Vento di libertà

Vento di libertà – Intervista a Lelio Bonaccorso

Uscito a febbraio 2022, Vento di libertà di Lelio Bonaccorso, con la prefazione di Nadia Terranova (che abbiamo intervistato qui) e pubblicato da Tunué nella collana Ariel, è una storia attuale – sebbene sia ambientata nella Sicilia del 1266, durante i Vespri siciliani – che racconta un capitolo di Storia a cui non prestiamo mai la giusta attenzione, e che si focalizza su tematiche di cui per fortuna si parla sempre di più come l’emancipazione femminile, la paura del diverso e dello straniero, l’amore per la libertà e per la propria terra.

Questo è il primo fumetto in cui Bonaccorso si cimenta nella sceneggiatura e lo fa in maniera eccellente, dimostrando grandi capacità narrative – oltre che stilistiche – nella scrittura dei dialoghi e anche nei salti temporali che inevitabilmente vengono inseriti. L’autore racconta una leggenda che è da secoli patrimonio collettivo messinese e che ruota intorno a Dina e Clarenza, due donne ribelli, forti e innamorate della loro città a tal punto da sfidare la morte e gli Angioini per poter liberare Messina dagli oppressori. Una leggenda, ça va sans dire, a tratti lacunosa che Bonaccorso ha reinterpretato documentandosi e attingendo alla propria fantasia. Le due donne, per Messina, sono ormai un simbolo. I loro nomi sono stati attribuiti a strade e associazioni e alle dodici in punto di ogni giorno, nel campanile del duomo di Messina, le due, rappresentate sotto forma di statue, suonano le campane.

Duomo di Messina, © Linedwell

Ma oltre a raccontare la lotta contro gli Angioini nel 1266 e l’amore per la propria patria, Bonaccorso descrive e sceneggia il sentimento profondo che intercorre fra Dina, siciliana per l’appunto, e Jacques, francese. Due personaggi che vestono i panni rispettivamente dell’oppressa e dell’oppressore nonostante quest’ultimo sia forzatamente obbligato a interpretare questo ruolo che si scoprirà ben presto stargli stretto.

Vento di libertà, lo si percepisce già dal titolo, è una dichiarazione d’amore non soltanto all’indipendenza, al coraggio, alla determinazione e alla libertà, ma anche alla Sicilia, madre di vita e preziosa custode dei popoli che, fin dagli albori, l’hanno abitata lasciandole inevitabilmente un patrimonio ricco e variegato.

«Gli uomini hanno sempre raccontato la storia a modo loro, piegandola a una versione maschilista e patriarcale dei fatti, ovvero lasciando che il talento, la forza e la capacità delle donne scivolassero nel silenzio; degli uomini sappiamo quasi sempre tutto, delle donne quel poco che siamo riusciti a salvare dalla cancellazione. Anche la vicenda di Dina e Clarenza è lacunosa e contraddittoria, quindi per reinterpretarla è utile unire alle competenze storiche quella capacità di immaginazione che solo un artista può avere. Non è la prima volta che Lelio Bonaccorso crea scene e dettagli di una Messina antica, ed è sempre bello accorgersi che nelle sue tavole non vi è nostalgia bensì uno sguardo che si poggia sul passato per creare futuro.» (Nadia Terranova)

Vento di libertà

In occasione della presentazione di Vento di libertà alla Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano con Marta Perego, ho incontrato Lelio Bonaccorso per fargli qualche domanda su questa storia meravigliosa.

Ciao Lelio! Intanto grazie mille per la disponibilità. Parto da una domanda facile, per rompere il ghiaccio. Ci racconteresti il tuo percorso?

Il mio percorso è stato molto lineare nel senso che dopo aver frequentato la scuola d’arte a Messina ho cercato di fare il fumettista, ma dalle mie parti non c’era nulla. Per cui, dopo varie peripezie, ho trovato la Scuola del Fumetto di Palermo dove ho studiato e mi sono formato. Da lì ho iniziato a fare le prime pubblicazioni, la prima è stata Peppino Impastato, un giullare contro la mafia con Marco Rizzo per Beccogiallo e poi, via via, ho fatto varie cose anche all’estero.

Vento di libertà
Lelio Bonaccorso e Marta Perego presentano “Vento di libertà”

Quant’è forte il legame con la propria terra per un siciliano? Perché la Sicilia, anzi in questo caso Messina, non fa solo da sfondo, ma è anche lei personaggio vivente.

