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Pauline Harmange e l’odio per gli uomini

Per vivere più femministə: libri, podcast, arte, musica, newsletter e fonti per allargare gli orizzonti e aprire le menti. Oggi parliamo di Odio gli uomini di Pauline Harmange, attivista femminista, in Italia grazie a Garzanti.

Prima che per la ricerca e il mantenimento della solidarietà tra donne, infatti, si è spesso spintə a iniziare il proprio percorso come femminista dall’odio verso gli uomini. Che può esprimersi in vari modi e sfumature: insofferenza, astio, rabbia, disgusto, rifiuto. Pauline Harmange ci spiega, con questo piccolo libro, perché finiamo con l’odiare gli uomini e come possiamo trasformarla in una pratica gioiosa, che non ci avvelena ma fortifica.

Odiare gli uomini e tutto ciò che rappresentano è il nostro diritto più essenziale. Ed è anche una festa.

Pauline Hermange, Odio gli uomini, p. 98

Caso in letterario prima in Francia, quando è uscito sul finire del 2020, e poi in Italia, Odio gli uomini (Moi Les Hommes, Je Les Déteste) già dalle prime pagine mette nero su bianco come la protezione dello status maschile sia accettata e perpetuata a livello istituzionale, sociale ed economico anche attraverso le parole. Partendo da due modi di dire inglesi che sono diventati universali: il primo, boys will be boys, i ragazzi si comportano da ragazzi, che è diventato soprattutto negli USA lo stendardo che sorreggono i membri delle confraternite e i loro sistemi di appoggio, frase con cui giustificano gli stupri nei campus. È una sciocchezza, non è uno stupro: è stato un malinteso, e poi si sa, i ragazzi non riescono a contenersi in queste situazioni. Il secondo è tornato alla ribalta proprio in queste settimane: la scomparsa prima e il ritrovamento del cadavere poi di Sarah Everard, uccisa da un agente della polizia metropolitana, hanno fatto esplodere da una parte il caso della sicurezza delle donne, anche nel cuore di una città come Londra, anche mentre non compiono “azioni che le mettono a rischio”, dall’altra la responsabilità maschile. Subito su Twitter è partito l’hashtag #NotAllMen, che equivale a un pubblico spalleggiare il proprio sesso mentre si distoglie l’attenzione dal problema e dalla responsabilità, anzi rispondendo con un attacco alle attaccate (ne hanno scritto, tra gli altri, Il Post, The Irish Times, Newsweek, Marie Claire).

Pauline Harmange su Instagram @apauliner

Il dissenso e il bisogno di trasformazione che manifestano le donne non viene mai recepito in modo positivo o propositivo dagli uomini: mina la loro superiorità perché la pone in discussione e in prospettiva, perché mette in luce l’ingiustizia e l’inesattezza delle differenze su cui si basa ogni costrutto sociale esistente. La risposta maschile si concentra sullo screditare la donna: strega, puttana o figa di legno, per esempio, ma soprattutto nemica, isterica e invidiosa, «perché mettere in discussione il potere degli uomini e non provare attrazione per loro non può essere che odio» (p. 10). L’odio ci fa bruttə e meno desiderabili, ed è colpa nostra: perché ci ostiniamo a non voler piacere e a non voler tacere? E, soprattutto, a voler cercare negli uomini degli alleati, quando non sono in grado di ammettere e affrontare il proprio privilegio, quando «continuano a ricordarci che non hanno molto interesse per il nostro caso»*: «gli uomini che credono che il patriarcato non sia una realtà, ma il frutto dell’immaginazione delle femministe, sono parte integrante del sistema sessista» (p. 47).

L’odio e la rabbia esigono una risposta, tanto nello spazio domestico e privato quanto in quello pubblico: non sono passive, ma forze propulsive, che chiamano all’attenzione e al cambiamento; non sono distruttive, ma forze di evoluzione, e quando «messe insieme sono temibili e temute» (p. 97).

È la nostra rabbia che costringe gli uomini ad assumersi la responsabilità delle loro azioni e imprime slancio a tutte le nostre rivoluzioni.

Pauline Harmange, Odio gli uomini, p. 63

Da questa rabbia le donne imparano: imparano, non dando importanza agli uomini, «la profonda incompetenza» degli stessi (p. 72), imparano che hanno possibilità di realizzarsi al di fuori della relazione eterosessuale (p. 78), imparano che «la sorellanza è una bussola» (p. 87), che «la solidarietà tra donne non è mai frivola: è politica» (p. 95).

E se alla sua uscita in Francia il librino è stato tacciato da un advisor del Ministero delle Pari Opportunità, Ralph Zurmély, di incitamento all’odio di genere e minacciato di conseguenze penali se non fosse stato subito ritirato dal mercato – sì, hai indovinato, Ralph è un uomo e non ha mai letto questo libro, come ha più volte dichiarato –, Odio gli uomini si rivela invece un elogio dell’odio gioioso e della sua forza nel privato e nel pubblico. Le buone maniere non ci stanno portando da nessuna parte: sei autorizzatə a odiarli. Millenni di storia, di cultura patriarcale, di ordine sociale ed economico ti autorizzano a farlo. Perché, se #NotAllMen, sicuramente #AllWomen.

Chiediamo agli uomini di stare al loro posto. No, a dire il vero, esigiamo da loro che imparino a prendere meno spazio.

Pauline Harmange, Odio gli uomini, p. 21

* dal blog di Pauline Harmange

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