Mimose: Victoria Ocampo, lynchpin della scena intellettuale in Argentina

Buenos Aires. C’erano una volta, nei lontani anni Trenta, Victoria e Silvina Ocampo. Entrambe scrittrici e traduttrici di scrittori moderni francesi e anglosassoni, la prima fu eminentemente editor, la seconda anche poetessa. In questo breve ritratto ci concentreremo sulla sorella maggiore, Ramona Victoria Epifanía Ocampo.

Me preguntás si creo en las estrellas, en los ojos, en los sueños… Pero Delfina, yo no creo sino en eso.
(cit. Autobiografía II, El imperio Insular)

Victoria Ocampo fu quello che per l’Europa ha significato il genio della libraia Sylvia Beach a Parigi. Tra l’altro, la stessa Victoria passò lungo tempo a Parigi, infatti, solo diciassettenne e “well-chaperoned” secondo gli usi del tempo, la famiglia le permise di assistere a varie lezioni della Sorbona ed al Collegio di Francia, in quest’occasione rimase folgorata dalle conferenze tenute da Henri Bergson, forse fu proprio da quel momento che adottò un’idea che non smise più di accompagnarla, “la vita non è che un istante“.

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In patria fondò la rivista Sur – il nome fu deciso insieme al filosofo Ortega y Gasset (maestro di Maria Zambrano) durante le loro conversazioni telefoniche. La rivista divenne promotrice dei capolavori di quell’epoca perché come casa editrice pubblicò Alfonso Reyes, Borges, lo stesso Ortega y Gasset, ma anche Alfred Huxley, C. G. Jung, Virginia Woolf, Sartre, Kerouac, e Camus, Julio Cortazar, Gide, Thomas Mann, T. S. Eliot, André Malraux, Henry Miller, Octavio Paz, senza dimenticare Horacio Quiroga. Quest’ultimo, uruguaiano vissuto quasi sempre in Argentina, è uno di quegli scrittori che in Italia fu scoperto e tradotto da Italo Calvino, il quale fece conoscere anche l’opera letteraria della sorella di Victoria, la talentuosa Silvina Ocampo. Bioy Casares, suo cognato, disse: “’Sur’ was a challenge for her, like the forging of a new path through the jungle.”

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Tornando a Victoria, c’è da dire che curò sempre con attenzione la lettura e l’interpretazione dell’opera delle donne nelle arti, tanto che fra le sue opere si ricordano in particolare: Da Francesca a Beatrice,  uno studio sull’opera dantesca del 1924, la sua prima opera che pubblicò a trentatré anni;  La mujer y su expresión, un’opera dedicata a Emily Brönte e Virginia Woolf en su diario nel 1954. Insieme a Borges e a Casares curò un’antologia della letteratura fantastica ed un’antologia sulla letteratura argentina. È risaputo che Borges la definì la “mujer más argentina” e che le dedicò un bellissimo omaggio (qui l’audio). Una stanza tutta per sé è la prima opera che Victoria lesse di Virginia (cfr. Le piccole parole di Virginia Woolf) e probabilmente si chiese in che proporzione avrebbe si sarebbe potuta sfruttare altrettanto bene una “casa tutta per sé”… Sì, perché l’aristocratica Victoria era proprietaria di una bellissima villa, San Isidro a Mar del Plata sull’Oceano Atlantico, in cui trascorreva le estati invitando intellettuali di tutto il mondo con cui stringeva insolubili relazioni d’amicizia: tra essi Camus e Rabindranath Tagore. EDU_VILLA_OCAMPO_02Viaggiò anche a Londra, in Spagna ed in Italia: visitò nei pressi di Palermo una casa disegnata da Alejandro Bustillo e scrisse sul suo diario;  “Mmodern architecture seemed to me one of the most revealing emblems of the era we lived in.” Forse, da tutte queste suggestioni maturò il desiderio in lei di lasciare in eredità san Isidro all’UNESCO: da una stanza tutta per sé a centro di ricerca e formazione universale che è diventato realtà nel nuovo millennio. Fino al 2003, la villa rimase vuota e bruciarono le soffitte durante un incendio quell’anno, poi è arrivato il Proyecto Villa Ocampo che in collaborazione con l’UNESCO non ha solo ristrutturato tutto l’edificio, ma l’ha anche aperta al pubblico per poterla visitare come museo e partecipare alle numerose attività culturali organizzate, lo spirito è quello di proporre attività interdisciplinari che formino un dialogo autentico sulla conoscenza.

In a country and in an era in which women were generic, she had the distinction of being an individual.. she dedicated her fortune, which was considerable, to the education of her country and of her continent…Personally I owe a great deal to Victoria, but as an Argentine, I owe her far more.

(cit. Jorge Luis Borges)

Victoria ha diretto per quarant’anni Sur, rivista che fu definita da Julio Cortazar come “inestimale per noi studenti in cerca della nostra strada negli anni Trenta e Quaranta del Novecento” e Ocatvio Paz aggiunse: “Victoria is something above and beyond: she is the founder of a spirituocampoal space. Because Sur is not merely a publication or an institution: it is a tradition of the spirit.”, ma non solo… Di lei va detto che riuscì ad entrare all’Accademia Argentina delle Lettere,fondò uno dei più antichi movimenti femministi dell’Argentina, la Union de Mujeres (Unione delle donne), membro dell’International PEN Club ottenne la laurea honoris causa all’Università di Harvard.

Una donna ricca, bella e di successo, ma non è questo il punto, il cuore sta nella curiosità e nell’amore che aveva per la cura delle lettere e del pensiero. Torneremo a parlare di lei e della sorella Silvina, ora vorrei solo aggiungere un tratto che le accomuna e che rispecchia ciò che potremmo definire ascendenza letteraria d’avanguardia, ossia l’adozione di uno “sguardo obliquo”, uno sguardo altro rispetto alla prospettiva maschile, al contempo senza “distruggere” o ignorare il sapere come trasmesso nei secoli. Così, le due sorelle hanno operato considerando che il campo delle lettere riservava ancora troppo poco spazio alle proposte femminili, quasi completamente ignorate dalla critica, si sono ciò mosse da “lettrici” reclamando, producendo e  selezionando una nuovo tipo di narrativa. Soprattutto misero al centro la scrittura narrativa letteraria come pratica spirituale, ossia uno spazio oltre l’identità e la nazionalità, poiché la vita, spesso, si radica nella necessità di scrivere per vivere.

 

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