Storia di un’auto con un motore di troppo

Nel periodo tra le due Guerre Mondiali, un arzillo modenese che aveva visto infranti i propri sogni di pilota decise di non rinunciare comunque alla sua passione per i motori, e si concentrò sulla progettazione di auto da corsa lavorando per l’Alfa Romeo. Si chiamava Enzo Ferrari e nel 1935 dirigeva da qualche anno la Squadra Corse Alfa Romeo, gestendo lo sviluppo delle vetture da competizione.

In quegli anni, nel mondo delle gare di auto, tutto era condizionato al volere dei tedeschi della Germania nazista, che si imponevano a 360 gradi, dall’organizzazione delle corse alla distribuzione delle risorse disponibili per i concorrenti, assicurandosi un dominio incontrastato che doveva servire a rinsaldare l’immagine del Reich.

Nel tentare il tutto per tutto, il giovane Ferrari si fece venire un’idea piuttosto bizzarra: dal momento che le teutoniche Auto Union (futura Audi) e Mercedes sembravano irraggiungibili in quanto a potenza del motore, decise di studiare una vettura che ne avesse due, uno davanti e uno dietro, di uguale cilindrata, per una potenza “doppia”.

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Nacque così l’Alfa Romeo 16C Bimotore, auto fantascientifica, che venne affidata al campione Tazio Nuvolari nei Gp di Tripoli e Berlino del ’35. Proprio Nuvolari, capace di spingersi oltre ogni limite, dal primo istante percepì che la “creatura” era troppo, perfino per lui. Si rese protagonista di sbandate al limite in entrambe le gare, evidenziando problemi di controllo enormi, dati dalla sproporzione tra potenza e telaio.

Il pilota sentenziò che la 16C in circuito non poteva correre, era poco sviluppata, rozza e impossibile da adattare alle traiettorie raffinate delle curve di una pista, troppi cavalli e troppo scalpitanti (più di 540, una follia per allora). Ferrari non ci stava ad abbandonare un progetto strampalato quanto ambizioso e allora pose le sue condizioni: per la pista avrebbero pensato ad una nuova Alfa, ma la Bimotore qualcosa doveva vincere.

Un mese dopo, dunque, Nuvolari, spazientito e in disaccordo con Ferrari, dovette salire a bordo della Bimotore per polverizzare il record mondiale di velocità sulla distanza di un chilometro e di un miglio, sul tratto appena asfaltato dell’autostrada Firenze-Lucca. Come in gara, la Bimotore si confermò pericolosissima da guidare, sbandando anche in rettilineo per la deportanza dell’aria: i record vennero battuti entrambi con punte di 360 km/h, ma Nuvolari, una volta sceso, giurò di non aver avuto mai così paura in vita sua.

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