La ragazza con la macchina da scrivere – Celebrare la scrittura in modo vintage

Si dice sempre che il secondo romanzo sia quello più difficile, soprattutto se l’esordio è stato accolto da pubblico e critica con elogi e ottime recensioni. Sicuramente – come per qualsiasi autrice o autore – il secondo libro ti tiene in bilico su un trampolino, come se si fosse sospesi un attimo prima di lanciarsi. Desy Icardi, con La ragazza con la macchina da scrivere, pubblicato da Fazi Editore, fa un ottimo salto triplo carpiato ed è legittimo che anche questa volta si prenda gli applausi meritati. L’anno scorso L’annusatrice di libri era stata una piacevole rivelazione, un inno alla lettura e all’olfatto, una storia coinvolgente e arguta con un pizzico di realismo magico.
Stavolta Icardi decide di focalizzarsi su un altro senso, il tatto, sicuramente meno poetico dell’olfatto ma non per questo meno importante, e su un’altra azione, legatissima alla lettura, ovvero la scrittura.

Come nel romanzo precedente troviamo una duplice narrazione: da una parte i capitoli ambientati a Torino agli inizi degli anni Novanta in cui Dalia, la protagonista, è una signora un po’ agée che passa molto tempo nel suo piccolo negozio di antiquariato in cui tutti gli oggetti hanno una “storia” (metro di giudizio con cui Dalia sceglie la merce da esporre in negozio); dall’altra i capitoli, situati tra Avigliana e Torino, dedicati al passato, dagli anni Trenta fino al dopoguerra.
Inoltre, una delle peculiarità è la scelta della tecnica narrativa: nei primi l’autrice adotta la seconda persona, il tu che fa eco anche a Georges Perec ne L’uomo che dorme; nei secondi, invece, forse anche per far avere al lettore un quadro completo, troviamo un narratore onnisciente.

Nel tempo presente Dalia ha subito un “piccolo incidente”, un ictus, e a causa di questo ha dimenticato tutto ciò che è successo negli ultimi mesi. Per casa e in negozio ritrova un anellino delle tende e, in cuor suo, la protagonista sa che questo deve pur significare qualcosa. Così comincia a indagare, chiedendo alla sua domestica ma anche al personale del bar dove è avvenuto il “piccolo incidente”. Tuttavia, la compagna che più può aiutare Dalia è lei, la sua amata e fidata macchina da scrivere. Una Olivetti MP1 rossa che Dalia conserva e custodisce gelosamente fin dai tredici anni. La protagonista sa che l’atto dello scrivere le permetterà di trovare il fil rouge tra un evento importante che doveva accadere il giorno stesso dell’ictus e i suoi ricordi d’infanzia che vengono resi noti nei capitoli narrati in terza persona.

© régine debatty – Flickr

Fin dall’adolescenza passata ad Avigliana Dalia esercita la professione di dattilografa. Il padre è un uomo d’affari caduto in disgrazia, abbandonato dalla moglie e molto geloso della sua unica figlia. Dalia, nonostante la sua giovane età, prende in mano la situazione: comincia a lavorare per “portare il pane a casa” e anche per godere di un po’ di libertà, che il padre le nega, pedalando con la sua Bianchi Suprema tra l’abitazione di un cliente e l’altro.

«Voi signorine moderne che lavorate cambierete il mondo […] E magari farete meglio degli uomini.»

Dalia nel suo lavoro è straordinaria: saprebbe battere perfino con gli occhi bendati. Tutti in paese le sono affezionati: è una ragazza dolce e gentile, ma anche forte e coraggiosa e questo lo si capisce fin dall’inizio quando la ragazza difende il ragionier Borio, suo datore di lavoro, dalle camicie nere. La Seconda guerra mondiale sta per cominciare, ma ad Avigliana la gente si anima di più per l’arrivo di Nuto Cerri, eroe di guerra e scrittore, che per quello che succede nel resto d’Italia. Dalia comincia a lavorare per Nuto e ne è così attratta che finisce per sposarlo in fretta e furia e trasferirsi a Torino. La guerra è già cominciata e Dalia presto si rende conto che la vita che aveva immaginato è molto distante dalla realtà. Per fortuna farà la conoscenza di alcune persone che l’aiuteranno a tirarsi su di morale. Una fra tutte? Il bibliofilo avvocato Ferro, ossessionato dai suoi romanzi e già incontrato ne L’annusatrice di libri.

«Le letture sono come le amicizie: se scegli quelle sbagliate, puoi rovinarti la vita.»

La ragazza con la macchina da scrivere è un romanzo piacevole che celebra la scrittura. Quest’ultima è scorrevole e calibrata e grazie alla minuzia dei dettagli è possibile, con la forza dell’immaginazione, ritrovarsi tra Avigliana e Torino. I personaggi, da quelli principali a quelli secondari, assumono diverse sfumature e ciò li rende molto credibili. Tra tutti spicca Dalia, caparbia e indipendente sia da adolescente che da adulta.
Inoltre, il contesto storico ben si adatta alle vicende narrate: la guerra sullo sfondo viene raccontata tramite eventi sì ordinari ma veritieri che si intrecciano, senza stonare, alla trama principale.

Se avete bisogno di evadere in questo periodo di lockdown questo è un romanzo che vi permetterà di farlo. Leggero e interessante con un pizzico di mistero.

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