Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro 2021 a Bologna

La quinta Biennale FOTO / INDUSTRIA 2021 propone 11 mostre: 10 allestite in luoghi storici della città e una alla Fondazione MAST di Bologna. La più importante Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’Industria e del Lavoro, quest’anno con la direzione artistica di Francesco Zanot, si terrà fino al 28 novembre 2021. 

Perché ve ne parlo? Perché avete tempo ancora qualche giorno per visitare questa importante rassegna, che è anche completamente gratuita. Credo ne valga assolutamente la pena e adesso vi spiego alcuni motivi.

Tema di questa edizione è FOOD, un tema di fondamentale importanza per il suo inscindibile legame con macroscopiche questioni di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico. L’industria alimentare, che risponde alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale (questione demografica, cambiamento climatico e sostenibilità) e il bisogno primario del cibo (parliamo di cibo tutti i giorni, oltre che mangiarlo e pensarlo) si sovrappongono in un percorso che si sviluppa all’interno di una materia insieme senza tempo e di stringente attualità attraverso il filtro della fotografia.

Così nell’arco temporale dagli anni Venti ad oggi, il cibo, l’alimentazione si fanno sempre più lo specchio di un’epoca e di una civiltà, capace di raccontarne il rapporto con la tradizione, la natura, la tecnologia, il passato, il futuro e molto altro ancora. Come l’impatto sul territorio, il rapporto tra alimentazione e geografia, la meccanizzazione della coltivazione e dell’allevamento, la questione del grano, l’alimentazione organica e naturale, i mercati e le tradizioni locali, la pesca nei mari e nei fiumi. Fotografia e cibo si fondono dalla teoria alla pratica innescando una serie di riflessioni sulla complessità della questione alimentare perché tale questione esiste e ne dobbiamo parlare.

«Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia»

Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto della cucina futurista” (1930)

Tre gli artisti italiani c’è Ando Gilardi, tra le figure più eclettiche e originali della storia della fotografia italiana, che diventa il protagonista della mostra “Fototeca” al MAST con una combinazione di reportage fotografici e materiali estratti dal pioneristico archivio iconografico sugli usi e le funzioni sociali della fotografia che ha fondato nel 1959 (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022).

ANDO GILARDI Giovani donne portano zucche sulla testa. “Le zucche, d’estate sono mangime, d’inverno cibo”. Quando il gallo canta a Qualiano, ampia fotoinchiesta di Gilardi sulla sindacalizzazione dei braccianti agricoli. Qualiano (Napoli), ottobre 1954. © Fototeca Gilardi

Maurizio Montagna ha realizzato “Fisheye” appositamente per questa Biennale, progetto dedicato alla sua Valsesia (Collezione di Zoologia del Sistema Museale di Ateneo – Università di Bologna). L’artista si è immerso nelle fredde acque del torrente Landwasser e ha puntato l’obiettivo verso tutto ciò che si trova intorno: rocce, nevai, alberi e fili d’erba vengono mostrati dal punto di vista di un pesce in volo, dove la linea dell’acqua è sempre al centro. Le installazioni umane sembrano perfettamente integrate con l’ambiente.
L’impetuoso disordine della natura si incontra con l’ordine di chi guarda:

MAURIZIO MONTAGNA Landwasser #CF037045 2021 © Maurizio Montagna

Altro fotografo italiano è Lorenzo Vitturi che in “Money Must Be Made” fotografa Balogun, il mercato di strada di Lagos in Nigeria, uno dei più grandi del mondo (Palazzo Pepoli Campogrande – Pinacoteca Nazionale di Bologna).

I restati otto artisti stranieri sono Hans Finsler, considerato tra i padri della fotografia oggettiva degli anni ’30, che ha realizzato nel 1928 la serie “Schokoladenfabrik” su commissione dell’azienda dolciaria Most (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – San Giorgio in Poggiale). Herbert List, fotografo tedesco membro della Magnum Photos che nella mostra “Favignana” espone 41 immagini sulla mattanza dei tonni avvenuta nell’isola nel 1951 (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, salone “Mito di Giasone e Medea”). Il francese Bernard Plossu ha fotografato spezzoni di vita in tutto il mondo e ritratti legati a persone e cibo nella quotidianità in “Factory of Original Desires” (Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna Genus Bononiae – Palazzo Fava, sale “Le avventure di Enea”). Mishka Henner in “In the Belly of the Beast” espone il rapporto tra uomo, animali e tecnologia in un processo incessante fatto di consumo, digestione e scarto (Palazzo Zambeccari – Spazio Carbonesi). Il giapponese Takashi Homma nella mostra “M + Trails” da un lato raccoglie e mette a confronto le facciate dei negozi di McDonald’s nel mondo soffermandosi su differenze e analogie, dall’altro immortala le tracce di sangue lasciate dai cacciatori di cervi in Giappone (Padiglione dell’Esprit Nouveau). L’olandese Henk Wildschut con “Food” si concentra sulle più avanzate tecnologie dell’industria alimentare sviluppate per aumentare il volume della produzione (Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna – Palazzo Paltroni). L’artista americana Jan Groover, nota per le sue nature morte, con “Laboratory of forms“ è oggetto di una retrospettiva a partire dalle celebri nature morte riprese nella cucina della sua abitazione, che dialogano con le opere del pittore bolognese Giorgio Morandi custodite nelle sale del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (la mostra proseguirà fino al 2 gennaio 2022).

Ma l’artista che mi è piaciuta maggiormente è la ricercatrice e attivista palestinese Vivien Sansour e la sua “Palestine Heirloom Seed Library”, un progetto per salvaguardare antiche varietà di semi e per proteggere la biodiversità (Palazzo Boncompagni).

VIVIEN SANSOUR
Palestine Heirloom Seed Library, El Bir Arts & Seeds, Beit Sahour 2017
© Vivien Sansour

La mostra rappresenta un’investigazione su scala locale di un fenomeno globale: l’estinzione. Si tratta di un vero e proprio atto di resistenza che combina ecologia e politica, metodo e invenzione, studio e azione.
L’obiettivo dell’artista è quello di salvaguardare la biodiversità attraverso il suo ancoraggio a questioni storiche e identitarie, e viceversa.

Il cibo per noi è anche cultura e società, si lega all’ambiente, al nostro pianeta, al clima e ai suoi inarrestabili cambiamenti. Il cibo è anche linguaggio. Come la fotografia, il cibo diffonde anche messaggi. Il cibo è anche identità che ci rappresenta, contribuendo a costituirne l’identità individuale e collettiva. La fotografia ha la capacità di mettere in evidenza questa funzione significante degli alimenti e si configura come uno strumento ideale per indagare gli uomini e le donne, il mondo, la società, l’ambiente e molto altro ancora.

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