L’isola che brucia – Intervista a Emma Piazza

Emma Piazza

Quest’estate sono andata alla presentazione di L’isola che brucia, romanzo d’esordio (edito da Rizzoli) di Emma Piazza, classe ’88, che vive a Barcellona dove lavora come scout letterario. Interessata dalla presentazione ho letto L’isola che brucia durante le ferie, e forse sarebbe meglio dire che il libro l’ho letto tutto d’un fiato. È un thriller che indaga sul senso delle origini, tra legami familiari e ritorni. Thérèse, la protagonista, vive a Lisbona, ha rotto con il suo ragazzo da cui aspetta un figlio. Una protagonista lacerata dai dubbi e dalle mancanze, ma soprattutto da una scelta: tenere o non tenere il bambino? Sono dei passaggi che descrivono benissimo il senso di smarrimento che i giovani provano oggi davanti al precariato e all’instabilità. Un giorno Thérèse riceve una telefonata: è la zia Louise che la chiama dalla Corsica. La nonna ha deciso di dividere le proprietà e vorrebbe intestare una casa alla nipote. Occorre solo che Thérèse vada in Corsica per firmare gli atti. Thérèse, inizialmente, non è molto convinta di andare. Non sente suo padre da mesi e con la zia e la nonna non ha mai avuto un vero e proprio rapporto, ma alla fine parte. Fa ritorno nella solitaria e misteriosa Corsica dove dovrà fare i conti con il passato e con sé stessa.
Entusiasmata dalla lettura che mi ha ricordato per certi versi Ninfee nere di Michel Bussi, ho deciso di intervistare Emma che ci ha raccontato un po’ di curiosità sul suo romanzo d’esordio e sul suo lavoro.

Ciao Emma! Intanto grazie per avere accettato l’intervista! L’isola che brucia è un thriller che abbraccia tante tematiche: il mistero è legato ad affari di famiglia. Quando ti è venuta l’idea per scrivere il romanzo?
Ciao! Grazie mille a te per avermi proposto l’intervista! L’idea mi è venuta in Corsica, durante una visita a mio padre. La Corsica è un luogo anomalo, la bellezza del posto stride con le sue contraddizioni, insomma, la location perfetta per un libro con una punta noir!

L’ambientazione che hai scelto è, di certo, misteriosa. Grazie alle tue descrizioni l’hai reso un posto bellissimo, ma carico di suspense e tensione. Perché Cap Corse?
Il Cap Corse è la terra di mio padre. Con gli anni ho imparato a studiarne le sfumature e a capirne la natura profonda. Ho scelto un posto che conosco bene perché volevo che l’ambientazione fosse uno dei protagonisti del libro, in modo che tutta la trama risultasse più avvincente e carica di tensione.

Thérèse, la protagonista, è una ragazza che vive lontana dagli affetti, in più è anche incinta. Sono bellissimi i pezzi in cui la fai parlare di sé e della sua situazione, senza filtri. Oggi è difficile trovare un posto in cui si vivrà per sempre, credo che la nostra sia una generazione mobile. Come la pensi a riguardo?
Grazie, per i complimenti. Penso che sia vero per molti, soprattutto nella nostra generazione. Io, come tanti, sono partita a 19 anni e non sono più tornata alla mia città di origine, anche se nella vita non si sa mai, a volte il destino sbanda di colpo e ti ritrovi al punto di partenza… comunque penso che il mondo sia grande e vario e valga la pena spostarsi. È vero, a volte bisogna rinunciare a qualcosa però, per quanto mi riguarda, la curiosità è il motore della mia vita: indispensabile.

«Queste notti sono state rivelatrici. Mi hanno mostrato un mondo che esiste dietro al mondo, mi hanno insegnato come farne parte senza averne paura. Esiste sempre qualcosa che non conosciamo, verità che qualcuno ha celato dietro muri spessi di bugie, un universo parallelo dove vivono fantasmi e verità diverse, storie che noi ignoriamo. Loro continuano la propria esistenza trasparente, noi la nostra. Ma a volte capita di incrociarsi, e bisogna essere pronti a inoltrarsi in un nuovo mondo dove anche noi occupiamo un posto diverso. Dobbiamo essere in grado di occupare quel posto. Accettare di essere sempre stati qualcosa che non sapevano di essere.» Scrivi così ne L’isola che brucia. Il tuo romanzo parla soprattutto di origini, dell’oscillazione tra l’accettazione e il rinnegamento di queste. La lontananza da un luogo d’origine quanto influenza il pensiero su di esso?
Molto, direi. Più che la lontananza dal mio paese d’origine ha influenzato il fatto di avere metà della famiglia in un altro paese, e in più un luogo con una fortissima identità, come la Corsica. Quando ho iniziato a capire questo popolo, a studiarne le differenze con la nostra cultura, e penetrare un po’ di più nella loro mentalità, è stato come guardarmi a uno specchio impolverato: ho riconosciuto il mio riflesso dietro qualche strato di polvere.

Tu lavori in un’agenzia letteraria come talent-scout. Quindi, leggerai tantissimi libri ogni giorno. È stato difficile conciliare la scrittura con il tuo lavoro? Ti è capitato di pensare di essere influenzata dalle tue letture? Ci parleresti un po’ del tuo lavoro?
Certo. In poche parole, io ricevo i libri italiani e spagnoli che stanno per essere pubblicati in Italia o Spagna, ossia dai loro primi editori, e scovo i libri più forti perché siano tradotti all’estero. L’agenzia per la quale lavoro ha 16 clienti che sono editori internazionali, uno in ogni paese, e loro ci pagano per ricevere i nostri pareri sui titoli in modo che possano comprarne i diritti prima degli altri editori nel loro paese, battendo la concorrenza.  Un po’ complicato, forse, per dirla in maniera più semplice leggo tutto il giorno libri italiani e spagnoli e do un mio giudizio riguardo alle possibilità che hanno quei libri di vendere all’estero. Questo lavoro è conciliante con la scrittura, mi aiuta a capire bene il mercato, ma soprattutto non esiste un’altra maniera di imparare a scrivere che leggere. Ho sempre letto molto, anzi, moltissimo, e le mie letture sono state la mia scuola di scrittura creativa.

Quali sono i libri a cui devi di più per il tuo romanzo?
Non saprei, è una domanda difficile perché non ho un vero e proprio modello per questo libro. Forse il romanzo che mi ha più influenzata è La sostanza del male di D’Andrea, anche se il mio libro è difficilmente classificabile in un genere preciso e, di conseguenza, direi che è un mix di varie influenze e cioè delle migliaia di libri che ho letto nella mia vita.

Ultima domanda, a quando il prossimo romanzo?
Bella domanda! Il secondo libro è difficile, voglio aspettare di avere l’idea giusta, voglio che sia un libro che mi rappresenti completamente, che sia perfetto dall’inizio alla fine. Quindi immagino aspetterò il tempo quello che c’è da aspettare, anche anni, se necessario.

Grazie mille!

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