Dominique Manotti – Vite Bruciate

Cosa può succedere quando le fabbriche smettono di essere luoghi di lavoro e diventano terreno di scontro per le strategie finanziarie di holding internazionali che ragionano a joint venture con l’unico e solo scopo di massimizzare il profitto e il controllo del mercato senza guardare in faccia a nulla?

La risposta non porta begli scenari, specialmente se a darla sono le operaie e gli operai di uno degli stabilimenti dove il risiko delle fusioni e dei giochi di potere da advisor è spietato.

Allora può succedere che ti chiami Rolande, ti trovi al turno di notte, tu e le tue colleghe, il solito neon, la stessa catena di montaggio che scorre, i pezzi del prodotto da assemblare, come sempre, e una di loro, una tua amica, muore fulminata, e quando ti crolla accanto la sua vita si è fermata mentre la fabbrica no.

No, non fai in tempo a capacitarti del fatto che sia successo lì, di fianco a te, che da una vita ci metti l’anima per non fuggire da quel lavoro che ti svuota, che ti aliena, e che adesso ti uccide anche. Non c’è spazio per il tuo dolore, perché il capo reparto tenta di calmare la situazione, dice di tornare ognuna al suo posto, perché tutto si sistema e gli incidenti capitano. Però, lì tutti capiscono che gli incidenti sono solo conseguenze dell’incuria di qualche dirigente che della sicurezza sul lavoro conosce solo gli opuscoli illustrativi..scoppia la rivolta, operai e operaie, insieme, occupano e protestano, fermano tutto, si riprendono il posto di padroni, quello che uno stipendio da fame li illude di aver lasciato.

I dirigenti, che vengono da Taiwan con i loro completi costosi, scappano dal caos nelle loro berline di lusso.

Ci si mette a cucinare, a curare il presidio, la fabbrica è un fortino inattaccabile, l’urlo contro l’ingiustizia è sempre più forte…però qualcosa di invisibile si muove dietro a tutto. Chi ha la pancia piena, da un’altra parte, su qualche costosissimo divano in pelle, valuta che in fondo lo stabilimento era a rilento, allora perché non trasformare la protesta in un’occasione? La risposta a questa domanda è fatta di una miriade di strani intrecci, di poteri che manipolano, colpi di scena, segreti e cinismo che ti piovono addosso come meteoriti, o come la vita, che a volte può non smettere di peggiorare.

Quando chi manovra i bottoni decide, il meccanismo che si innesca non prevede inceppamenti, e chi lo intralcia finisce schiacciato tra gli ingranaggi…tanto la polizia arriva sempre dopo, e mentre nella periferia si muore per la propria dignità,  nelle capitali c’è chi è seduto in tavoli apparecchiati a cristallo e seta, per disporre il prezzo e le condizioni, perché quelli laggiù sono solo poveracci che hanno smesso di essere uomini e che sono stati trasformati in cifre, di bilancio.

Le cose si complicano, ti domandi continuamente perché sta succedendo tutto così violentemente, ti viene il dubbio se e come ne uscirai, sai che non smetterai di combattere, perché se no vuol dire che un numero lo sei diventata o diventato davvero, ma cosa ci fai in un hotel di lusso a letto con un investigatore privato mezzo agente segreto e mezzo sicario? Sai solo che è per la fabbrica, il luogo dove in fondo c’è la tua casa, c’è il tuo lavoro, che spesso è anche una bella fetta della vita.

Ti chiedi se sei davvero dentro la guerra che va avanti senza esclusione di colpi, o se stai solo leggendo un libro: quando arrivi nello sbalordimento completo all’ultima pagina, corri alla prima e ti accorgi che la risposta c’era ma l’avevi letta di fretta: “Questo è un romanzo. Tutto è verità, tutto è menzogna”.

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Vite bruciate di Dominique Manotti, ed. Tropea, Milano, 2011, traduzione di Claudio Castellani

Lorraine Connection, ed. Rivages, 2006 (en poche, 2008), titolo originale

blog ufficiale dell’autrice: http://www.dominiquemanotti.com/

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