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Alla ricerca di un mondo bellissimo con Sally Rooney

Lo stiamo leggendo tuttǝ, anche chi lo nega: è Beautiful World, Where Are You? (2021), l’ultimo romanzo di Nostra Santissima dei Millenial, Sally Rooney.
Arriva dopo Conversations with Friends (2017), in Italia Parlarne tra amici (2019), Normal People (2018), da noi Persone normali (2020), e la meravigliosa trasposizione per la tv fatta da Hulu. Arriva a completare l’opera della Rooney e, allo stesso tempo, a spostarla un po’ più in là, a giocare con la metaletteratura, così contemporanea da essere pericolosamente prossima, così vicina da essere uno specchio.

Le pagine di questo libro sono piene di Alice, scrittrice di successo che è appena tornata a Dublino dopo misteriosi anni spesi tra New York e una clinica, Eileen, che lavora come editor in una rivista letteraria, Felix, che è giovane e diretto, Simon, che è più grande ed estremamente calm&collected, e delle dinamiche tra di loro. In particolare, quella tra Alice e Eileen, amiche dal college e unite anche – e soprattutto – a distanza grazie a una fitta corrispondenza via email: un capitolo sì e uno no di questo libro, infatti, è un carteggio digitale in cui inseguiamo i pensieri e i ragionamenti delle due ragazze ben oltre quello che accade nel resto del libro. In queste parentesi, che ricordano gli scambi epistolari tra intellettuali così presenti in passato, ricchi di ragionamenti tanto sulla realtà quanto sugli ideali, oltre all’analisi della contemporaneità politica, sociale, ambientale, economica, editoriale e patriarcale – finalmente due donne che hanno molto da dire e possono farlo, in uno spazio sicuro e di valore, che le autorizza a esistere non solo come personaggi ma come osservatrici multidimensionali – emerge anche l’incessante bisogno di confronto con l’altro che definisce chi siamo e come esistiamo: «I never know what to think until I talk to you» dice Alice a Eileen (p. 269). Non esistiamo da solə, e nonostante le due coppie Alice–Felix e Elieen–Simon corrano in parallelo per tutta la narrazione, è il rapporto tra Alice ed Eileen attraverso gli anni e i fallimenti a fornire un senso e una chiave non solo di lettura, ma anche di esistenza. Perché chi si concentra sui lunghi, dettagliati momenti di sesso che costellano il racconto, non sta guardando la luna ma il dito: questo è un libro sul capitalismo.

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Il capitalismo impedisce la bellezza del mondo

La bellezza fine a se stessa è inutile, perché improduttiva. Il capitalismo cerca di sfruttarla in ogni modo per farla diventare un prodotto e una spesa, qualcosa da conquistare e ottenere pagando, che ci porta a uno status diverso dagli altri; la bellezza ci deve lasciare insoddisfattə, altrimenti il mercato si fermerebbe.

Eppure, i nostri personaggi, in particolare Alice ed Eileen, hanno tanto bisogno di bellezza: ne parlano, la pensano e la ricercano – lo capiamo da come Sally Rooney descrive come si vestono, come si muovono, le cose che scelgono di toccare. Questo è un libro altamente sensoriale: abbiamo profumi, sapori e texture, ma anche e soprattutto corpi che si incontrano, si osservano, si sfiorano o si penetrano. C’è però anche un altro livello di bellezza, meno mondana, più universale: quella che ci viene promessa insitamente alla nostra nascita, quella che ci spetta in quanto persone, quella che ci viene insegnato possiamo ottenere e dobbiamo pretendere di poter assaporare. Ma come trovarla in un mondo che ci chiede di rimanere chiusi in ufficio o in un magazzino tutto il giorno, di rimanere dietro un computer o di dormire in un hotel, che non ci dà tempo di assaporarlo, di goderne, di viverlo e di ricercarne la bellezza. Ah, scusate, non è il mondo a farlo: è il capitalismo.

Yeah, working doesn’t make you working class. Spending half your pay cheque on rent, not owning any property, getting exploited by your boss, none of it makes you working class, right? So what does, having a certain accent, is it?

BWWAY, p. 103

Tra Felix, Simon, Eileen e Alice il peso del capitalismo è equamente distribuito: nessunə lo sopporta da solə, l’insoddisfazione è condivisa e scorre tra loro, blocca le loro vite e poi le conduce dove vuole, lə allontana e lə fa scontrare, dispera e non soddisfa. «I am burned out. I only had two good ideas. No, it was painful anyway» (p. 253) ammette Alice, che non riesce a scrivere il terzo libro (hello, Sally Rooney!) ed è considerata quella di successo tra i quattro, quella che ce l’ha fatta. Ma non è avere fama e una pagina su Wikipedia a decretare la fortuna, non è l’essere un avvocato stimato, non lo è essere la brava ragazza, nemmeno il chinare la testa e far funzionare gli ingranaggi del sistema: arrivare al giorno dopo è difficile per tuttə, a volte quasi impossibile.

Verso la fine del mondo

Sally Rooney segue tuttə e quattro i personaggi come se fosse tra loro, ma non sempre con loro: ogni tanto le porte si chiudono e noi non possiamo entrare, ci sono delle zone che rimangono solo accennate o del tutto oscure, c’è un livello di intimità che dobbiamo rispettare e che è dettato da chi narra – è al suo gioco che dobbiamo stare. Però è anche una narratrice che ci indica dove guardare.

«We are standing in the last lighted room before the darkness. […] There is no chance for the planet, and no chance for us»: mentre il mondo attorno a noi collassa, si accartoccia su se stesso, mentre le nostre possibilità sono al contagocce e sembra non rimanere più niente, rimaniamo noi.

Il capitolo 25 mi ricorda Al faro della Woolf: raccoltə in cucina, attorno al tavolo, con movimenti consolidati che sembrano proporre un rituale, con tutto connesso e parlante, improvvisamente c’è senso. Non c’è bellezza forse, ancora, ma c’è finalmente un senso – ed è l’essere insieme, l’esistere insieme, l’unə per l’altrə.

And the house around them quiet and solid with its nailed-down floorboards, with its bright burnished tiles in the candlelight. And the gardens dim and silent. The sea breathing pacefully outside, breathing its salt air through the windows. To think of Alice living here. Alone, or not alone. She was standing at the countertop then, serving the crumble out into bowls with a spoon. Everything in one place. All of life knotted into this house for the night, like a necklace knotted at the bottom of a drawer.

BWWAY, p. 253

Questo è un romanzo sulle relazioni – colte nel momento in cui accadono, in cui ci sostengono, in cui ci avvolgono e ci permettono, grazie alla loro improduttività, di vincere ancora una volta contro il non-senso. Anche se per una sera soltanto, per un libro soltanto.

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