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Nasce ReBelle Edizioni: prima uscita con intervista

È nata da poco ma ha le spalle forti: ReBelle Edizioni è una nuovissima casa editrice italiana, che si dedicherà alla pubblicazione di fumetti e illustrati per young adults. Il profilo Instagram si prospetta come una piccola community, con cui le fondatrici vogliono creare un discorso continuo e positivo attorno all’editoria contemporanea, chiarendo e parlando apertamente di ogni step che porta alla creazione di un libro illustrato.

Prima di questo progetto, ci sono le Re-Belle Box: dal 2018, «storie e progetti indipendenti di donne da ogni parte del mondo illustrazione, moda, letteratura, fumetto, musica, beauty, home design, cinema, artigianato». Il tutto, racchiuso in box mensili tematiche, per approfondire ogni argomento e svilupparlo con creatività.

La prima uscita di ReBelle Edizioni è un piccolo capolavoro: Le Figlie di Ys è la rielaborazione di una leggenda bretone a opera di M. T. Anderson, affermato scrittore di opere young adult, e illustrata da Jo Rioux. Per l’edizione italiana, ReBelle Edizioni ha deciso di affidarsi a Tiffany Vecchietti, conosciuta su YouTube come Miss Fiction Books, che ci ha concesso un’intervista.
Prima, però: di cosa parla Le Figlie di Ys?

Le Figlie di Ys

Siamo a Ys, città prosperosa e dalle molteplici meraviglie, una capitale dall’imponente palazzo e dalle mura solide, che proteggono gli abitanti dal mare. È merito di Lady Malgven, che l’ha eretta quando ha sposato Gradlon, re di Kerne e nobile guerriero. Per farlo, però, ha dovuto stringere uno strano patto con le creature del mare…

Le premesse di questa storia sono in una leggenda bretone, ma M. T. Anderson sceglie di compiere una modifica vitale: sdoppiare la figura della giovane, dando vita a due sorelle, che crescono separate dopo la morte della madre. Rozenn è la primogenita, dai lunghi capelli bruni, è l’erede al trono ma preferisce vivere nella brughiera a contatto diretto con la natura. Dahut è nata per seconda, ha morbidi capelli rossi acconciati alla perfezione, ha strani poteri che usa per soddisfare i propri capricci – o forse no?

Le Figlie di Ys ci accompagna negli anni cruciali di Rozenn e Dahut, schiacciate dall’eredità materna e dal ruolo sociale e politico che dovrebbero giocare per permettere a Ys di continuare a prosperare. Proprio Dahut, che si era dimostrata la più insofferente nei confronti della nuova vita del padre, lo affianca a palazzo, tra feste e banchetti, mentre la più comprensiva Rozenn cerca rifugio nella brughiera e nel silenzio.

I colori che sceglie e le morbide forme che traccia Jo Rioux sono una meraviglia per gli occhi, le parole di Anderson – che arrivano a noi attraverso la traduzione di Tiffany – sono taglienti come lame ed evocative come vecchie leggende. Per esempio, per indicare che le sorelle crescono parallele anche nelle storie d’amore, M. T. Anderson ricorre anche a sottili rimandi di parole: se Rozenn definisce Briac il suo «porto sicuro», i corpi decapitati degli amanti di Dahut vengono gettati in una baia.

Ne Le Figlie di Ys, il senso di dovere e di appartenenza gioca una forza ancora più misteriosa e potente di quella magica, cambiando i destini e piegando le aspirazioni, regalandoci un finale che non sappiamo se considerare buono o triste, che forse era evitabile, che forse non è davvero positivo, ma a cui le figlie di Ys aderiscono con fierezza. Come avrebbe fatto la loro madre.

Intervista alla traduttrice: Tiffany Vecchietti (Miss Fiction)

Conoscevi già la leggenda da cui nasce “Le Figlie di Ys”? È stata la tua prima esperienza come traduttrice?
Conoscevo la leggenda in maniera molto superficiale, avendo letto di Dahut e della città di Ys come ispirazione di un classico racconto fantasy di Abraham Merritt (Creep, shadow!), ma è solo leggendo la versione originale di Daughters of Ys che ho approfondito la leggenda. Anche nella versione italiana, infatti, sono riportate alcune delle versioni alle quali si sono ispirati Jo e M.T. E da lì è iniziata l’esplorazione del racconto di Ys.
Questa è la mia prima esperienza di traduzione di un graphic novel, prima avevo lavorato sempre su altro, ma è stata un’esperienza di iniziazione al mondo del fumetto davvero meravigliosa e affascinante.

