Jules Verne, in viaggio tra scienza e fantasia

Esplorare mondi sconosciuti a ventimila leghe sotto i mari, fare il giro del mondo in ottanta giorni guardandolo dall’alto di una mongolfiera, scendere nei meandri del sottosuolo per un viaggio al centro della terra. Sembra impossibile, eppure si può. Basta prendere tra le mani uno dei volumi di Jules Verne per immergersi in una serie di avventure in cui storie impossibili diventano avventure realizzabili grazie al perfetto connubio di scienza ed invenzione. Considerato da molti il padre del genere fantascientifico, Jules Verne nasce l’8 febbraio del 1828 a Nantes e viene indirizzato fin da subito alla carriera di avvocato dal padre, giurista anche lui. Tuttavia, proprio al momento dell’arrivo a Parigi, nel 1847, l’autore mostra i primi segni di un nascente interesse per la letteratura, fino a quando nel 1848 non arriverà addirittura ad affermare “posso essere un buon letterato, ma non sarò che un cattivo avvocato, vedendo nelle cose solo il lato comico e la forma artistica e non considerando la realtà seriosa degli oggetti”. (Jules Verne,Dekiss)

Da questo momento in poi comincerà un processo di crescita continua e costante che porterà Verne ad elaborare quello speciale modo di fondere insieme scienza e finzione e che lo porterà ad essere considerato come il fondatore di un genere assolutamente nuovo ed innovativo.http://start.iminent.com/StartWeb/1040/toolbox/#q=jules%20verne&s=images&p=1

È possibile individuare nella produzione verniana due momenti ben distinti tra loro: le prime produzioni, principalmente brevi racconti solitamente volti alla pubblicazione su riviste e gli anni dei grandi romanzi, quelli per cui la maggior parte di noi lo conoscerà. Seppur distinte tra loro, le due fasi presentano un comune denominatore che si rivelerà come il tratto distintivo delle opere di Verne: tutte le opere sono caratterizzate da una nota di veridicità che è il risultato di ricerche scientifiche e matematiche ben precise.
E se la ricerca di veridicità è alla base della scienza verniana, non possiamo certo trascurare ciò che fa da base all’altro polo centrale delle opere dell’autore: la dimensione del viaggio. Che si tratti di breve o lunghe tratte, di posti conosciuti o ignoti, di ambientazioni con sfumature gotiche o di città simbolo del nuovo panorama post-rivoluzionario, tutti i protagonisti delle opere di Verne sono coinvolti, costretti o desiderosi di mettersi in viaggio. La spinta a partire, esplorare è sintomo di un desiderio fortemente autobiografico e già rintracciabile nella via dell’autore all’età di undici anni, momento della sua fuga da casa. Viaggio, dunque, come voglia e necessità di evasione da una realtà familiare troppo rigida e severa e allo stesso tempo come sinonimo e pretesto di esplorazione. Verne vive appieno gli anni dopo la rivoluzione, segue e sente le storie di una Francia che si apre alle conquiste di nuovi territori carichi di esotismo e completamente nuovi: Africa, Asia, Madagascar. L’autore si ritrova circondato e bombardato da impulsi provenienti da tanti e nuovi orizzonti che sarà capace di afferrare e rimodellare con impeccabile maestria, fino a farne lo sfondo perfetto per le situazioni bizzarre e fantastiche che popolano la sua opere. Realismo nella minuziosa e precisa descrizione dei particolari, ma allo stesso tempo alone di mistero che copre e circonda questi luoghi inesplorati fisicamente, ma tastati fino all’ultimo millimetro grazie al filtro dell’immaginazione.

Mastro Zacharius o l’orologiaio che aveva venduto l’anima è considerato, tra i racconti appartenenti al primo periodo di produzione dell’autore, come il lavoro meglio riuscito. Si tratta della storia di un orologiaio convinto di non poter morire perché si considera il creatore del tempo.

” No, non posso morire così come non può farlo il creatore di questo universo sottoposto alle mie leggi; sono diventato un suo pari e ho condiviso la sua potenza: se Dio ha creato l’eternità, Mastro Zacharius ha creato il tempo”.

