Sulle tracce di Piero

Quando Laura mi ha invitato a scrivere qualcosa sul blog mi è sembrata un’occasione del destino.

Conoscevo poco le zone natali di Piero, anche se avevo girato in lungo e in largo la Toscana e l’Umbria. Qual è il segreto che queste terre portano con se? Perché appaiono, meglio di altre, “terreno fertile”, quasi humus profumato di arte e paesaggio italiano?

Ci deve pure essere un filo misterioso e comune. Avviciniamoci allora a quello che vedeva il giovane Piero della Francesca nella sua ispirazione della natura incontaminata, del silenzio e dell’armonia che accomuna questi luoghi facendoci aiutare dai versi di una poetessa di Arezzo, Patrizia Fazzi1, per tre opere di Piero.

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Il mistero di Piero: La pala Montefeltro – Milano Pinacoteca di Brera

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La umanità profonda della Madonna di Piero: La Madonna del parto – Monterchi Musei

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Il paesaggio di Piero: L’adorazione del sacro legno – Arezzo, chiesa di S. Francesco

Non è facile entrare nel simbolismo di Piero, ma è facilissimo restare stupefatti davanti alla potenza delle immagini, delle espressioni, della luce e delle ombre, del colore della pelle, delle linee della prospettiva, degli sfondi e degli interni, curati nei minimi dettagli con sapienza matematica.

Il visitatore rimane affascinato da questa “presenza” nei luoghi e nelle cose, nel paesaggio e nelle chiese, prima ancora che nei musei. A maggior ragione non credo possa rimanere immune da questo fascino chi ha la fortuna di vivere in questi luoghi.
A Firenze ed in terra d’Arezzo sono fiorite botteghe e scuole della pittura del Rinascimento italiano che hanno trovato appunto il terreno più fertile, per la storia, per la tradizione e per la formazione che si tramandano generazione dopo generazione.
In una di queste botteghe, attraverso un vetro, vediamo tre ragazze intente a lavorare con pennellini piccolissimi sulla enorme pala d’altare di Giorgio Vasari. Una grande emozione desta il sapere che questo restauro si auto-finanzia con le visite di chi passa da li e con la illustrazione da parte delle stesse restauratrici, aiutate da un filmato, delle modalità e delle tecniche di restauro: ancora una volta la “presenza” di Piero ha fatto un piccolo miracolo, farci incontrare le amiche di Vasari 500 – RICERCA.

Questi sono incontri che ci piacerebbe fare ovunque, perché la ricchezza artistica e culturale dell’Italia permetterebbe che l’arte e l’ambiente diventino una consapevole e fondamentale risorsa economica e sociale. Ad oggi non è così perché non c’è ancora la capacità di fare sistema su questi valori. La conservazione e il restauro sono spesso ricondotti a logiche burocratiche dove la Sovraintendenza, il Ministero o altre Istituzioni operano in un’ottica di regolamenti spesso astrusi, di risorse sempre carenti e, spesso, di mancanza di coordinamento tra diversi soggetti.

A conferma di quanto dico cito tre esempi recenti.

I bronzi di Riace. Dopo anni e anni di cure finalmente i bronzi di Riace tornano ad essere esposti in piedi nel Museo archeologico di Reggio Calabria, magnificamente restaurato. Già si parla di volerli fare viaggiare con immensi rischi ma con profitti certi, è un modello che non va bene, le opere devono essere lasciate nei territori in cui sono state create o ritrovate, solo così si crea l’amore e l’humus di cui abbiamo parlato, necessari a sviluppare tra i giovani il senso di appartenenza che richiede solo rispetto e cura, oltre ad innervare una spirale virtuosa di turismo consapevole ed intelligente e di lavoro duraturo sul proprio territorio, cosa che in passato non è avvenuta nemmeno dopo il ritrovamento e l’esposizione dei bronzi.

Pompei ed Ercolano. La mostra su Pompei ed Ercolano ed il relativo documentario “Pompei” realizzato dal British Museum, ha avuto una enorme risonanza internazionale ed è incredibilmente curato dal punto di vista scientifico, presente e futuro. Si pensi che una delle principali apprensioni degli archeologi e degli studiosi inglesi è che gli scavi di Pompei ed Ercolano non proseguano oltre, poiché essendoci ancora sotto il 60-70% delle aree da investigare si rischia di danneggiarle irreparabilmente con scavi frettolosi o inadeguati, la loro preoccupazione invece è di salvaguardare questa opportunità per le future generazioni. La stessa cura e la stessa attenzione non potevano essere rivolte dalle stesse istituzioni italiane e territoriali che dovevano occuparsi di Pompei, quando sono avvenuti i primi crolli?

La Cattolica di Stilo. Infine la Cattolica di Stilo, uno dei rarissimi esempi di architettura bizantina nell’Italia meridionale, sarà restaurata perché scelta tra i luoghi del cuore del FAI grazie a ventimila segnalazioni. La cosa fa un grande piacere, tuttavia è passata quasi sotto silenzio dei media nazionali. Forse il FAI, in una logica di sistema e di rete, avrebbe dovuto divulgare di più e meglio la propria iniziativa, sul territorio e non solo tra i propri iscritti.

Per concludere, la territorialità è una risorsa fondamentale per tramandare l’amore, la cultura e l’arte dei bravissimi tecnici ed operatori del restauro, ma la capacità di fare rete o sistema, può rendere ricchi i territori anche socialmente ed economicamente meno fortunati, ma altrettanto belli e meritevoli di migliori stagioni della storia, almeno della storia dell’arte e del paesaggio.

1. Patrizia Fazzi, La conchiglia dell’essere (Poesie per Piero della Francesca) – Edizioni Polistampa, aprile 2011

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