The Milk System – Cosa si nasconde dietro l’industria del latte?

Pluripremiato nell’ambito di numerosi festival europei e in occasione dell’ultima edizione di Cinemambiente a Torino, The Milk System rivela la scandalosa realtà che si cela dietro l’industria casearia, denunciando un sistema di produzione nocivo per animali ed esseri umani, oltre che per l’ambiente in cui viviamo (come per ricordarci che tutto è interconnesso). Il documentario del regista Andreas Pichler ci porta in giro per il mondo alla scoperta dei reali costi del latte, in termini economici e di salute e ciò che apprendiamo non è affatto rassicurante.

La storia che la televisione ci ha raccontato a partire dal secondo dopo guerra, ormai, non regge più. Per anni, infatti, il latte è stato pubblicizzato e quindi venduto come un prodotto altamente nutriente, naturale, sinonimo di benessere ed elisir di lunga vita. Oggi, però, anche grazie a lavori come The Milk System, sappiamo che non è così. Dietro ogni cartone di latte, ogni bicchierino di yogurt o confezione di formaggio, prodotti in allevamenti intensivi con metodi industriali, si nascondono sofferenza, sfruttamento e inquinamento oltre che, ovviamente, una bassissima qualità del prodotto finito. Le interviste di Pichler sono ben costruite e hanno tutte un punto da (di)mostrare: farci capire che quella del latte è un’industria come tante altre, che considera gli animali come strumenti da maneggiare a piacimento per un unico fine: fare profitto. Si scopre così che a guadagnarci sono solo gli alti dirigenti di aziende multinazionali europee che vendono prodotti a basso costo in Cina, nel Sud-est asiatico e in alcuni Paesi dell’Africa come il Senegal. Che sia questa la vera nuova forma di colonizzazione? Eppure, quelli che ci rimettono sono molti di più. Ci sono gli allevatori che protestano perché i prezzi del latte al litro sono troppo bassi e a malapena riescono a coprire le spese di produzione (il prezzo varia dai 26 ai 40 centesimi di euro per litro). Il commercio del latte è diventato particolarmente feroce, per alcuni un business da miliardi di euro, per altri, però, una spada di Damocle che ha portato al suicidio di moltissimi agricoltori soffocati dalle logiche di un mercato spietato. Ci sono le mucche, destinate a una vita di sofferenze indicibili, costrette a sopportare una gravidanza dopo l’altra solo per produrre di più: se in generale l’età media di una mucca è di circa 20 anni, quelle impiegate negli allevamenti intensivi a malapena arrivano ai primi 5 anni di vita. Delle ruminanti macchine da mungitura, insomma. Ci siamo noi, consumatori spesso ignari di ciò che si cela dietro quello che acquistiamo e di cui ci nutriamo.

E infine ci sono le grandi sfide globali, la sicurezza alimentare di quasi dieci miliardi di persone nel 2050, l’inquinamento di terre e falde acquifere, la deforestazione e i cambiamenti climatici, di cui le emissioni di metano provenienti dagli allevamenti intensivi sono una tra le maggiori cause. E se un miliardo di cinesi cominciasse a consumare latte agli stessi livelli di un europeo o di uno statunitense? È abbastanza scontato che, con questi numeri, il nostro sistema socio-ecologico collasserebbe, poiché vivremmo in ambienti talmente inquinati che quelli in cui siamo oggi, a confronto, sembrerebbero un paradiso terrestre. Sapevate, infatti, che per produrre un litro di latte industrialmente si producono circa tre litri di liquami? Viene anche da chiedersi, inoltre, se il latte sia veramente un alimento così sano e prezioso. Se per una sostanziale riduzione di carne rossa dalle nostre diete anche l’OMS si è pronunciata positivamente, non si può dire che vi sia lo stesso livello di diffusa consapevolezza sugli effetti del consumo di latte e latticini sul nostro organismo. Eppure, come il regista ci mostra, gli studi ci sono e la certezza che il latte combatta malattie quali l’osteoporosi è messa sempre più in discussione: «è paradossale che i Paesi con il più alto consumo di latte abbiano il maggior numero di fratture ossee», sostiene Walter Willett, della Harvard T.H. Chan School of Public Health in un’intervista rilasciata al regista. Il dato di fatto, comunque, è che il consumo di prodotti caseari, specie quelli lavorati e trasformati industrialmente, continua a crescere. The Milk System, però, non si ferma a sciorinare numeri e dati su quella che potrebbe essere considerata una problematica senza soluzioni. Il regista, infatti, ci spinge a riflettere su quali possano essere le alternative agricole e alimentari possibili e soprattutto sostenibili a livello salutistico, ambientale e sociale.

Una possibile alternativa nel documentario è rappresentata da Alexander Agethle, allevatore e contadino moderno che in Alto Adige porta avanti il suo modello di fattoria biologica dopo essersi laureato in agraria e aver rilevato l’attività di famiglia. La sua è una vita in simbiosi con la terra e con gli animali, faticosa ma anche redditizia, economicamente e soprattutto umanamente. Dopo un inquietante quadro del sistema produttivo lattiero-caseario globale, la conclusione del brillante documentario è un inno al chilometro zero, alla riscoperta del senso di comunità e al rispetto dei ritmi naturali: questi, secondo Alexander e Andreas, sono gli ingredienti essenziali per un cambio di rotta possibile e quanto mai necessario.

Photocredit: www.comingsoon.it, www.animalequality.it, ciboprossimo.net, filieracortacremona.it

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