Toponomastica femminile: via le disparità

La toponomastica è per definizione la scienza che studia i toponimi, ovvero i nomi dei luoghi, o il complesso dei nomi dei luoghi contestualizzati a una ristretta area geografica, amministrativa, linguistica.
Eppure  è molto di più: una vera e propria banca dati, un preziosissimo e spesso sottovalutato scrigno di informazioni che rappresenta e insieme ritesse la storia, la cultura e persino l’ideologia di un Paese, riproponendo gli eventi, i personaggi, i luoghi che hanno svolto un ruolo preponderante per la nascita o lo sviluppo di una specifica località come di un’intera nazione.

Ripercorrere le strade di una città significa ripercorrerne la storia passo dopo passo, dipanare un filo invisibile eppure infinitamente prezioso a coglierne l’essenza, la complessità stratificata di idee e di accadimenti che l’ha attraversata nei secoli, il processo di caratterizzazione, identificazione e trasformazione che ha sperimentato.

In quest’ottica, diviene facilmente intuibile il motivo della capillare presenza in territorio italico di vie intitolate a Garibaldi, Cavour o Mazzini, considerati i padri della patria, così come diviene comprensibile la ragione della centralità concessa in quasi tutte le località a vie dedicate a Roma, al Risorgimento, alla Repubblica, alla Libertà: la mappa geografica costituisce una simbolica mappa concettuale della storia d’Italia e il reticolo di strade sottende una rete di connessioni, residui, esistenze, passaggi.
Basterebbe guardarsi attorno meno distrattamente del solito per rendersi conto che ogni città porta fisicamente in sé le tracce della propria esperienza allo stesso modo del volto di un uomo.

Torino, per esempio, da residenza monarchica quale è stata pullula di odonimi savoiardi (Corso Re Umberto, Via Vittorio Emanuele II, Via Umberto I, Piazza Savoia, Via Vittorio Amedeo II, Piazza Vittorio etc.) ; Bologna “la rossa” abbonda di riferimenti comunisti o filosovietici (Via Stalingrado, Viale Lenin, Via Togliatti, Via Carlo Marx etc. ); la toponomastica Siciliana rivela nell’entroterra la dominazione araba ( Alcantara da Al-Qantar, Bagheria da baqar, Favara da fawwara, Marsala e Mazara da Marsa, Salemi da Salam etc. ); nelle vie del Salento e della Calabria riecheggia la cultura greca (Calimera, Camarda, Catona, Celidonia, Misicuri da Mesochoron etc.) : le pietre raccontano ciò che è stato, compongono, cristallizzano e sostengono insieme l’architettura della storia umana.
Una storia umana che, tuttavia, è taciuta per metà persino dalle pietre, dalle strade polverose e secolari dei borghi e da quelle asfaltate delle metropoli, dalle strade statali e da quelle provinciali, dai vicoli ciechi delle zone residenziali e dalle piazze delle piccole comunità montane. Una storia umana che disperde il segno della presenza delle donne, la metà femminile dell’umanità, nella sua trasposizione toponomastica.
Quasi restassero escluse dai luoghi in cui hanno abitato, dalla storia cui hanno partecipato attivamente, dalla vita che hanno vissuto . Quasi fossero comparse nella scena millenaria della Storia di un popolo quale è quello del Belpaese, in cui non appaiono, non riaffiorano, non rimangono incollate nemmeno alla memoria delle pietre. E delle strade.

