Biblioteca Universitaria di Bologna. Se nemmeno Napoleone riuscì a distruggerci.. (seconda parte)

Riprendiamo l’intervista (prima parte) passando ad analizzare le conseguenze della situazione, effetti che travolgeranno la democraticità della trasmissione del sapere, del lavoro, della città, dell’università stessa. Ma, soprattutto, cosa significa essere bibliotecari e storici?

Tagli alle finanze, risorse limitate, così anche il tempo diventa ostile: alla BUB la lotta contro il tempo si sta combattendo con urgenza su tanti fronti. Nella Lettera aperta si fa riferimento alla più grave conseguenza a cui si sta andando incontro, ossia all’interruzione della possibilità di trasmissione del lavoro di bibliotecaria/o di una biblioteca storica, perché tale mestiere non è solo dovere d’ufficio, ma spirito che contempera cura, ricerca, amore per la conoscenza, tanto da dare senso al valore della dell’evoluzione sapienziale intergenerazionale.

una scena dal film Centochiodi

una scena dal film Centochiodi

Questo ragionare sul rapporto tra razionalità ed emozione, cultura e natura è scintilla si coglie in una delle scene più intense di Centochiodi: poco prima di puntellare l’ultimo manuale antico, il protagonista incontra con lo sguardo quanto scritto nella pagina aperta davanti a lui “bisogna che ognuno torni a nascere. Chi non comincerà dal principio non potrà conoscere la verità. L’amore spira dove vuole e ne percepisci la sua presenza come se udissi un suono, non sai da dove venga, nè dove vada, ma chi rinasce nella verità crede in ogni cosa che il suo occhio vede”(video). Il fatto che questa scena si svolga proprio nell’Aula Magna della BUB non sembra una coincidenza, e se lo è, allora pare eloquente…
Biancastella Antonino: La trasmissione e l’insegnamento del mestiere è un problema molto serio! Stiamo andando tutti in pensione: anche le colleghe dei fondi antichi e questa imminenza è fonte di grande preoccupazione: mentre è concepibile che la catolagazione del libro moderno venga, per necessità, appaltata, non altrettanto può affermarsi per quanto concerne la conoscenza dei fondi storici, che deve avvenire con il sostegno di una guida che un po’ per volta, foss’anche per un periodo minimo di 6 mesi-un anno, ti insegni, ti mostri, ti parli di questo sapere. Si tratta della tutela, della conservazione e dello studio di fondi di cui bisogna avere una conoscenza diretta. Io stessa che dirigo la BUB quando metto mano nei magazzini ho sempre bisogno della presenza delle colleghe e di consultare i repertori. Non è possibile affidare ad una ditta esterna questo lavoro. Il patrimonio librario, storico ed artistico della BUB è rimasto in capo al Ministero, nonostante il passaggio all’UniBo, perché si tratta di un bene comune che appartiene a tutto lo Stato e che abbiamo dovere di tramandare alle prossime generazioni, possibilmente in uno stato migliore di come lo abbiamo ricevuto. Penso al Canone di Avicenna, al manoscritto Dioscoride e altri documenti antichi che se non fossero custoditi andrebbero persi. Faccio il paragone con gli ordini monastiche che hanno salvato la tradizione greca e latina: noi non siamo amanuensi, però il compito delle biblioteche storiche sta proprio la tutela per la trasmissione. Per questo motivo la BUB non può essere comparata ad altre biblioteche di facoltà o di pubblica lettura, istituti che possono scartare l’inattuale o fare scelte di fornitura. Noi, per legge, non possiamo scartare nemmeno i periodici o le brochures pubblicitarie, neanche i bollettini parrocchiali  tutto qciò che viene pubblicato sul territorio comunale e provinciale è nostro compito conservarlo  siamo obbligati alla ricezione ed al deposito degli stampati, questa è l’origine la missione della BUB arricchita dai fondi eccellenti che le sono stati consegnati a partire da Luigi Ferdinando Marsili.