È assolutamente vero, credo che per noi siciliani la nostra terra sia qualcosa di assolutamente figurato, in questo caso è Messina, ma intendo la Sicilia tutta che da una parte ha un forte senso di maternità nei confronti dei propri figli ma al tempo stesso sa essere spietata quando si tratta di difenderli. Era un ingrediente che volevo inserire e credo sia interessante trattare, soprattutto in questo momento storico. E poi, ovviamente, volevo parlare di storie di donne, siciliane e non, che devono essere secondo me riscoperte come nel caso di Dina e Clarenza.

Questo è il tuo primo fumetto in cui fai anche da sceneggiatore. Com’è stato lavorare a una storia completamente scritta da te?

Devo dire che è stato molto naturale, avevo da tempo l’esigenza di scrivere qualcosa e non solamente di disegnarla. Tutti i libri che ho fatto negli anni passati con i vari sceneggiatori, tra cui anche Marco Rizzo, mi hanno giovato molto anche a livello tecnico, è stato utile per imparare quali sono gli strumenti, le tecniche ecc. Questo desiderio di raccontare delle storie, oltre che di disegnarle, l’ho messo a frutto grazie a Tunué e a Simona Binni (curatrice della collana Ariel di Tunué, n.d.r), che hanno fatto sì che si presentasse l’occasione giusta.

Tu hai sempre trattato tematiche d’attualità nei tuoi fumetti. Gli ultimi due usciti in Italia, invece, ripercorrono la storia: prima Caravaggio e la ragazza, con Nadia Terranova, e poi Vento di libertà. Come mai hai deciso di viaggiare nella Storia?

Penso che un artista che vive nel proprio tempo l’attualità ce la mette sempre. L’idea era quella di rievocare delle storie di un passato importante, anche forse un po’ oscuro in quanto non sufficientemente raccontato, storie che sono delle grandi opportunità non solo per i siciliani ma in realtà per tutti i lettori di qualsiasi fascia d’età, di qualsiasi zona perché al loro interno ci sono tematiche di cui si parla sempre di più, come per esempio l’emancipazione delle donne che non possono fare le artiste o che combattono a fianco degli uomini e penso sia una cosa molto attuale, lo vediamo in questi giorni.

Sì, esatto. C’è una guerra, un popolo oppresso…

Ecco, tu pensa che questo libro io l’ho scritto più di due anni fa! E non è la prima volta che mi capita questa cosa.

Ma dai! Quando ti è capitato per la prima volta?

Con Salvezza, uscito nel 2018 per Feltrinelli Comics, scritto da Marco Rizzo, in cui abbiamo raccontato la missione della nave Aquarius nel Mediterraneo. Proprio quando è uscito, c’è stato il blocco dell’Aquarius da parte di Salvini. Le sincronicità, no?

Hai scelto di raccontare i Vespri siciliani, un argomento poco trattato, anche a scuola, almeno da quanto ricordi, i Vespri sono stati sì studiati, ma in maniera non approfondita.

Sì, il fatto che il Vespro sia trattato come un fenomeno circoscritto, localistico e, a volte, diciamolo, neanche trattato nei programmi scolastici a livello nazionale mi fa pensare che questa cosa sia emblematica e soprattutto credo che raccontarlo sia anche una responsabilità nostra in quanto siciliani perché il Vespro è una delle prime rivoluzioni popolari al mondo in cui un popolo si ribella all’oppressore e vince. Noi studiamo le rivoluzioni degli altri, ma le nostre no. I Vespri, se vuoi, hanno un’implicazione probabilmente anche pericolosa perché dice ai siciliani, ma anche agli italiani, “Guardate che noi siamo state persone non dolenti, che subivano costantemente, ma anche persone che quando c’era da prendere il proprio destino nelle proprie mani lo hanno fatto”. Forse questo è uno dei motivi per cui non si studia bene questo capitolo di Storia. E se non lo fanno i ministeri, può essere il pretesto per far sì che se ne occupino gli artisti, scrittori, disegnatori, sceneggiatori e via così…

La Storia si ripete, anche se in maniera non uguale, e dovrebbe insegnare ma da ciò che vediamo non è quasi mai così. Secondo te noi possiamo imparare dalla Storia a essere migliori?

La Storia presenta delle dinamiche che sono umane e che sono dentro di noi, è un fatto, suppongo, molto personale nel senso che non basta soltanto conoscere le cose affinché non capitino, si devono riuscire a controllare quelli che sono degli impulsi, soprattutto egoistici o divisivi, e non è facile perché è molto più semplice delegare qualcosa fuori piuttosto che guardare quello che abbiamo dentro. Perciò, questo fumetto è anche un modo per dire a noi stessi: “Cosa stiamo facendo?”.