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Accompagnato in molte edizioni da altri racconti dello stesso periodo, o di poco successivi, come M.Ré- dièze et M.lle Mi-bémol et Il dottot Ox, il testo presenta alcune tematiche di fondo che i successivi romanzi dell’autore svilupperanno perfezionandoli e smussandone le forse troppo forti tendenze verso il fantastico. Al centro di tutto c’è sempre uno stesso schema di base: un protagonista che riprende la figura del padre severo, ma caratterizzato da una volontà troppo forte di spingere oltre i limiti dell’umano e una coppia di giovani vittime di un amore impossibile. Sempre centrale l’idea del viaggio che in questi primi racconti si presenta come chiara metafora di un itinerario interiore che i protagonisti devono compiere per arrivare alla liberazione finale. E se di una chiara metafora si tratta, molto meno chiari appaiono al lettore i luoghi descritti da Verne: aride montagne, un bosco tortuoso e buio da attraversare. Il tutto descritto con grande cura dei dettagli, che si presenta come attenzione tutta volta alla creazione di una patina misteriosa che porta il lettore ad immergersi insieme ai protagonisti in un clima di mistero e irrisolutezza.

Centrale in questi primi racconti è l’elemento dell’uomo-macchina: il protagonista-creatore desideroso di andare al di là di quelli che sono i limiti dell’umano, si spinge talmente oltre da diventare egli stesso la macchina o lo strumento che ha progettato. Unica soluzione a una simile trasformazione che si volge in tragedia, è la distruzione del protagonista e della sua stessa creazione.
La scienza è alla base di tutte queste vicende e viene osservata ed analizzata secondo due prospettive differenti: da un lato chiave di volta per il progresso e dell’altro causa del malessere dell’uomo e proprio perché tale necessita di quel pizzico di fantasia che rende le cose un po’ meno chiare, ma conoscibili entro i limiti delle capacità umane.

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Il fantastico in Verne diventa, allora, una sorta di passaporto che permette di viaggiare non solo da un luogo ad un altro, ma anche da un universo all’altro restando comodamente seduti. Questo è esattamente ciò che avviene nei Viaggi straordinari.
Pensati come una raccolta di 54 romanzi scritti tra il 1863 e il 1905, il corpus verrà ampliato nel corso degli anni grazie all’aggiunta di altre opere postume, in totale 18 nuovi racconti, inseriti dal figlio dell’autore nel primo decennio del Novecento. Intento primario dell’autore è quello di creare un’opera che sia il sunto di tutte le conoscenze della scienza moderna proposte in una forma più attraente. È così che nasce l’idea di fondere insieme la minuzia descrittiva per i processi scientifici, lo sguardo di costante meraviglia verso le novità del nuovo mondo e lo spirito di avventura che muove i personaggi verso l’esplorazione e la scoperta.

Tra i titoli più importanti della raccolta troviamo i famosi Viaggio al centro della Terra, Cinque settimane in pallone, Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in ottanta giorni. Comune in tutti e ripreso dai primi racconti di cui abbiamo parlato, è il tema della macchina. Anche questo visto con un duplice sguardo. Da un parte c’è interesse e curiosità verso il frutto di tanta innovazione e, dall’altra, paura e timore per questa stessa novità che va forse troppo oltre. Ancora al centro il tema del viaggio che si fa sempre più spazio nella scrittura di Verne fino a diventare il fulcro centrale dei suoi grandi romanzi. Nonostante gli sviluppi di questa tematica, rimane percepibile tra le righe la metafora del viaggio interiore, anche se quasi offuscata dall’attenzione al lato più scientifico e di scoperta di questi viaggi. Proprio a questo carattere di scoperta si deve il merito del successo di queste opere. La ricchezza di informazioni ha fatto sì che tali romanzi venissero considerati quasi come vere e proprie enciclopedie. Anche se circondati da un’aurea di fantastico, le storie di Verne permettono al lettore di accedere a tutta una serie di conoscenze che interessano i campi più disparati del sapere: biologia, geografia, cartografia, astronomia.

Ciò che viene fuori dalla lettura delle opere di Verne è la visione di una produzione che si fonda su una dicotomia costante di scienza e fantasia. A questo autore va il merito di aver unito insieme due termini tanto distanti, ma allo stesso tempo talmente vicini da riuscire a creare un unico universo; quello fantascientifico. I romanzi di Verne sono un esempio di come una penna e una pagina bianca possono diventare il miglior mezzo di trasporto per un viaggio che superi i confini geografici e mentali.

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