Lei ha definito la BUB uno “scrigno” che non si limita alla conservazione, ma che anela a produrre conoscenza e cultura. Qual è il senso di libertà proprio della BUB che cerca di superare vincoli stritolanti e questo strano destino che la costringe ad aspettare sperando che qualche persona illuminata della dirigenza d’ateneo si accorga che è ora di sistemare le cose? A prescindere da chi detiene questo potere e a prescindere dall’attuale precarietà, qual è il di più della BUB trainato dalla sua differenza e dalla sua qualità nel lavoro, in chi ci lavora e nella sua stiva libraria?
Ogni volta che facciamo lavoro di valorizzazione, c’è il desiderio di aprire la biblioteca, di far circolare il sapere che è qui. Pensi che l’Aula Magna, quando approdai alla BUB, era chiusa: il primo giorno in cui presi servizio vidi il cancello sprangato con catena e lucchetto. Arrivai qui nel 1988, mi avevano parlato di questa biblioteca, ne avevo letto perché ancora internet non era ancora così diffuso e onnipotente. Mi presentarono i colleghi, mi portarono a visitarla, vidi la sala meravigliosa e la catena, allora pensai che trovavo inaudito che una biblioteca rimanesse chiusa e che non fosse permesso a tutti di vederne la meraviglia. aula_magna_bubQuando fui designata per l’incarico di direttrice, la prima cosa che avevo in mente era il desiderio di aprirla al pubblico, di farla conoscere. Questo è lo spirito che ancora oggi permea ogni iniziativa. Ogni iniziativa, poi, è fatta con grande fatica, perché la preparazione degli eventi si somma alla molteplicità ed alla costanza dei servizi bibliotecari (assistenza nelle sale, informazioni bibliografiche, visite guidate, et cetera). Le fatiche rimangono invisibili, perché gli utenti valutano le attività del prestito e della consultazione senza considerare che la BUB non è una semplice biblioteca di isituto o di college. Ogni tanto utilizzo questa immagine per spiegarmi: gli studenti della Oxford University entrano alla Bodleian Library sanno che non sono in una qualsiasi altra biblioteca, la differenza con le altre è notevole. La BUB è un tempio corrispondente per l’Alma Mater, così dovrebbe essere, così è per il valore di quanto vi è depositato, eppure non c’è tale percezione, anzi… Quello che continua a risultarmi incomprensibile è come si sia potuti arrivare a questa situazione di trascuratezza, dal momento che dietro all’ “acquisizione” della BUB da parte dell’UniBo c’è stato un vero e proprio disegno politico: l’università ha compiuto grandi sforzi per conquistarsela, e la BUB è l’unica in Italia per patrimonio, per memoria e storia, senza contare che le altre nove biblioteche universitarie italiane sono rimaste interamente statali. Per questo troviamo un dovere, oltre che un piacere, il fatto di organizzare iniziative che facciano conoscere, almeno in parte, il nostro tesoro artistico-librario di cui l’Università, ma anche la città di Bologna dovrebbero vantarsi.

Sfogliando il catalogo delle iniziative che avete organizzato emerge chiaramente una vostra particolare diversità di passo, rispetto alle altre istituzioni canoniche, intendo dire che ciò che proponete si fa veicolo di riscoperta di personaggi della storia e della scienza che sembrano dimenticati, nonostante siano stati protagonisti del loro tempo e della nostra cultura.. Eppure, anche l’attenzione rispetto alle vostre mostre non è particolarmente sospinta dai canali dell’università e sul territorio…
È vero, infatti, avevo anche scritto una speice di lettera-circolare che ho girato ai direttori dei dipartimenti, mettendo la BUB a disposizione della didattica, spiegando loro che siamo qui, e invitandoli a farci delle proposte, a collaborare per organizzare incontri, mostre conferenze, ma nemmeno in quel caso abbiamo ricevuto risposte.. Sono arrivata a pensare che questa disattenzione dipenda da un retaggio culturale tipicamente italiano: in Italia non c’è quel senso radicato di responsabilità nei confronti delle biblitoeche, quali risorse fondamentali, che troviamo in altri Paesi. Non stupisce che in Ialia le biblioteche più antiche appartengano al ministero. Nel nostro Paese, il concetto delle biblioteche nelle università è nato solamente intorno agli anni ‘20, prima le uniche biblioteche erano quelle private, appartenenti ai professori che le creavano nei loro studi e laboratori, ma che non erano pubbliche. Finché, nel ‘19 fu fatta una legge che colmava questa lacuna.

