L’annusatrice di libri – Leggere con l’olfatto

Madame Bovary, due secoli fa, si era fatta sopraffare dalle storie dei romanzi al punto tale da morirne. Ne nacque una malattia letteraria chiamata, appunto, bovarismo.

«Prima di sposarsi, Emma aveva creduto d’amare; ma la felicità che avrebbe dovuto nascere da quell’amore non era venuta e pensava che doveva essersi sbagliata. Ella cercava, ora, di sapere che cosa volessero esattamente dire, nella vita, le parole felicità, passione ed ebbrezza, che le erano sembrate tanto belle, lette nei libri».

Emma, protagonista tanto detestabile quanto ingenua e un po’ mediocre, era così assuefatta dai romanzi da non riconoscere più la realtà. Anzi, la trasformava proprio per le parole lette nei libri. Ho ripensato a lei durante la lettura de L’annusatrice di libri, romanzo di Desy Icardi edito da Fazi Editore. La storia è totalmente diversa, certo, ma il punto di ricongiungimento sono loro, i romanzi.

Adelina ha quattordici anni ed è stata mandata dal padre a Torino dalla ricca, ma parsimoniosa, zia Amalia per frequentare una scuola per signorine gestita da suore e preti. È il 1957 e Adelina è costretta ad abbandonare le colline del Monferrato e l’agiatezza in cui viveva soltanto per un capriccio del padre che, arricchitosi grazie al lavoro di autotrasportatore, allontana la figlia da casa soltanto per evitare che qualche giovanotto si approfitti non solo di lei, ma anche del suo patrimonio.

«A casa sua, sulle colline del Monferrato, le cose da gente ricca erano nuove fiammanti come il frigorifero laccato di bianco che sua madre aveva fatto arrivare da Milano, o il televisore Phonola che suo padre aveva acquistato l’anno precedente e che era l’invidia di tutto il paese. Quella scuola, invece, di ricco aveva soltanto qualche remoto ricordo, come gli ampi scaloni di pietra e le imponenti colonne dell’atrio, tutte stinte e scrostate al pari delle pareti del refettorio.»

Oltre alla scuola malmessa, Adelina si ritrova a confrontarsi con compagne più agiate, ma anche molto più brave di lei a scuola. La ragazzina, infatti, si applica ma con scarsi risultati e il reverendo Kelley, il suo burbero insegnante, non esita a farle notare i suoi limiti. Un giorno, durante un’interrogazione in cui Adelina fa scena muta, il reverendo chiede a Luisella Vergnano, figlia di un notaio di piazza Solferino e ottima alunna, di aiutare Adelina a studiare I promessi sposi. Arrivata a casa della compagna, Adelina si strugge ripensando ai libri che aveva letto durante l’infanzia, il padre le aveva regalato La piccola biblioteca delle fanciulle che conteneva Pattini d’argento, Pollyanna, Piccole donne… «Ogni sera, nel suo letto, Adelina aveva divorato con grande soddisfazione decine e decine di pagine: perché da quando si era trasferita a Torino non ne era più capace?»

A casa di Luisella, la ragazzina prova a concentrarsi e in un attimo è pervasa da una fragranza salmastra. Non sa da dove provenga fino a quando non prende in mano Le notti bianche dalla libreria della compagna. In un attimo è come se conoscesse tutta la storia e ne percepisse gli odori. La stessa cosa le accade quando prende in mano la copia de I promessi sposi di Luisella. Anche questa volta, Adelina sente«un odore fortissimo, un sentore acidulo e sgradevole, come la prepotenza di don Rodrigo». Sopraffatta e spaventata, chiede in prestito la copia e passa la notte a leggere con l’olfatto tutta la storia di Renzo e Lucia. È certamente un prodigio e Adelina vorrebbe tanto parlarne con Luisella che – da quel giorno – le diventa amica, ma per paura tiene il segreto per sé. Adelina non sa perché con i suoi libri non capiti la stessa cosa e nemmeno con quelli in libreria. Ma le capita con i libri che sono stati già letti da qualcuno, come per esempio quelli dell’avvocato Ferro, un vicino di casa, che presta spesso romanzi a zia Amalia, la quale, nemmeno a dirlo, non legge neanche una riga.

E a proposito della fredda zia Amalia, nel romanzo c’è posto anche per lei. Diversi sono i capitoli di flashback che parlano del suo arrivo a Torino, anni e anni prima. L’intento era semplice: trovare un uomo ricco che le permettesse di vivere nell’agiatezza. Dopo un breve periodo in una modisteria, Amalia entra a far parte di una compagnia teatrale e comincia la sua carriera da soubrette, in compagnia di Caterina e Anna Ferraro, in arte “Le Gemelle Delizia”. Sono loro a farle da insegnanti di seduzione: «Fa’ esattamente quel che hai sempre visto fare da mia sorella», le consigliò Anna, «ma immaginando di avere una monetina tra le ginocchia che non devi assolutamente lasciare cadere». Amalia farà tesoro di quei consigli e se ne ricorderà anche dopo essere rimasta vedova. Un personaggio splendido in tutta la sua mediocrità: una donna d’altri tempi che è costretta anche a fare i conti con la sua ignoranza.

«Zia Amalia in fin dei conti era persuasa dell’importanza dei libri, ma non avendo mai avuto la possibilità di conoscerli da vicino li ripudiava tacciandoli di inutilità».

Tra una lettura e l’altra, Adelina fa di tutto per non rivelare il suo segreto, ma un giorno il reverendo Kelley la coglie con “il naso nel libro” e non riesce a tenere la notizia per sé. Lo racconta al padre di Luisella e insieme tenteranno di sfruttare il suo dono per decifrare “il codice più misterioso al mondo”: il manoscritto Voynich.

L’annusatrice di libri è un romanzo che trasporta il lettore indietro nel tempo e nello spazio: leggendo si ha la sensazione di percorrere le vie di Torino insieme a Adelina o a zia Amalia. Con la protagonista si provano le sensazioni che soltanto la lettura sa dare: il piacere, l’immedesimazione nei personaggi, l’ansia per cosa possa succedere e molto altro. C’è una frase molto bella, all’inizio, quando Adelina scopre il suo dono: «Adelina non aveva mai sospettato che la delusione potesse avere un odore, e invece eccolo lì, limpido e struggente». Qui, ogni sentimento ha un odore e soltanto Adelina può sentirlo e renderci partecipi.

Una delle cose che colpisce di più è sicuramente la costruzione dei personaggi, da quelli principali a quelli secondari: le differenze fra loro sono calibrate e chiunque è unico a modo suo.  Adelina, tenera e appassionata; zia Amalia, algida e avara per via dei rimpianti; l’avvocato Ferro, amante dell’odore dei libri, annusatore a modo suo; il reverendo Kelley, che si porta dietro un oscuro segreto. Ma anche il notaio Vergnano, subdolo e arrivista, che fa da contrasto alla figlia Luisella, sincera, dolce, ma anche molto triste.

Una storia che fa ripensare alle diverse forme di lettura, al piacere che un libro può dare, all’importanza della letteratura che può essere un’ancora di salvezza. Una storia di crescita arricchita da un mistero che trova le sue origini in un’agiografia (e che ricorda molto la Legenda Aurea che si legge ne Il sogno di Émile Zola). Un romanzo coinvolgente, dalle tinte sfumate, in cui arguzia e ironia vanno di pari passo.

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