La quantità di vie dedicate alle donne è irrilevante in proporzione a quella maschile e/o totale della toponomastica italiana, perché irrilevante è ritenuto il loro ruolo e il loro lavoro, anche quando importante e innovativo, anche quando internazionalmente riconosciuto e ampiamente studiato.
Così su  278 comuni lombardi traboccanti di storia partigiana si scoprono solo 7 vie dedicate alle donne, e tutte alla stessa: Nilde Iotti, con buona pace delle migliaia di partigiane che difesero le frontiere italiane e che resteranno anonime, al contrario dei loro compagni uomini. Così delle 114 strade titolate a Torino negli ultimi 14 anni solo 2 sono state dedicate a donne. E sempre così su tutto il territorio Nazionale gli odonimi femminili costituiscono tra il 3 e il 5% di quelli complessivi.
Un dato ridicolo, ma poiché al peggio non c’è mai fine se si va ad analizzare più nel dettaglio tale percentuale si scopre – con sgomento – che si tratta quasi sempre di sante, beate, martiri, madonne, in generale religiose, oppure parenti di patrioti (la moglie di Garibaldi; la madre di Mazzini) e regine (come nel caso già citato di Torino che ha titolato un’importante via a Madama Cristina).

Senza fare sterili polemiche, mi si concederà di rilevare che le regine come le madonne sono figure femminili difficilmente assimilabili all’universo delle donne comuni e che il loro riconoscimento veicola velatamente il messaggio di un’esemplarità anzitutto cristiana e ad ogni modo connessa al sacrificio, all’umiltà, alla remissività, quando non offuscata o ricondotta alla grandezza del parente maschio – dal marito re al figlio politico, mentre nulla rilevanza è concessa al merito delle loro azioni (com’è per una Montessori, per intenderci, fortunatamente in ascesa nelle mappe stradali) .
Per fortuna esistono le artiste e le benefattrici che hanno strappato un riconoscimento laico in alcune città: la protofemminista Sibilla Aleramo, il premio Nobel Grazia Deledda, la scrittrice Ada Negri, l’attrice Eleonora Duse, la cantante lirica Maria Callas e altre. Mancano moltissime donne all’appello, e intere categorie di donne.

Ma – per restare in tema – qualcuno ha tracciato la via: nel 2012 Maria Pia Ercolini ha fondato su Facebook il gruppo Toponomastica Femminile,  “con l’idea di impostare ricerche, pubblicare dati e fare pressioni su ogni singolo territorio affinché strade, piazze, giardini e luoghi urbani in senso lato, siano dedicati alle donne per compensare l’evidente sessismo che caratterizza l’attuale odonomastica“.

A questo scopo è stato effettuato un censimento di tutte le strade d’Italia, sono stati iniziati e approfonditi i percorsi di ricerca su singole donne o interi gruppi, sono state operate campagne di sensibilizzazione e proposte numerose iniziative, delle quali vogliamo segnalare “Sulle vie della parità”, realizzata in collaborazione con la Federazione Nazionale degli Insegnanti (FNISM) e incentrata su un lavoro di ricerca-studio nelle scuole di ogni ordine e grado per la riscoperta dell’impegno femminile, e “8 marzo 3 donne 3 strade“, con la quale si è richiesto ad ogni sindaco d’Italia di intitolare 3 strade della propria città a una donna di quella data località, ad una italiana e ad una straniera in ricorrenza della giornata della Donna, progetto che ha ottenuto un buon consenso e che ha trovato notevole diffusione tramite i media.

Con la recente scomparsa di importanti donne di cultura sono poi partite piccole campagne a sostegno di vie intitolate a Margherita Hack, a Rita Levi da Montalcini e a Franca Rame, come la proposta di realizzazione di una mostra fotografica che denunci il maschilismo implicito alla toponomastica e dia maggiore visibilità a questo notevole tentativo al femminile di riassestare un terreno frastagliato dalle disparità, che tra convegni e appuntamenti, progetti presenti e futuri e un’incredibile tenacia si sta letteralmente facendo spazio in Italia.

Si è detto finora che il ventesimo è stato il secolo delle donne, ma anche il ventunesimo sembra colorarsi di rosa vivissimo, a dimostrazione che nonostante millenni di segregazione, emarginazione, repressione e discriminazione, le donne riescono sempre, in un modo o nell’altro, a trovare una via…d’uscita.

Bari, Ceglie Messapica

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*Per informazioni si rimanda al sito www.toponomasticafemminile.com e alla pagina Facebook Toponomastica Femminile

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