Come decidete le iniziative e come coinvolgete il pubblico ed i fruitori della biblioteca?
Sfruttiamo le occasioni canoniche come la Settimana della Cultura e, fino ad un paio d’anni fa, anche S. Valentino era un buon pretesto per mostrare i beni unici, a volte anche sfiziosi, che conserviamo. Collaboriamo anche con altri istituti della città, basta scorrere il nostro calendario per vedere quanto è denso. Poi ci sono gli spunti dati dai riordini e dagli studi monografici dei nostri fondi, ad esempio, la mostra su Pietro Ellero è nata su proposta dalla dottoressa Rita de Tata che, in occasione della fine delle celebrazioni dei 150 anni dall’Unità d’Italia, aveva ricomposto lettere di Mazzini, di Garibaldi ed i documenti del giurista Ellero che trattano dei rilevanti temi risorgimentali sulla libertà civile e sull’abolizione della pena di morte. Ma non possiamo fare tutto da soli, se l’università non ci appoggia non potremo farcela. Possiamo immaginare un parallelismo rispetto al rapporto tra la biblioteca dell’Archiginnasio ed il Comune: l’amministrazione cittadina destina alcuni fondi all’Archiginnasio; se organizza delle occasioni di studio e d’arte è lì che le propone; se in visita alla città ci sono personalità politiche eminenti è all’Archiginnasio che vengono portate in visita. Ebbene, se l’UniBo non fa lo stesso con noi, in maniera naturale, mi viene da domandarmi come mai ci ha voluto? e cosa ci tiene a fare? Allora sarebbe stato meglio che la BUB rimanesse interamente nell’ordinamento ministeriale: in quel caso, non ci sono disparità così sproporzionate, il ministero ha un comportamento omogeneo rispetto a tutte le biblioteche, senza sottoporle all’arbitrio di chi ne deciderà, secondo propria sensibilità, il grado di importanza. È assurdo, mi dico – non è riuscito Napoleone, portando a Parigi tantissime delle nostre cose che poi ci sono state quasi tutte restituito (salve alcuni beni che sono rimasti alla Nazionale di Parigi) a distruggerci! –. napoleoneQuando Napoleone ha deciso di abolire l’Istituto delle Scienze creato da Marsili, per portarlo a Milano, conferì alla BUB rango di biblioteca nazionale! Anche Carducci perorò la causa della biblioteca perché diventasse di rango nazionale. Le storie sono tante. Raccogliendo questo passato, il presente è evidentemente ingiusto e preoccupante: se non ci mandano nuovo personale, il reparto manoscritti finirà per essere chiuso non appena l’ultimo di noi, della vecchia guardia, sarà andato in pensione.

Studiose e studiosi giovani potrebbero subentrare ed imparare come proseguire e rilanciare il progetto della BUB?
Magari, ma sempre per il discorso del personale che dipende dal ministero ed a causa della mancata opzione dell’inserimento nell’organico dell’università, alla BUB non è possibile assumere direttamente. Sarebbero l’Unibo ed il Ministero, in concerto, a dover procedere tramite accordi ed intese a prevedere un sistema di avvicendamento e subentro nei posti vacanti. Come abbiamo ripetuto, questo interessamento non è ancora in atto. Ricevo tantissime mail, ad ogni richiesta risposto di mandarmi il curriculum: se questo ha particolare attinenza con i beni librari, il massimo che posso fare è segnalarli alle ditte esterne. Chi veniva per tirocini, non legati all’università  ma, ad esempio, attraverso progetti della Regione, è rimasto affezionatissimo: questo è il caso di una ragazza che poi è stata assunta all’università  Questa giovane donna è rimasta talmente affezionata che vorrebbe venire a lavorare qui, ma non la lasciano venire. Ad oggi, c’è personale già in pensione che pur di non abbandonare la BUB fa il part time al 50%. Siamo arrivati a questo punto paradossale.

