Striscia la Notizia: 30 anni di egemonia culturale

Via Radio Birikina

Il fatto non è che ci siamo abituati, ma che proviamo una sorta di assuefazione. Politici che fanno gli showman, informazione che fa spettacolo, comici che diventano gli unici maître à penser credibili di questo paese. Nel mondo liquido teorizzato da Zygmunt Bauman, la politica, l’informazione e lo spettacolo hanno perso qualsiasi linea di demarcazione, almeno in Italia. Diventando accessibili per tutti, certo, ma perdendo quel senso delle istituzioni e di aspirazione verso l’alto che le hanno sempre caratterizzate.

Prendiamo Striscia la Notizia, che giunge oggi alla veneranda età di 30 anni dalla sua prima messa in onda. La prima puntata vedeva già alla guida Ezio Greggio, coadiuvato da un altro protagonista del Drive In come Gianfranco D’Angelo, e venne trasmessa su Italia 1. Si stavano avvicinando gli anni 90, gli anni del berlusconismo e della democrazia del telecomando, gli anni dei tribuni del popolo come il primo Sgarbi e Funari.

Via Libero

Antonio Ricci, l’autore di Striscia, ha anticipato i tempi con la figura più energica e viva di fine millennio, l’eroe di cui avevamo bisogno, nostro malgrado: il Gabibbo. Il Gabibbo è l’esaltazione e insieme la parodia di chi vuole spaccare lo schermo televisivo per urlare la sua rabbia. Il Gabibbo siamo noi che, sotto la sua maschera da pagliaccio, vogliamo dirne quattro a chi sappiamo, che ci indigniamo, che ce la prendiamo con tutti senza voglia di approfondimenti, distinguo o alcun tipo di senso critico. Il Gabibbo è lo sfogo, la vendetta impossibile, la comica finale.

La segnalazione a Striscia è stata vista per anni come la più potente arma a disposizione del cittadino. Più veloce della giustizia italiana, più vicino al popolo, più empatico verso un mondo stufo di guardare dal basso verso l’alto. E pazienza per il conflitto d’interessi, per la spettacolarizzazione sempre e comunque, per la poca credibilità di certe inchieste, per la falsa convinzione che sono tutti uguali, signora mia:  il Gabibbo si è posto da subito come pupazzo vero contro una politica di pupazzi, e l’operazione è funzionata, suo malgrado, dannatamente bene.

 

Via SanremoNews

Il Movimento 5 Stelle, i vaffa, le polemiche sui Social, l’infotainment sempre più spinto sono tutti figli del Gabibbo, e gli altri giù a rincorrerli. La stessa classe politica, dopo aver subito umiliazioni e sfottò dalla trasmissione di Antonio Ricci, ha perso l’aurea che la poneva elitaristicamente sopra il cittadino. Il Re è nudo, e lo ha spogliato il Gabibbo, per poi consegnargli il famigerato “Tapiro d’oro”. L’altra faccia della medaglia è la ripresa e la rivendicazione di certi stilemi, il vaffanculo come dialettica, la rozzezza di argomentazioni come pretesa di genuinità. La politica ha una sola lingua, monotona, e ricorda quella del pupazzo più famoso d’Italia, quella sdoganata da Striscia la Notizia. Quella che riprende l’impianto dissacrante del Drive In e lo ripropone per spiegare il mondo, la filosofia di chi pensa che la filosofia sia roba da “besughi”.

Certo, la televisione ha perso il suo primato sull’opinione pubblica, diventando un satellite di una galassia che vede internet al centro e tutto il resto intorno, in direzione più o meno centrifuga. Ma per capire l’onda lunga degli anni ‘90 che si ripercuote ancora oggi, tra nostalgie e restaurazioni, non possiamo prescindere da un programma il cui metodo è diventato egemonico: Striscia la Notizia, la voce dell’inconsistenza, come recita il suo più recente sottotitolo. L’inconsistenza di chi guarda il mondo da una maschera da pagliaccio, quella del Gabibbo. L’inconsistenza di tutti noi.

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