I Fantasmi di Paolo Panzacchi: sulle seconde occasioni

Fantasmi di Paolo Panzacchi è stato pubblicato da Clown Bianco editore a fine settembre. Quando ho letto la trama, mi sono soffermata sul concetto delle “seconde possibilità” che ci vengono offerte dalla vita, che possiamo decidere di cogliere e accettare o anche no. Io non ci credo – nelle seconde possibilità intendo. Non ho mai dato seconde possibilità alle persone e non mi sono mai state servite su un piatto d’argento dalla vita. Forse è il karma. Forse il caso. Dopo tutto lo accetto.
Quando ho iniziato a leggere il libro, i protagonisti Giulio e Carlotta non mi sono piaciuti. Non sono i tipi di personaggi in cui immedesimarsi o a cui affezionarsi. Sono persone individualiste, che nella vita reale conoscendo tutte le loro meschinità vorresti proprio evitare. Il loro tipo di amore li consuma. Sono una coppia fuori tempo massimo per ogni manovra correttiva.

Giulio non riesce a superare la morte del suo migliore amico, Mario, rimasto ucciso in un incidente stradale avvenuto mentre proprio Giulio era alla guida. A distanza di anni prova un senso di solitudine assoluto, passa la vita a dare le colpe agli altri, di cui d’altra parte non si è mai interessato rispetto a pensieri, desideri, felicità. È un colpevole egoista e incapace di guardarsi dentro davvero e gestire le situazioni della vita. Si è reso l’attore non protagonista della propria storia. Sa che i suoi trentacinque anni li ha passati di merda. Dopo gli studi in Inghilterra e il lavoro a Londra da Goldman Sachs, torna a Bologna per lavorare presso gli uffici più prestigiosi della società di revisione contabile della città.

Torna anche dalla fidanzata Carlotta che sposerà, dai suoi suoceri, dai suoi genitori, che per anni ha negato. I suoi genitori sono colpevoli di essere modesti, di origine piccolo borghese operaia dalla periferia, di averlo riempito di aspettative enormi. Carlotta è colpevole di amarlo gratis, solo per il gusto di mettere un essere umano in gabbia e provare a trasformarlo nel suo cucciolo ammaestrato.

Giulio diventa un fantasma senza contorni definiti o forse diventa un recipiente abitato da fantasmi, inizia a bere e a imbottirsi di antidolorifici. Poi in genere vomita, si fa una doccia, dorme e riparte, come se niente fosse. Comincia a bere anche durante l’orario di lavoro, incapace di controllare gli stati di rabbia.

«(…)non era in grado di gestire le continue e pressanti richieste di maternità di Carlotta. Sua moglie era convinta che una gravidanza avrebbe, come un colpo di spugna, eliminato, in un modo assurdamente magico, ogni problema tra loro. Quasi che il non avere intimità, non provare trasporto, gioia nel vedersi, fosse risolvibile con un pancione, cambiando pannolini, lavando un culo sporco, giocando con pupazzetti e tutto il resto che ne sarebbe conseguito.
Si chiede spesso se lui sia una specie di orco o se Carlotta sia solo un’illusa. Come in molte situazioni che ci sbarrano la strada nella vita, la verità è da cercare nel mezzo dei due differenti punti di vista. Lui pensa solo alla carriera, alla sua colpa; lei pensa solo a fare un figlio»

Paolo Panzacchi

Paolo Panzacchi

Carlotta anche è molto egoista, ma fragile per questo bisognosa di attenzioni. Quando Giulio se n’era andato, si era lasciata abbandonare a cocaina ed eccessi, non aveva fatto altro che tentare di distruggersi. Da oltre due anni nel momento della storia da cui partiamo nel romanzo, ha un amante. Lo ha conosciuto in palestra, si odia per essere caduta nel più orrendo dei cliché. Ma si odia per tante altre cose.

Insomma Giulio e Carlotta sono due estranei intrappolati in un incubo senza vie d’uscita. Il loro matrimonio si è trasformato in uno scontro all’ultimo sangue, in un gioco al massacro tra due gusci vuoti, avvolti solo nel risentimento – durante le prime pagine al lettore sensibile viene l’orticaria e vorrebbe prenderli a schiaffi per svegliarli se li avesse davanti in carne e ossa.

«Giulio pensa alla morte, Carlotta alla vita; si negano a vicenda»

Fin qui potrebbe essere la fenomenologia di una relazione tossica, che non avrebbe mai dovuto legarli. Si scopre che Giulio a Londra ha conosciuto una ragazza, Clara. Hanno avuto qualche mese felice, poi lei è morta una mattina di aprile. La trama scorre brillantemente fra piani temporali e punti di vista, di Giulio o di Carlotta, fino ad arrivare a un punto di sbando e alla conseguente rottura definitiva.

«L’odio tiene in vita le cose quando l’amore ha fallito, è la seconda possibilità che due persone si concedono, è un defibrillatore per un sentimento andato a male, è l’estremo tentativo di rianimare qualcosa che, in alternativa, sarebbe destinato unicamente all’oblio. Dimenticare è una cosa che a Giulio non piace, è qualcosa di stupido, di inutile, con tutta la fatica che si fa a costruire, perdere tempo a dimenticare è il tentativo di svilire una cosa che non si è conquistata, che non si è stati più sicuri di volere. Chi vuole cancellare è un codardo, chi scappa è un vile della peggior specie, chi rimane ad assistere al crollo, al disastro, chi ne viene travolto, chi sposta le macerie, chi s’indigna è un eroe
e a volte anche gli eroi odiano perché vogliono dare una possibilità in più a ciò che sembra essere finito»

Giulio scopre che si sente inadeguato da sempre, fuori posto. Incontra Greta che renderà ancora più drammatici i risvolti della crisi esistenziale che sta affrontando. Cade in una voragine piena di rancore, odio, sconfitta senza più un equilibrio. Restano solo le sue fragilità, non riuscendo alla fine a cogliere le sue seconde occasioni, rinunciando alla vita stessa ancora una volta.

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