Non ci sono altri escamotages possibili?
Siamo stati aiutati molto dai volontari: abbiamo stipulato una convenzione con l’associazione di promozione sociale Auser: versiamo all’associazione un piccolo contributo per il rimborso spese. Abbiamo collaborato in sinergia con alcuni obiettori di coscienza che potevano rimanere un anno ed in quel periodo avevano il tempo di imparare il lavoro, ma si tratta di un’opportunità che lo Stato non mette più a disposizione. Non possono essere svolti qui dei tirocini universitari, al massimo possono venire quegli studenti che svolgono le 150 ore. Ricevo molte mail da giovani in Erasmus che mi chiedono di poter venire ad effettuare uno stage, devo rispondere loro che, purtroppo, non possono, ma la ragione per la quale non possano o perché non gli venga permesso di farlo dall’UniBo, sistemando il regolamento, non lo capisco proprio, nemmeno io.

Avete anche una Rivista, BubLife- vivi la Bub, che intende ricercare un modo di condividere il sapere meno formale o, se possibile, meno istituzionale ideato per farci conoscere meglio dai nostri utenti abituali e occasionali, cercando di raccontare il dietro le quinte di una grande biblioteca che fornisce gli strumenti per lo sviluppo culturale e la ricerca, ma che la cultura la produce grazie ad un lavoro spesso sconosciuto o comunque poco visibile.
Il taglio è quello che cerco di mettere nel mio lavoro perché desidero non essere una burocrate. Avrei voluto pubblicare almeno tre volte l’anno la rivista, ma per tutti i motivi che le ho illustrato, questo obiettivo risulta impossibile. Soprattutto il cumulo degli incarichi sulle nostre teste: le visite guidate, che peraltro si sono moltiplicate; l’impegno della biblioteca professionale; i turni; l’ufficio stampa; la cura del sito e la pubblicazione di saggi e avvisi; oltre tutte le altre incombenze burocratiche rendono le altre attività missioni funamboliche. Chi guarda da secondo me si chiederà: cosa faranno alla BUB? Rispondo virtualmente che il lavoro è tanto, a tal punto che  a volte mi meraviglio anche io della nostra resistenza. Sembriamo un posto molto tranquillo, invece, non è così, alla BUB si fa un lavoro silenzioso, ma enorme. La giornalista Ilaria Venturi, in un articolo per Repubblica, seppe cogliere la verità della realtà della BUB quando scrisse: la biblioteca universitaria è una cosa viva, non pensiate che sia triste e noiosa.

luigi_ferdinando_marsiliHo l’impressione che lo spirito dell’illustre anti-accademico, l’ecletttico Luigi Ferdinando Marsili aleggi e vi guidi, nonostante tutti gli ostacoli, nell’autonomia e nella ribellione rispetto a limiti imposti, senza accontentarvi. Custodite la tradizione, ma volete slanciarvi oltre l’istituzionalità, senza lasciarvi fermare dalle “impossibilità”…
Probabilmente questa eredità è diventata il nostro imprinting. A volte vorrei sentire che la biblioteca è più amata. Mi rimproverano questa pretesa: se uno studente od una studentessa portano come esempio un’altra biblioteca, io ne risento. Poi, ragionando, capisco che è ovvio, se pensiamo alla Sala Borsa, per dirne una, è evidente che la comodità di essere una biblioteca a a scaffale aperto, l’agilità nell’avere un accesso libero fa sentire i ragazzi molto più accolti ed a proprio agio e con meno vincoli. La BUB, invece, è imponente e solenne, può sembrare impenetrabile e prevede l’obbligo della carta d’entrata, documento per la rintracciabilità e per la sicurezza che non possiamo eliminare per regolamento statale, perché manteniamo lo status di biblioteca pubblica nazionale. È questo simbolismo di estraneità che mette in soggezione che vorrei sfatare. Vorrei che gli studenti e le studentesse tenessero tanto alla BUB, e la pensassero come la loro Biblioteca, come di fatto è. Le statistiche parlano di risultati rincuoranti: registrano 12000 utenti in più rispetto al 2010. Un altro inconveniente secondo l’utenza sono gli orari serali che non riusciamo a sostenere, ma non abbiamo soldi per remunerare personale che tenga aperto e non possiamo lasciare la biblioteca incustodita: per tenerla aperta, per ogni turno servono almeno due custodi con qualifiche specifiche di vigilanza. Assicurare due viglianti per due turni tutti i giorni, tenendo aperto anche il sabato ci è impossibile, ed aggirare questi obblighi è impensabile per la responsabilità personale che ricade sulla gestione dell’istituto.

