Shaun Tan Cervo

Animali, uomini e città – Piccole storie dal centro di Shaun Tan

«Gli animali del mondo esistono per ragioni tutte loro.»

Esordisce in esergo con questa citazione di Alice Walker Piccole storie dal centro dell’immenso – perché non c’è altro aggettivo per definirlo – Shaun Tan, illustratore e scrittore australiano, pubblicato da Tunué. Di Shaun Tan si potrebbe stare qui a scrivere per ore, e per chi non lo conoscesse consiglio di recuperarsi subito L’Approdo, un silent book ipnotico, onirico e cinematografico, uno di quei titoli che dovrebbe stare nelle librerie di ogni casa, e Piccole storie di periferia, un libro illustrato di storie di una quotidianità incantata, dove si sperimentano stili totalmente diversi tra loro.

Piccole storie dal centro è un’opera ancora a sé, diversa da tutto ciò che vi capiterà di incontrare a scaffale nelle librerie, in cui Tan indaga proprio queste ragioni «tutte loro» dell’esistenza degli animali del mondo. Lo fa prendendo questi stessi animali – che, per anni, abbiamo escluso dalle nostre vite costruendo città-fortificazioni in cui ripararci – e sottraendo loro il contesto naturale in cui dovrebbero stare: ne inventa un altro, più urbano, spiazzante, incongruo. Li fa entrare nelle case, negli aeroporti, nei palazzi, ce li piazza davanti gli occhi e ci costringe a guardarli mentre si appropriano di spazi e vite non loro. Il risultato è qualcosa di impossibile da definire a parole.

Coccodrilli che vivono all’ottantaseiesimo piano di un grattacielo. Pesci cosmici e luminescenti che nuotano nel cielo di una città senza oceano e cercano di evitare parabole e ami attaccati ai palloni a elio. Lumache giganti che fanno l’amore in mezzo alle strade, ballando «il più lento dei balli lenti nell’oscurità». Membri del consiglio di un’azienda trasformati in rane. Non milioni, non miliardi – ma un «numero al di là di qualsiasi conteggio» – di farfalle volano sopra gli abitanti di una città, nuvole in technicolor che volano versi ovest. Uno yak che si trasforma in autobus ambulante. 

Tra un centinaio di anni chi si ricorderà che cosa fu tutto questo scalpore? Adesso chi riesce a immaginarsi la città senza queste meravigliose creature? Saremmo così tristi se mai andassero via, lasciandoci soli con le nostre piccole idee sull’amore.

© Shaun Tan

Venticinque animali per venticinque racconti – alcuni brevissimi, altri lunghi –, favole per adulti che uniscono testo e illustrazioni per creare qualcosa di mai visto prima (che vada prima letto o guardato?). Sono quadri, squarci-visioni della nostra realtà su futuri altri, che potrebbero essere e che vanno al di là della nostra comprensione. Tan abbandona la vena più comica, perfino grottesca di altri lavori, per aprire questi spiragli su mondi che non avremmo mai potuto immaginare, in cui noi osserviamo, meravigliati il più delle volte, ma anche disturbati. Nonostante la parte visiva sia quantitativamente inferiore rispetto a quella testuale, qualitativamente si innalza ancora di più: Tan dà alle sue illustrazioni più ampio respiro, dando vita a tavole surreali, oniriche, autonome, che non traducono ciò che scrive a parole, ma portano altrove.

Per un istante brevissimo, non chiedemmo perché. Non pensammo a niente se non alle farfalle, le farfalle che si posavano contemporaneamente sulle nostre teste, sulle teste degli amici e della famiglia, su tutti quelli che conoscevamo e tutti quelli che non conoscevamo, sull’intera città. Non muoverti, sussurravamo, desiderando che potesse durare per sempre.

Cosa raccontano queste venticinque storie? Si parla di animali, vero, ma fermarsi qui sarebbe riduttivo. Ciò che si indaga è proprio il rapporto tra uomo e animale (e città, aggiungerei, anch’essa animale che muta, divora e cambia forma). Si scende in profondità alla scoperta di ciò che ci rende diversi, perché forse gli animali vivono, gioiscono e soffrono in una maniera che noi non conosciamo a non potremo mai conoscere («Chi può dire con certezza cosa prova un altro animale?»). Ma anche di ciò che ci rende fratelli e sorelle – uomini, squali, orsi, coccodrilli, gufi, maiali, dipnoi, pesci re… –, in un’era post-antropocentrica perché, come scrive Tan nel racconto dedicato all’uomo (guarda caso proprio quello conclusivo), «il nostro tempo è passato da tanto». Cosa accadrebbe se queste creature incredibili scomparissero e noi rimanessimo soli con le nostre piccole, piccole idee sul mondo?

© Shaun Tan

C’è bisogno di più opere così. Di storie che già nella parola si facciano immagine-visione, che riprendano i grandi ed eterni miti dell’uomo e li ribaltino, che abbiano il potere di affascinare in un mondo che ha perso fascino, di creare nuovi immaginari. Io adesso, quando scende la sera, non posso fare a meno di guardare fuori dal balcone, verso i tetti, e chiedermi se Pim è riuscito a catturare il pesce re, o, quando guardo il cielo sopra la città, di sperare in un’invasione di farfalle. Ed è questo che fa una buona storia, plasma la nostra percezione del mondo in maniera profonda, e io posso solo dirvi: lasciatevi incantare da Shaun Tan, dai suoi racconti-grafici, dai suoi animali, perché è un’esperienza immersiva e totalizzante. Perché anche se in fondo ci raccontiamo sempre la stessa vecchia storia, cambiando solo qualche dettaglio, «abbiamo dato loro le parole più belle».

E Shaun Tan l’ha fatto, ha trovato le parole (e le immagini) più belle per raccontarle.

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