Sembrava bellezza – Ciabatti e il Teresa Cinematic Universe

Fiction, non fiction, autofiction: discutere di letteratura, oggi, vuol dire interrogarsi su quelle grandi approssimazioni che chiamiamo realtà e finzione e su ciò che si trova in mezzo, piccolo come una falla e insieme buco nero capace di inghiottire il senso dell’esperienza letteraria. Ciò a cui dedichiamo tesi di laurea, dibattiti pubblici, lavori di ricerca viene tradotto da Teresa Ciabatti in una semplice parola, altro. Dentro l’altro, c’è davvero tutto.

C’è l’ultima opera di Ciabatti, Sembrava bellezza, edita da Mondadori, da cui ho ripreso le prime due righe, cruciali. Una storia che è una resa dei conti con il tempo, con le proprie certezze, con ciò che si era e ciò che si è diventati. Persino con quello che ha scritto, con il suo essere Autrice.

Ecco, seguitemi nel mio delirio. Avrete sicuramente presente sentito parlare, anche se non siete dei fan di Iron Man, Capitan America e tutto il resto degli Avengers, del MCU, abbreviazione di Marvel Cinematic Universe. In soldoni, nell’ultima decade la Marvel ha generato un universo vero e proprio popolato dalle sue storie e i suoi personaggi, divisi nei tanti film che abbiamo visto al cinema e nelle serie TV. Queste storie sono strettamente collegate, i personaggi si incrociano e si ritrovano, le storie sono godibili anche separatamente ma messe insieme creano un’unica, grande, meravigliosa narrazione.

Ecco, la mia impressione è che tutta l’opera di Teresa Ciabatti segua questo filo, in maniera all’inizio inconscia e poi via via più consapevole: un unico grande insieme di romanzi meravigliosi, interviste, stati su Facebook, case, libri, auto, viaggi e fogli di giornale che messi insieme formano il TCU, Teresa Ciabatti Universe (o Teresa Cinematic Universe, scegliete un po’ voi).

Il fatto è che al posto della Vedova nera, di Spiderman e Hulk abbiamo dieci, cento, mille Teresa Ciabatti. Il romanzo parte da quello che è stato il suo più grande successo di pubblico e di critica, La più amata:

“Quando mi chiedono cosa si prova a essere famosi, e io rispondo niente, sto mentendo”.

L’inadeguata Teresa Ciabatti (il personaggio dico), quella che non veniva invitata alle feste e che si definiva come deforme, che sognava di diventare un’icona come Emanuela Orlandi (sì, proprio lei) o come Marylin, finalmente ce l’ha fatta, è diventata una VIP, una persona di successo. Ma il successo è scivoloso, effimero, e gli spazi sulle pagine culturali a lei dedicate sono sempre meno, il matrimonio è finito e il rapporto con la figlia praticamente a pezzi. Insomma, la ragazza di Orbetello ha finalmente conquistato Roma e l’Italia, ritrovandosi esattamente come prima.

La disillusione è tema caro alla Ciabatti, alla base di Gli anni felici e La più amata, ma sempre spostato un po’ più avanti, in quella che potremmo definire la seconda parte (di un romanzo, di una vita). Sembrava bellezza, invece, è già la seconda parte di qualcosa. Ciabatti è un’autrice matura e una madre immatura, un insieme di contraddizioni che ci accompagnano in tutta la sua opera, a partire da quella che le genera tutte, menzogna e realtà. La seconda parte comincia da qui, da un’amica che si riavvicina e si porta dietro un passato comune e traumatico: la presenza della bella e strafottente Livia, ciò che loro non sarebbero mai state, la sua scomparsa, l’incidente che ha fermato il tempo e ha cambiato tutto.

In mezzo una scrittura meravigliosa e disordinata, che non dà punti di riferimento, piena di elenchi, di trattini, di inserti di interviste, di note a pié di pagina, di scuse, di alibi, che arriva persino a svelare la sua menzogna per motivi di narrazione e di pudore, a innescarsi e disinnescarsi. Una storia di formazione improbabile, per una madre che non ha superato l’adolescenza e Livia che non potrà mai superarla.


Sembrava bellezza è un romanzo che sembra mettere un punto all’universo di Teresa Ciabatti. Almeno fino alla prossima storia, quella che rimetterà tutto in discussione, che avrà distrutto tutto ciò che era stato costruito. Noi lettori, voyeur della carta, saremo ovviamente là.

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