Passiamo ai personaggi di Dina e Clarenza, due figure leggendarie e femministe. Le donne, secondo lo stereotipo, vengono viste come persone deboli, che non devono parlare, ribellarsi, ma anzi devono accettare tutto ciò che succede loro. Nel tuo fumetto, invece, Dina e Clarenza fuoriescono dagli stereotipi, e anzi, vengono anche ascoltate dagli uomini che abitano il fumetto come se ci fosse – anche in un periodo storico fortemente maschilista – un ribaltamento dei ruoli e degli stereotipi. Dina e Clarenza sono donne forti, e ciò ovviamente non significa che non siano fragili o che non abbiano la loro dose di umanità, ma sono donne che amano la loro terra e la libertà in modo smisurato. Dall’altro lato, tu rappresenti uomini che non hanno paura di mostrare i loro sentimenti o la loro natura. In primis, penso a Jacques che ha il coraggio di ammettere il suo amore, anche di fronte al padre. Ma penso anche al padre di Dina e Leuccio che si fa uccidere pur di non far morire il figlio. E, ancora, lo stesso Leuccio che dopo una prima dose di “machismo” confessa alla sorella che Jacques è vivo. Ci sono ovviamente sottotrame e caratteri che hai dovuto inventare, comè stato il processo di realizzazione?

Una cosa che mi affascina molto è l’evoluzione che possono avere i personaggi durante la storia e io ho voluto inserire più sfumature e più punti di vista diversi su determinate cose, come per esempio, il fatto che ogni personaggio guardi diversamente il discorso dell’oppressione o quello del violare la propria sensibilità o il proprio onore e – allo stesso tempo – il fatto che i personaggi, vivendo certi eventi, possano cambiare idea. Credo che ciò li abbia resi ancora più umani e, di conseguenza, è più semplice per i lettori entrarvi in empatia. Oltretutto, la realtà non è mai bianca o nera, Jacques – per esempio – rappresenta proprio questo, è uno “straniero” che riesce ad amare la Sicilia e lo impara grazie a Dina, attraverso lei e il suo amore per lei, si innamora anche della terra e si sacrifica per salvarla.

Scrivi che la nostra è una terra piena di contraddizioni, come lo Scirocco, che non conosce padrone. La Sicilia di padroni ne ha avuti tanti, variopinti, ma non ha mai dato il suo cuore a nessuno tranne che, forse, ai siciliani stessi. La Sicilia è “fimmina”, dallo spirito indomito, che un giorno tornerà libera. Secondo te, oggi, possiamo dirlo?

I siciliani, alla fine, sono un pezzettino di tutti quei popoli che sono passati. La Sicilia è uno dei primi esempi riusciti di vera globalizzazione e tutti i popoli che sono venuti hanno sempre cercato di prendere qualcosa, ma poi inevitabilmente l’hanno lasciata e noi, oggi, siamo il frutto di quello, è un vero crogiolo. Io credo che la Sicilia sia una terra che non appartiene a nessuno, per cui è libera nel senso delle persone che ci abitano ma la terra in sé è anche piuttosto dolce ma anche selvaggia, è una terra contradditoria e questo si riflette su di noi. Siamo capaci di essere super accoglienti e, allo stesso tempo, siamo capaci di buttare la spazzatura in mezzo alle rovine archeologiche, la Sicilia è enigmatica, forse perché è anche un po’ lo specchio dell’umanità.

Qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?

Sto lavorando a un fumetto con Marco Rizzo che uscirà per Feltrinelli e a un albo. Inoltre, sto riflettendo su un progetto mio, in fase di sviluppo, che tratterà di un argomento di cui non si parla ma che è molto attuale.

Grazie mille per questa bella chiacchierata, Vento di libertà è un fumetto che mi è piaciuto molto!

Sono contento e spero possa piacere anche ad altri. Spesso quando si parla di Sicilia, si entra sempre nel cliché e in molti pensano “Non è una cosa che mi riguarda” perché se non parli di mafia o di Montalbano allora non vale la pena ascoltare. La cosa difficile con un libro del genere, secondo me, è riuscire a far capire che anche se questa storia parla di Sicilia, non significa che sia una cosa solamente per i siciliani, ma riguarda tutti.

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