Jeanine Cummins e il suo “sale della terra”

Jeanine Cummins

Il sale della terra (American Dirt) è il romanzo che l’America ha definito un nuovo classico contemporaneo. L’autrice, Jeanine Cummins, ha già scritto altri tre libri (A Rip in Heaven: A Memoir of Murder and Its AftermathThe Outside Boy e The Crooked Branch) ma nessuno edito in Italia: il primo, uscito nel 2004, è un’autobiografia incentrata sul tentato omicidio del fratello e sull’omicidio di due cugine avvenuti nel 1991; il secondo e il terzo sono romanzi storici ambientati in Irlanda.

Il libro, apparso nelle librerie italiane per Feltrinelli il 23 gennaio 2020 (nella stessa data anche negli USA), è uno dei libri più attesi dell’anno negli Stati Uniti che sta già conquistando stampa e lettori illustri, da Stephen King a Don Winslow. È già stato venduto in quasi 30 paesi e i diritti cinematografici sono stati acquisiti dalla Imperative Enterteinment.

A soli cinque giorni dall’uscita ha venduto oltre 50 mila copie. In questo romanzo attualissimo, Jeanine Cummins descrive la dura realtà dei migranti latinoamericani intrecciandola con una storia al cardiopalma da cui sarà impossibile staccarsi.
“Il sale della terra è un’opera straordinaria, in perfetto equilibrio tra il terrore da una parte e l’amore dall’altra. Sfido chiunque a leggere le prime sette pagine di questo libro e a non finirlo”, così ha scritto Stephen King.
Ho provato sulla mia stessa pelle come leggere queste 400 pagine sia stato avvincente.

«C’è una dolcezza particolare nei momenti che seguono il terrore e precedono la conferma. Quando finalmente si muove, Luca prova un breve guizzo di euforia per il semplice fatto di essere vivo. Per un istante si gode il respiro irregolare che gli attraversa il petto. Appoggia i palmi a terra per sentire il tocco freddo delle mattonelle sotto la pelle. Mami crolla contro la parete di fronte a lui e serra le mascelle rivelando la fossetta nella guancia sinistra. È strano vederla dentro la doccia con le scarpe eleganti che si mette per andare in chiesa. Luca si sfiora il taglio sul labbro. Il sangue è secco, ma lo gratta via con i denti e la ferita si riapre. Capisce che, se fosse un sogno, il sapore del sangue non si sentirebbe.» (1)

Luca ha 8 anni e vive una tragedia personale nella città messicana dove è nato: Acapulco. Cummins racconta la sua storia insieme a quella di sua madre Lydia, proprietaria di una libreria. Cercano di sfuggire a un signore della droga che scrive poesie, un narcotrafficante, il jefe di Acapulco. Lydia e il bambino riescono a fuggire dai suoi uomini e dai suoi tentativi di ucciderli. Un giorno, di fronte alla strage della loro famiglia, salgono al volo su un autobus, Lydia e suo figlio si trascinano attraverso deserti e pericoli mescolandosi con la massa di migranti disperati, mantenendo ben salda la speranza di raggiungere la terra promessa: l’America. Un romanzo sull’esistenza umana, sulle svolte tragiche, sulle svolte inaspettate che avvengono da un giorno all’altro. Per Lydia e Luca l’unica via per la salvezza è una fuga estenuante on the road. Rimanere in Messico equivale a morte certa, ma per non farsi rintracciare dal boss che ha ordinato il massacro bisogna evitare le strade più battute e i normali mezzi di trasporto. Così, a madre e figlio non resta altro da fare che prendere la via dei migranti: le centinaia di famiglie che ogni giorno fuggono dai paesi dell’America centrale, devastati dalle bande criminali, e attraversano il Messico nella speranza di raggiungere il confine con gli Stati Uniti.

«Lydia si accorge che una nuova ondata di disperazione minaccia di scendere su di lei, ma non ha tempo di assecondarla. Le strade non un’opzione praticabile. Anche se non avesse la patente scaduta, non rischierebbe di mettersi alla guida con Luca proprio adesso, e con i pullman la situazione non è certo migliore. I posti di blocco sono troppo pericolosi. Cosa rimane? Controlla i biglietti aerei, per quanto non le piaccia l’idea che il suo nome venga inserito in una lista passeggeri. Ormai è tutto digitale, e a che servirebbe allontanarsi di mille chilometri se il suo nome facesse accendere una spia rossa in un database online? Senza passaporto si può arrivare al massimo a Tijuana, e il volo dura tre ore e quaranta minuti. Un tempo più che sufficiente perché Javier mandi un sicario ad accoglierli al’atterraggio.» (2)

La “Bestia”, il treno della morte

Lydia decide di salire sulla Bestia, un treno merci che percorre tutto il Messico dal Chiapas al sud del paese, a Tijuana, al confine con la California e su cui i migranti si arrampicano al volo rischiando di finire stritolati.

