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La Casa sull’albero – La felicità si racconta sempre male di Gaudenzio Schillaci

Data la situazione Covid-19 molte librerie sono state costrette ad annullare e/o a cancellare gli eventi. Sappiamo che è giusto così, anche se ci dispiace molto, soprattutto per gli autori e le autrici i cui libri che stanno continuando a uscire, per tutta la filiera editoriale che si trova in difficoltà. Per questo abbiamo deciso di aprire uno spazio virtuale temporaneo qui su Tropismi, dedicato esclusivamente alla presentazione dei libri orfani di presentazione. Pubblicheremo brevi interviste agli autori, come se ne stessimo parlando in libreria, con qualche domanda e, se possibile, qualche riga di estratto. Non potremo dare a ogni libro il pubblico e il tempo enormi che meriterebbero, ma cercheremo di riservare uno spazio di benvenuto per tutti.
L’ospite di oggi è Gaudenzio Schillaci con il suo La felicità si racconta sempre male, pubblicato da Dialoghi.

Come nasce l’idea di questo libro?
Da un’idea semplice semplice: quanto sarebbe affascinante un commissario di polizia che porta lo stesso nome di una rockstar? Poi, la mia passione (ai limiti dell’idolatria) nei confronti di David Bowie ha fatto il resto, e nel giro di pochi minuti è nato il commissario Davide Bovio. Gli altri personaggi si sono palesati come fossero usciti dalle sue costole, e la trama si è mischiata con mie vicende personali e tutte le influenze narrative che ho assorbito nel corso di questi ultimi, pericolosi e deliranti, ventinove anni.

Riassumi la trama del libro in una frase.
Scrivere è l’unico modo che ha inventato l’uomo per colmare i buchi di un’assenza.

Se dovessi scegliere un aggettivo per il tuo libro, quale sceglieresti?
Feroce. Come tutti i romanzi onesti, mi permetto di dire, e l’onestà nei confronti della pagina è stata la prima spinta vitale che mi ha portato a misurarmi con la forma del romanzo e con questa storia.

Hai dovuto compiere delle ricerche per la tua storia?
Non molte, per mia immensa fortuna. La mia indolenza sarebbe stata un ostacolo difficile da superare. Ho raccontato di luoghi, quelli di Catania, che sono stati teatro della mia infanzia, della mia adolescenza e della mia prima età adulta, ma soprattutto non volevo raccontarli come cartoline per i turisti quanto, piuttosto, come quello che sono: ricordi, con tutto il trasporto emotivo del caso.

Chi ti piacerebbe che leggesse il tuo libro?
Tutti quelli che, almeno una volta nella vita, si sono sentiti inadeguati di fronte a un’assenza.

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