La Lega degli Straordinari Gentlemen – Nemo: la versione integrale delle ultime avventure del secondo Capitano Nemo

Ho acquistato il primo volume firmato Alan Moore nel 2013, quando Bao Publishing pubblicò La lega degli straordinari Gentlemen Century. Tutto, dall’ambientazione ai disegni, dalla descrizione dei personaggi alle trame delle loro storie mi aveva affascinata. A partire da quel momento ho iniziato a collezionare tutti i volumi del fumettista britannico, letto tutto ciò che di suo potessi reperire, appassionandomi sempre più ai suoi personaggi e alle sue storie.

Così quando la Bao Publishing ha annunciato la pubblicazione, a febbraio, del volume che avrebbe raccolto i tre episodi che vedono come protagonista Janni, la figlia del Capitano Nemo, non ho potuto resistere.

Quello che mi colpiva nei tre volumi de La lega degli straordinari Gentlemen era la capacità narrativa dell’autore di svelare, a poco a poco, ma con un’attenzione quasi chirurgica, i segreti che si nascondevano nel fitto delle storie narrate. D’aiuto, senza alcun dubbio, l’ambientazione vittoriana.

Questo è ciò che ho cercato, e che ho sperato di trovare anche nell’ultimo volume di Nemo. Non è stato facile. Capita spesso che, soprattutto per le opere di artisti del calibro di Alan Moore, i lettori si creino delle aspettative talmente alte da essere poi facilmente deluse. Non è questo il caso. Le tre storie, Nemo: cuore di ghiaccio, Nemo: le Rose di Berlino e Nemo fiume di spettri, sono certamente degne della fama del proprio creatore. Tuttavia, l’autore questa volta concentra così tanto la propria narrazione sul personaggio di Janni, sulla sua descrizione come su quella di altri personaggi che la accompagnano nel corso delle sue avventure, da perdere qualcosa rispetto a ciò a cui La Lega ci aveva abituati. Questo, però, non è necessariamente un male. Al contrario, questo elemento di descrizione si affianca al minuzioso lavoro sul linguaggio, che in questo volume, ancor più che negli altri, diventa il fulcro della narrazione.

Le tre storie seguono l’ordine cronologico delle avventure del secondo Capitano Nemo. Nella prima, Nemo: cuore di ghiaccio, siamo in Antartide, dove Janni e la sua compagnia, inseguiti da alcuni inventori che agiscono su comando di Ayesha, acerrima nemica del capitano – che tornerà anche nelle due storie successive – finiscono in luoghi misteriosi, popolati da creature aliene. Il tutto si svolge quasi come in un sogno. L’azione è rapida, si sposta da un personaggio all’altro, e l’ambientazione è a tratti surreale. Non mancano i rimandi alla letteratura, come spesso accade nelle opere di Moore, in particolare alle creature che popolano i racconti di Lovecraft.

La seconda storia, Nemo: Le rose di Berlino, è ambientata appunto nella capitale tedesca. Dopo alcune pagine di prosa, affidate all’abile penna della giornalista Hildy Johnson, incaricata di descrivere l’evento dell’anno, il matrimonio tra Hira e Armand Robur, un salto in avanti di alcuni anni ci porta dritti alla seconda avventura del Capitano. Accompagnata dal compagno, Broad Arrow Jack, Janni si reca a Berlino per salvare la figlia e il genero, rapiti da un esercito che ha molto in comune con quello nazista. Il Capitano Nemo si troverà nuovamente a dover affrontare Ayesha, uscendone vincitrice.

L’ultimo capitolo, Nemo: Fiume di Spettri, chiude il cerchio in tutti i sensi. Troviamo una Janni ormai anziana, circondata dai fantasmi del passato e vittima della sua ossessiva rivalità nei confronti di Ayesha, che credevamo uscita di scena nel finale del secondo racconto. Il secondo Capitano Nemo non ha ormai molto da vivere, e l’unico – e anche ultimo – suo desiderio è quello di mettere fine, una volta per tutte, alla rivalità con la sua nemica apparentemente immortale. In quest’ultimo racconto il carattere fantascientifico dell’opera di Moore raggiunge il suo apice tra donne-automi che si rivelano vere e proprie armi da battaglia e creature che ricordano, invece, quelle della mitologia. Alla fine, però, il cerchio si chiude: Janni non tornerà mai indietro e l’Isola di Lincoln si avvierà a un periodo di profondo cambiamento.

Anche se le storie raccolte in questo ultimo volume non sono paragonabili a quelle del progetto de La lega degli Straordinari Gentlemen, l’abilità di Moore nel prendere elementi reali e sostituirli con personaggi e luoghi inventati resta indiscussa. In quest’ultima pubblicazione, inoltre, due sono gli elementi che – a mio parere – devono attirare la nostra attenzione: il linguaggio e la questione del rapporto con il defunto primo Capitano Nemo.

Per quanto riguarda il linguaggio, a partire dalla seconda narrazione il lettore si trova davanti interi discorsi in una lingua, apparentemente tedesco, che volutamente non viene tradotta, anche nella versione originale. Tutto questo contribuisce ancora di più a creare quell’atmosfera di straniamento che già la commistione tra elementi reali e fantascientifici rende così bene.

La questione del rapporto padre-figlia, invece, segue il più classico degli schemi, quello che si fonda sul senso di inadeguatezza, sull’impossibilità di eguagliare e staccarsi il più possibile da una figura paterna tanto ingombrante come quella del grande Capitano Nemo. Anche qui, ancora una volta, è il terzo e ultimo racconto che chiude il cerchio. La morte di Janni pone fine anche a questo conflitto, durato una vita. Da Hira in poi, infatti, inizia una nuova era per le future generazioni dei Nemo.

“È magnifica, scultorea quanto lo era da viva. Lei e gli altri titani miei progenitori sono alle mie spalle, ora, mi spingono. Sono nel mio sangue… che è un fiero e furioso fiume di spettri.”

Immagini: grazie a Bao Publishing per l’immagine di copertina e per la prima immagine utilizzata nell’articolo. Per la seconda immagine rimando al link: shorturl.at/oEJQY.

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