«Lydia si appoggia allo schienale e guarda il figlio, che fissa una figura fucsia reclinata sulla parete sopra la testa. Migrante. Non è una parola che gli si addice. Eppure è questo che sono diventati. è così che succede. Non sono i primi ad andarsene: Acapulco si sta svuotando. Quanti dei suoi vicini sono fuggiti nell’ultimo anno? (…). Lydia distoglie lo sguardo da Luca e si concentra sullo schermo davanti a lei. Adesso la ricerca non è dettata solo dal panico, ma da un’autentica disperazione. Non hanno più scelta. Apre il browser e cerca il tragitto della Bestia che passa più vicino a Città del Messico» (3)

Il viaggio sarà arduo con ostacoli, amici e nemici, ma i protagonisti cercheranno di conservare la propria umanità in un’esperienza che di umano ha ben poco. Il titolo italiano del libro ricorda la raccomandazione evangelica di Gesù ai suoi discepoli di allontanare gli uomini dalla corruzione del mondo divenendo “il sale della terra”. I protagonisti lo diventeranno? Raggiungeranno il confine? I sicari li troveranno? Questo spetta a voi lettori scoprirlo. 

Nelle ultime settimane si è scatenato un grande dibattito sul romanzo della Cummins. Il fatto che sia un libro che parla di emigrazione, cartelli e problemi del territorio messicano ha fatto sì che si scatenassero feroci critiche da parte di molti intellettuali di origine messicana perché secondo loro il libro è inaccurato e stereotipizzante nel descrivere il Messico e i messicani. Questi critici hanno messo in discussione il diritto (oltre alla capacità) di una scrittrice statunitense e bianca, quale è Cummins, di raccontare una storia di migranti messicani, e hanno criticato l’industria editoriale americana per promuovere un libro come questo molto di più rispetto a romanzi sullo stesso tema scritti da autori messicani o centroamericani, o statunitensi ma messicani o centroamericani di origine.

Oprah Winfrey, rapita dal libro, sta consigliando il libro e lo ha scelto per il suo Oprah’s Book Club: “Chiunque legga questo libro si immergerà nell’esperienza di ciò che significa essere un migrante in fuga”. Ha più volte invitato nella sua trasmissione la Cummins, che e prima di diventare una scrittrice ha lavorato per dieci anni nell’editoria. Il sale della terra è stato molto pubblicizzato anche per via del grosso investimento che la casa editrice che l’ha pubblicato, Flatiron Books (una divisione del grande gruppo Macmillan), pagando l’autrice un grosso compenso.  La casa editrice è stata in ogni caso obbligata ad annullare il tour di presentazioni per minacce subite dall’autrice.
La prima critica estremamente negativa è stata impugnata dall’autrice chicana (cioè americana di origini messicane) Myriam Gurba sul blog culturale Tropics of Meta ed è girata parecchio sui social network. Secondo Gurba il romanzo di Cummins è pieno di stereotipi sul Messico e trasmette l’idea che gli Stati Uniti siano una specie di paradiso e il Messico un posto infernale. Gurba è molto critica anche nei confronti del personaggio della protagonista, Lydia, non solo perché trova che sia incoerente ma perché ritiene che non sia “messicana credibile” dato che “guarda il suo paese attraverso gli occhi di una turista americana che si sconvolge per qualsiasi cosa”. Fra critiche di disinformazione e pregiudizi, Cummins avrebbe usato quanto letto nei romanzi di una serie di scrittori messicani per scrivere una storia di migrazione per cui fosse facile impietosirsi dal punto di vista statunitense in preda ad un complesso del salvatore bianco. Il risultato finale però sarebbe un esempio di pornografia del dolore presentata con la foglia di fico della giustizia sociale.

Lo scopo di Cummins sarebbe infatti farsi portavoce di chi, secondo lei, non può parlare da solo, trascorrendo cinque anni della sua vita a scrivere questo libro con l’intento di puntare i riflettori sulle tragedie che affrontano gli immigrati. A essere criticato è soprattutto il sistema editoriale statunitense, che favorirebbe gli autori bianchi, compresi tutti quegli scrittori che hanno detto cose entusiastiche del romanzo senza conoscere bene la letteratura messicana.

Ma cosa resta dell’atto letterario per eccellenza? Senza il quale non avremmo Madame Bovary di Flaubert perché pur scrivendo di una sposa di un medico di provincia, Emma Rouault, l’autore non lo era? Il mio intento non è quello di semplificare ma è quello di puntare l’attenzione su una china scivolosa. Da una parte l’atto di presumere una storia non è forse il fondamento della letteratura? Dall’altra parte gli obiettivi di business e campagne marketing rischiano di far tracimare il discorso letterario nella direzione di bieco cinismo e commercializzazione del dolore. Quindi quella su American Dirt rischia di restare una battaglia senza vincitori né vinti. Questa aspra polemica porterà a migliorare le condizioni dei messicani negli Stati Uniti?

Ho trovato Il sale della terra un romanzo che gronda di sangue e adrenalina senza pudore sulla violenza. I luoghi comuni non mancano ma non mancano neppure in molte delle opere letterarie che l’umanità abbia mai creato. Le scene legate al treno merci, la Bestia, sono trascinanti a ritmo mozzafiato e l’amore che lega Lydia e Luca è toccante. A Jeanine Cummins va il merito di condurci in vista del confine, di aver descritto da americana una storia che passa spesso inosservata, di aver scritto un libro sulla maternità, sull’essere figli, sulla lotta per la sopravvivenza, sugli imprevedibili eventi della vita, sulla bestialità dell’odio, sulla potenza dell’amore. È il best seller dell’anno.

Note

(1) Jeanine Cummins, Il sale della terra, Feltrinelli, 2020, pag. 16

(2) Ibidem pag. 91

(3) Ibidem pag. 109

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