Il mondo come grande sintassi. Sogno bianco di Gabriele Romagnoli

Sono sicuro che anche voi, come me, avete le vostre letture sicure. Non per forza le preferite, anche se spesso coincidono, ma quelle dove andate sul sicuro: libri su libri, ed editoriali magari, contributi di vario tipo scritti dalla stessa penna, o dallo stesso computer, che non vi deludono mai.

Tra le mie c’è sicuramente Gabriele Romagnoli. Il primo amore quel Solo bagaglio a mano letto su un aereo, come non potesse essere altrimenti. Il dono della semplicità, con la denuncia di noi che andiamo in pizzeria per mangiare sempre la stessa pizza, prigionieri della routine e di noi stessi. Poi, andando a ritroso sulla stessa scia, le vite di Passeggeri, la bellezza di storie che ci passano sempre accanto, qualche volta attraverso.

Gabriele Romagnoli
Gabriele Romagnoli

E la sorpresa, oggi, di vedere un’opera alquanto diversa, una scommessa editoriale su un tema su cui abbiamo scommesso troppo, trovandoci in bancarotta senza saperlo. Sì, perché Sogno bianco, uscito recentemente per Rizzoli, è insieme una saga familiare su tre piani storici e un romanzo che parla di ambiente, tema attualissimo e insieme poco toccato dalla narrativa, distopie a parte.

Distopie che sono quanto di più lontano dall’attualità e dal senso delle cose di Romagnoli. Inutile cercare scenari da fine del mondo, bersagli ideologici, iperboli a sostituire allegorie facili: le storie che ci racconta Romagnoli ci riportano a scenari da Grande Guerra vissuta nella periferia del conflitto, alla costruzione di una seggiovia, a un attacco hacker come performance e come denuncia.

Tra le due famiglie, i Motta e i Duran, che si alternano in ognuno degli episodi del romanzo, si staglia come protagonista assoluto il ghiacciaio, parte di una natura che non è benigna o matrigna, ma che nel suo riconoscere solo le sue leggi immutabili e perenni, così lontane rispetto a noi, è il personaggio chiave dell’opera. Protagonista, antagonista, sono distinzioni dettate da quello che pensiamo possa essere il nostro ruolo del mondo. Scuole di scrittura e trattati di narratologia ci insegnano che il protagonista di un romanzo è tale se la storia lo porta a un cambiamento, effettivo o tentato, dettato dal desiderio o dal bisogno. Inutile entrarci in guerra, impossibile ogni conflitto: il ghiacciaio del Sogno bianco di Romagnoli cambia nella sua consistenza, nella presenza, nel ruolo che ricopre nelle vite umane degli abitanti a valle, ma la sua presenza come dato assoluto nelle vite dei personaggi della storia lo cristalizza e lo rende eterno.

E cosa possiamo fare noi? Impossibile qualsiasi compromesso, vani gli sforzi di impossessarci, a nostro modo, di un ghiacciaio che diventa rifugio, metafora, incubo, attrazione turistica senza mai definirsi in una forma unica che non sia se stesso. Certo, ormai l’abbiamo capito: per entrare in empatia con un fenomeno politico, sociale, scientifico, non escluso quello ambientale, dobbiamo trasformarlo in storie da raccontare, che generino empatia ed interesse. Ma le storie, che esistono in quanto hanno un inizio e una fine, appartengono a noi umani: ambiente e natura, che sia un ghiacciaio o questo mondo che abitiamo, formano la grande sintassi, l’unica che possiamo usare. Finché potremo.

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