dipinto_bub

Mi piacerebbe fare con lei un ragionamento sulla professione di bibliotecaria che mi pare un mestiere che sta sul fronte, tra formazione; tessiture relazionali e politiche; ricerca ed interdisciplinarietà delle competenze…
La bibliotecaria si può fare in tanti modi. Siccome non era la mia passione d’elezione, sono diventata una bibliotecaria atipica. Non avendo potuto continuare nella carriera giornalistica, mia prima aspirazione, per aver scelto di curare anche la famiglia, ho, comunque, cercato forti interessi nel mio lavoro, non mi sono fermata, bensì ho cercato di metterci una scintilla che fosse viva. Sono entrata nella pubblica amministrazione, attraverso concorso pubblico, come funzionaria nella carriera direttiva. Ho lavorato per dieci anni nella biblioteca nazionale di Bari, successivamente, a seguito di un trasferimento, sono arrivata a Bologna e trasferita alla BUB. Quando è andata via la dirigente in carica, sono stata nominata reggente. La designazione della direzione spetta al ministero, e la dirigente uscente segnalò la mia figura che aveva apprezzato vedendomi in azione come consigliere comunale ed assessore alla cultura di Castello di Serravalle. Durante il mandato curai molto la biblioteca comunale locale, organizzando convegni e conferenze. La mia collega fu colpita dalla capacità di muovermi in quest’ambito, fu così che decise di segnalarmi e poi il ministero mi nominò direttrice della BUB. Quella che doveva essere una breve reggenza, si trasformò in una direzione stabile.

Ci ha parlato della sua aspirazione primigenia di essere giornalista, anche se poi ha fatto un’altra scelta professionale lei ha comunque mantenuto la passione e la curiosità per ciò che fa. Mi sono venute in mente le parole della scrittrice ed insegnante Milena Agus che ha detto “Non mi è capitato spesso di avere allievi con grandi passioni, ma quando ho intravisto la possibilità che si manifestassero, ho provato un grande sollievo e fiducia nell’avvenire di quei ragazzi, non certo nel senso di ‘saranno famosi’, ma nel senso di ‘se la caveranno”. Mi aggancio a questo spunto per chiederle se ci può raccontare una delle prime manifestazioni del suo temperamento forte e dinamico all’insegna del perseguimento energico dei suoi desideri…biancastella_antonino
Avevo il sogno di diventare giornalista e lo sono anche stata per un periodo presso la sede Rai di Bari. Le inchieste erano gli incarichi che preferivo. Ricordo che il responsabile dei programmi mi presentò al responsabile della redazione dicendo – sa, la dottoressa è portata per le inchieste! -, il cipiglio indagatorio che mi fu attribuito come tratto trasmesso dalla mia personalità, fu un riscontro che mi diede molta ilarità. Mi fecero fare un servizio sull’aeroporto di Bari che non decollava, una vicenda di cronaca molto spinosa che celava intrighi politici, mi scervellai per fare interviste e scegliere il montaggio, ricordo che mi divertii molto! In realtà, il mio primo articolo lo scrissi nel 1960, avevo 10 anni e l’occasione fu un tema sull’Unità d’Italia; con quell’elaborato partecipai ad un concorso che avrebbe premiato un bambino per ogni città. Mi classificai tra i primi e vinsi un premio che andai a ritirare, accompagnata da mio padre, a Torino dove avevano allestito il Villaggio per il Centenario. Quando arrivammo si creò il caos perché, dato che mi chiamo Antonino di cognome e Biancastella di nome, la giuria aveva frainteso e pensava fossi un maschio, quindi iniziarono a cercare Antonino, che poi scoprirono essere una bambina! All’università mi iscrissi a filosofia; il mio primo saggio era dedicato all’attività ed agli scritti politici dal 1895 al 1920 di Giovanni Modugno, nel 1981 il Comune di Bitonto me lo pubblicò.