Ho letto che M. T. Anderson è un autore che si diverte molto con le parole – e la tua traduzione rende davvero giustizia. Forse il mio scambio preferito è quello tra Briac e Rozenn, in cui lui le chiede chi sia e lei risponde «Sono una forza della natura». Hai un passo che ti è piaciuto particolarmente tradurre?
M.T. è un autore straordinario e anche umanamente è sempre stato disponibile e accogliente. Ci sono diversi punti che sono stati davvero ostici da adattare e che abbiamo cercato di rendere al meglio, anche trasformandoli un po’ per aggirare alcune forme molto asciutte della lingua inglese e che in italiano non riuscivano ad essere altrettanto efficaci.
I miei passaggi preferiti sono forse quelli meno rilevanti ma che sono stati i più divertenti da tradurre. Quando Rozenn e Dahut decidono come decorare il palazzo per i funerali della madre e discutono sul colore dei fiori per gli allestimenti e nella mia testa risuonavano solo frasi iconiche del mondo della moda. L’altro passaggio sul quale mi sono davvero arrovellata per giorni ma che alla fine è diventato uno dei miei preferito è il racconto del mercante, macabrissimo e inquietante, ma che penso rappresenti perfettamente la mescolanza di toni delle Figlie di Ys.

La leggenda parla di una sola sorella, ma M. T. Anderson ha sdoppiato la figura in due corpi, due menti, due attitude diverse. È una diversità che hai riscontrato anche nel modo in cui Rozenn e Dahut parlano?
Assolutamente sì, penso che le personalità delle sorelle emergano con grande forza dentro il graphic novel. Rozenn è più mite e pacata in un certo senso, insofferente verso tutto ciò che riguarda gli affari di palazzo. Attraverso le sue parole esprime la sua frustrazione, la grande determinazione nella sua indipendenza e l’empatia verso tutte le creature viventi. Comprendiamo a pieno la sua voglia di fuggire e la disapprovazione per quello che accade nel regno di suo padre.
Dahut (che senza giri di parole, è la mia sorella preferita) è una personaggia estremamente in conflitto: la sua è una facciata frivola per il pubblico ma dentro di sé vive il peso dei tormenti e per le responsabilità che ha dovuto sobbarcarsi al posto della sorella e del padre. Mi piace che emerga come sia un’antieroina per cui si provano tanti sentimenti contrastanti, dal disdegno alla compassione.

Da femminista, cosa pensi delle due sorelle e delle loro scelte?
Penso che entrambe le sorelle rappresentino aspetti diversi dell’esperienza femminile. Da un lato Rozenn è perfettamente antispecista, ricerca una dimensione di armonia spirituale e naturale perché sente che sia la scelta migliore per se stessa, rifugge i ruoli prefissati per lei che le stanno stretti. Risulta forse un po’ egoista, ma noi non aspireremmo alle stesse cose al suo posto?
Dahut invece è il prodotto di tutte le responsabilità che le sono state addossate dalla controparte maschile (il padre e l’origine della sua magia) ma anche da quelle femminili (Rozenn e la madre). Inevitabile che la sua diventi una storia tragica, perché sarebbe insostenibile per chiunque. Rispetto molto come entrambe cerchino di autodeterminarsi e di sopravvivere in un mondo che le ha già inquadrate e incasellate in ruoli che soffocheranno entrambe.
C’è solo una cosa che mi dispiace nel percorso di Rozenn, ma è sul finale ed è molto spoiler quindi posso solo dire… il cambio di tono e l’adesione ad una regola in particolare. Ma posso dire che forse l’aspetto migliore de Le figlie di Ys è che non ci sono rappresentazioni di perfezione assoluta, ma la complessità e le contraddizioni delle personagge emergono molto bene.

Grazie a Tiffany, a ReBelle Edizioni e a Simone.

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