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Ricongiungersi con “La metà scomparsa”: Brit Bennett

Brit Bennett non è nuova al mondo dei romanzi – e dei bestseller: il suo esordio nel 2016, The Mothers (Le madri, in Italia con Giunti), l’ha subito collocata nell’Olimpo delle scrittrici contemporanee a soli 26 anni e, secondo il Time, è una delle “Next 100 Influential People”.
Ora è tornata: ancora un romanzo familiare, ancora donne, madri e figlie, ancora ricongiungimenti sfiorati e parti per sempre mancanti. D’altronde, è ciò che conosce meglio, come ha rivelato lei stessa: «Una delle cose peggiori che avrei potuto fare da giovane era rimanere incinta. Un’altra cosa che mi spaventava tantissimo era perdere mia madre». E del legame che unisce madri e figlie, degli errori e delle paure, del vivere all’ombra di ciò che temiamo di più continua a raccontarci Brit Bennett.

La metà scomparsa (Bompiani, 2021) è stato sin dall’uscita in vetta alle classifiche del New York Times, oltre che consigliato caldamente anche da Barack Obama, e diventerà una mini serie per HBO.
Una caccia ai ricordi e ai legami divisa in sei parti: Le gemelle perdute (1968), Mappe (1978), Le linee del cuore (1968), L’ingresso degli artisti (1982), Pacific Love (1985–88), Luoghi (1986). Storie che si sovrappongono e inseguono con la Bennett che tiene ben saldi tutti i fili, che prende e lascia senza paura di farci perdere, che intreccia con abilità e che disperde con fiducia. Assistiamo a un miracolo – e non è quello del sangue, ma quello della narrazione.

A volte essere una persona e non un’altra dipendeva dalle piccole cose.

La metà scomparsa, p. 31

Il titolo originale, The Vanishing Half, è molto potente: “vanishing” significa che continua a sparire, che scompare anche ora, che non smette di perdere forma e rarefarsi. Un ragionamento sull’identità che si sdoppia, non solo tra due gemelle ma anche tra due modi paralleli di esistere nella stessa realtà, una prospettiva sul colorismo vissuto in un mondo (quello delle gemelle) dentro un mondo (quello di Mallard) dentro un mondo (gli USA tra gli anni Sessanta e Ottanta): cosa succede se due sorelle gemelle perfettamente identiche decidono di vivere la loro vita una da bianca e una da nera?

La strada che prende Stella è quella del privilegio che la costringe a vivere però nascosta, sempre un passo indietro, e corre parallela a quella di Desiree, di chi lavora ogni giorno ma diventa un punto di riferimento affettivo, il centro tanto di un paesino quanto di una famiglia. Ci mostra la Bennett che non c’è una scelta che prevale sull’altra, una che si dimostra più giusta dell’altra, non è un esperimento nel nome della scienza o di un’ideologia: sono due persone che si allontanano e vivono – provano a vivere – l’una senza l’altra in una società che forse non è fatta per nessuna delle due.

Brit Bennett fotografata per Vogue

Tutto parte, e tutto finisce, a Mallard, un paesino della profonda Louisiana destinato a sparire – o trasformarsi. Un luogo nato dal nulla per volere di un ex schiavo che voleva creare un paese per quellə che, come lui, non erano né bianchə né nerə, anzi: un rifugio per chi voleva passare per bianco perché non poteva essere nero. Qui inizia la vita di Desiree e Stella Vignes, due sorelle gemelle che sono abbastanza fortunate da nascere con la pelle ambrata in una comunità in cui, pur essendo tuttə mixed, le sfumature continuano a contare. Anche troppo.

Suo padre aveva la pelle talmente chiara che se in una mattina di freddo Desiree gli rigirava il braccio vedeva l’azzurro delle vene. Ma non era contato nulla quando i bianchi erano venuti a prenderlo.

La metà scomparsa, p. 16

Brit Bennett fa così: ci conduce nel centro delle cose, anche quelle più drammatiche, quando stanno già succedendo. Veniamo travoltə dagli accadimenti quasi come i personaggi stessi, ma con uno scarto di secondo troppo tardi: conosciamo ciò che succede ed è successo sempre meno di loro, mai per intero, come se la Bennett tenesse qualcosa solo per sé e per la loro intimità, una parte del racconto a cui non potremo mai accedere.

Senza più padre, con una madre che lavora alle dipendenze di persone di colore più bianche di lei – perché dalle gradazioni non si scappa –, le gemelle fuggono da Mallard il 14 agosto 1954, approfittando della confusione dopo il ballo della Festa del Fondatore. La direzione è New Orleans: qui le gemelle possono contare solamente l’una sull’altra, ma qui è anche dove realizzano che nessunə le conosce come gemelle. Possono essere, per la prima volta, una persona sola o, anche, due persone diverse.
Ed è il momento in cui la separazione inizia.

“Perché, all’epoca chi eri?”
“Una gemella”. Strano che dopo tanti anni ancora si considerasse una gemella. […]
Come abbiamo fatto io a diventare io e tu a diventare tu?

La metà scomparsa, p. 266

Il ricongiungimento sarà a una generazione di distanza: le figlie di Desiree, Jude (scurissima, lavoratrice e accademica), e di Stella, Kennedy (bianchissima, borghese e con mire da attrice), si incontreranno in modo inaspettato, in un terreno neutro necessario perché possano riconoscere la metà scomparsa della rispettiva madre.
Perché, scopriamo grazie all’abile intreccio dei piani temporali e narrativi, Stella non ha mai smesso di pensare a Desiree, vedendola in altre persone, proiettandola nella sua vita, chiedendosi cosa stia facendo. Non è quindi il personaggio negativo che ci immaginiamo nella prima metà del libro, la figura forte e indipendente che vuole andare a prendersi un futuro e un presente glamour. Si rende conto della quantità di libertà che le spetta solo quando mette il braccio attorno a quello di un uomo bianco e può diventare così una moglie rispettabile, ricca e, finalmente, invisibile.

Era quasi arrabbiata con i genitori per averle negato quella possibilità. Se loro per primi si fossero fatti passare per bianchi, se l’avessero cresciuta come bianca, sarebbe stato tutto diverso.

La metà scomparsa, p. 196

Diritto al lavoro, diritto all’abitazione, violenza domestica, identità di genere, povertà e benessere, politica e sentimenti: nulla è escluso dal racconto, tutto viene affrontato da diversi punti di vista che esistono contemporaneamente e si negano a vicenda, in una gara di potere a volte psicologica e troppe volte fisica.

Proprio per questo i personaggi che ho più amato de La metà scomparsa non sono le quattro donne protagoniste: sono tre persone che orbitano loro attorno ma che sono essenziali perché permettono loro di diventare chi sono.
Sono Adele, la capofamiglia, e il suo dolce e confuso declino; Reese, che era Therese Anna Carter e di cui è impossibile non innamorarsi perdutamente; Loretta, la vicina di casa che nessunə vuole e che tuttə dovrebbero conoscere. Tre persone che mostrano alle quattro protagoniste che un altro modo di esistere è possibile,

Non è che uno trova se stesso pronto ad aspettarlo da qualche parte: bisogna costruirselo. La persona che si vuole essere bisogna crearsela.

La metà scomparsa, p. 349

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