Cesare Sughi, nel 2004, in un pezzo scritto, per il Resto del Carlino, nella rubrica dedicata ai personaggi di Bologna la descrisse come una donna formatasi passando, con aperto orgoglio, da studi di filosofia morale a studi sul meridionalismo in Salvemini – roba fine e robusta – prima di passare ai ranghi della pubblica amministrazione. Una donna per cui funziona un inconsueto spirito della ragione. Una donna che governa la BUB considerandola una sfida da affrontare in campo aperto navigando anche tra gli scogli, che pure ci sono, non cedendo ad altri il timone. Concludendo, sicuro: ci deve essere qualche traccia normanna in questa bionda signora,accorgendosi, soprattutto, del segno inconfondibile di chi è abituata ad ottenere ciò che vuole.Questo coraggio, quanto è stato nutrito dalla sua formazione filosofica?
Sono laureata in filosofia e questa mia formazione è stata importantissima per me. Ricordo quando da matricola il mio maestro, il professor Semerari, iniziò il corso chiedendoci “ma voi perché avete fatto filosofia? La filosofia a cosa serve?”. Inizialmente volevo fare sociologia, iscrivermi a Trento, ma all’epoca (sono una sessantottina perché mi sono iscritta all’università proprio nel 1968) Trento era considerata il covo delle BR e mio padre, spaventato, mi proibì di lasciare Bari per intraprendere un viaggio così “pericoloso”. Allora scelsi filosofia, accontentandomi di convertire la vena sociologica nell’inidirizzo filosofico etico-sociale. Mi laureai con una tesi di filosofia morale. La filosofia mi è servita ad assumere un atteggiamento critico in senso kantiano, non bisogna prendere niente per “già dato”, bisogna ragionare, usare la ragione anche quando non sembra esserci alcuna spiegazione logica nei fenomeni che ci accadono e seguire metodo. Ecco, per me la filosofia è un metodo che mi ha insegnato ad intelligere l’esperienza, a capire cose di cui non so o non conosco. Per il mio lavoro di direzione amministrativo-bibliotecaria ho dovuto imparare contabilità di Stato, diritto, ed è una continua formazione ed, anche, uno sforzo, ma se dentro di sé si porta un desiderio grande, anche se si fa altro rispetto alle proprie ambizioni totalizzanti, si riesce comunque ad esprimersi al meglio e a continuare a conoscere. È un percorso di scoperta guidata dalla curiosità e che si sostanzia nel piacere della creatività.

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Ringraziamo Biancastella Antonino per la sua generosità e per la sua autenticità, soprattutto per la sua franchezza che ci ha permesso di vedere da vicino la situazione che “fiancheggiamo” tutti i giorni, quando attraversiamo via Zamboni recandoci nelle nostre facoltà, senza accorgercene, perché è una realtà che ci riguarda, ma che resta nascosta dentro imponenti palazzi accademici.

Questa dettagliata conversazione ci consente di pretendere che le decisioni vengano vagliate insieme agli studenti e che sia discussa la priorità delle questioni all’ordine del giorno. Ora che a Bologna è in atto il Piano Metropolitano, che la complicità tra Comune ed Alma Mater si mostra sempre più stretta; che si progettano grandi investimenti per la riqualificazione dell’area urbana Staveco da destinare all’UniBo; che tante nuove sale studio sono già state finanziate con i fondi per i diritti allo studio; che è in atto la Rivoluzione Alma33.. ora, vorremmo poter pensare che la BUB merita attenzione e cura, che è nostra, di studenti e studentesse, che possiamo vantare un bene che ci può rendere orgogliosi anche all’estero  e che forse nemmeno sappiamo di avere. Un bene che possiamo perdere se continuiamo nell’indifferenza o nella sottovalutazione di presenze al lavoro, che resistono e che diamo per scontato: tutti quegli studiosi e quelle studiose che continuano a tenere aperta la BUB, pazientemente, aspettando che noi iscritti all’Alma Mater ci rendiamo conto di quanto potremmo perdere se non inizieremo a pretendere che la regolamentazione corretta e completa della BUB venga portata a termine dopo tutti questi anni: nuovi posti di lavoro, un’apertura meno faticosa, e così la fruizione, lo studio e la ricerca più approfondita e condivisa dei fondi, senza scadenze.

Intanto, per iniziare, chi non l’ha ancora fatto, può andare a visitare e a consultare la BUB (per un tour virtuale), così, nell’immediatezza  potrà capirsi cosa potremmo perderci e cosa potremmo viverci di più, capire che si tratta di uno spazio e di uno scrigno  che è nostro diritto rivendicare e partecipare.

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