fatto che fin’ora non abbia dato alcuna risposta, nessun segno di vita, speriamo che non abbia intenzione di scrivere a ogni morte di papa.

Da varie parti si vocifera che il primo santissimo tweet del papa sarà il 12-12-2012 – che, non per essere superstiziosi, diviso due fa 666. Inizialmente, i suoi messaggi compariranno in occasione delle udienze generali, saranno «perle di saggezza» non più lunghi di un versetto biblico – spiega Monsignor Carlo Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Ma in futuro i tweet papali «potrebbero avere una frequenza maggiore», anticipa una nota vaticana, e magari – aggiungo io – potremmo sperare che il papa risponda veramente a tutte le domande che gli vengono poste.

Riguardo a questo silenzio iniziale ho, però, una mia teoria: il Papa sta facendo crescere la suspance per fare in modo da avere più follower. L’obbiettivo? Avere più seguito del Dalai Lama, che ne conta 5 milioni e magari un giorno sperare di diventare più popolare di Lady Gaga, che ha 32 milioni di fan; attualmente i profanatori del sacro profilo sono circa 40 mila, ma crescono al ritmo di 20 al minuto.

Per Greg Burke, giornalista al servizio del Vaticano, Twitter è «parte importante del mercato delle idee e la Chiesa vuole stare là» – come se non fosse già fin troppo presente nel mondo reale, adesso si prepara all’invasione del mondo virtuale.

Il papa vuole stare ancora più vicino ai suoi «feteli» e immagina già i progetti per il prossimo futuro: App papali per Iphone e Android, suonerie polifoniche con le omelie, web cam puntate sul Santo Padre come nel Grande Fratello, video ricette del papa in collaborazione con Suor Germana…

E pensare che poco tempo fa la Chiesa, attraverso le pagine dell‘Avvenire, aveva scagliato contro la tecnologia contemporanea – in particolare gli Iphone – parole dure come pietre:

«Si tratta di dispositivi che riaccendono la fiducia nella magia. Come la bacchetta magica era in grado di produrre immediatamente apparizioni, trasformazioni, eliminazioni, così lo smartphone, protesi ubiqua e sempre attiva, sempre più leggera e maneggevole e quasi trasparente, ci consente di azzerare l’intervallo tra desiderio e realizzazione»

E la preoccupazione è come al solito per i poverelli, che non possono permettersi uno smartphone di ultima generazione.

 «La corsa all’ultimo modello sta producendo nuove forme di disuguaglianza che discrimina chi non possiede l’Iphone»

Come faranno allora costoro a seguire i papali cinguettii? Non si rischia così di creare discriminazioni? Non avranno mica in mente di chiedere poi i soldi, a noi o allo Stato, per comperare gli Iphone ai fedeli poveri???

Ammetto che l’affare inizia a turbarmi non poco!

Intanto followo pure io e poi magari penso alla mia domandina da fare al Pontefice, non si sa mai che risponda!

Phcredit: businesstech.co.za


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