La musica è una cosa seria – C’est la vie

“Forse la giovinezza è solo questo perenne amare i sensi e non sentirli”: dice così Sandro Penna, poeta italiano, molto apprezzato da Pasolini. Ma forse si dovrebbe osare, dire che i sensi, se alimentati dalla passione, vengono percepiti e sono vivi, non solo amati. Fanno tremare le corde vocali, smuovono tutti gli organi, lasciano il fiato sospeso.

La musica ti salva
ti riduce in miseria
la musica ti uccide
la musica non è una cosa seria.
(Lo stato sociale)

Dice Lodo Guenzi, (cantante de Lo stato sociale n.d.a) riferendosi alle persone che non hanno compreso il senso della canzone La musica non è una cosa seria, che in realtà il titolo vuol significare tutto il contrario. Infatti “Si parla di un rapporto di dipendenza, odio e amore da una pratica che ti porta momenti di grande liberazione e altri di angoscia, impotenza, vociare continuo di cazzate sopra, attorno e dentro te. E della voglia di fuggire e trovare una pace nuova, insieme, da liberi.”. Dunque, la musica è una cosa seria, eccome!

Il panorama musicale è abbastanza vasto, soprattutto qui in Italia ci sono moltissimi giovani che hanno voglia di dimostrare chi sono, rischiare, mettendoci l’anima. Tropismi ha intervistato per voi due componenti di una band bolognese, chiamata C’est la vie, che ci hanno raccontato la loro passione per la musica, le difficoltà che affrontano in un periodo di crisi culturale come quello di oggi, i loro progetti e le loro esperienze. Li ringraziamo per la loro disponibilità, per averci mostrato quanto importante sia la dedizione nei confronti di qualcosa in cui si crede ciecamente. D’altronde bisogna rischiare, sempre, il tutto per tutto, vada come vada: come si suol dire “C’est la vie“.

Come e quando è nato il vostro gruppo?
Il nostro gruppo è nato intorno al 2006, eravamo un duo (Samu e Jan) e avevamo scritto una canzone intitolata L’ultimo agosto, il gruppo si chiamava Two Baileys. Poi, nel 2012, sono nati i C’est la vie con la seguente formazione: Samu chitarra e voce, Jan tastiere e voce, Pietro al basso elettrico e Nicola – detto Nix – alla batteria. Nel novembre 2013 la formazione è cambiata nuovamente con Nicola al basso e Francesco alla batteria, mentre noi, Samu e Jan, siamo rimasti. Il nome C’est la vie lo abbiamo scelto perché ha un significato internazionale, accessibile a tutti e per questo ci piaceva.

Come definireste il vostro genere e quali sono i gruppi a cui vi ispirate?
Il nostro genere lo definiremmo “acoustic-pop-sperimentale” perché di fatto è musica acustica (chitarra e pianoforte sono originariamente strumenti acustici), poi perché le nostre canzoni sono pop nel senso di “musica leggera”, sperimentale nel senso che spesso non abbiamo neanche noi le idee chiare sugli arrangiamenti e le sonorità, ma semplicemente le ricerchiamo suonando. Essendo un gruppo composto da quattro persone, è quasi scontato dire che tutti e quattro ascoltiamo musica differente che influisce inevitabilmente sulle nostre creazioni. Per quanto riguarda il panorama musicale italiano ci sentiamo affini ai Baustelle, per quello internazionale, invece, ci avviciniamo al brit pop, dai Coldplay a Ben Howard, a tutto il cantautorato acustico del mondo anglofono e siamo interessati a varie sperimentazioni musicali. Ovviamente molto dipende da quale componente scrive la musica, arrangiamenti e testi.

Dal vostro canale youtube si può vedere che avete fatto un’esperienza all’estero: ci raccontereste come è stato e cosa ha significato per voi?
C'est la vie 3Inizialmente Nix (allora batterista/cantante n.d.a) ha raggiunto me (Samu) a Birmingham dove mi trovavo in Erasmus e abbiamo suonato in tre locali/pub tra cui lo Yardbird jazz club. Al nostro ritorno, tutti e quattro abbiamo preso il treno e siamo arrivati a Parigi. Quella è stata un’esperienza bellissima, abbiamo suonato in tre locali, tra cui il Marcovaldo (61 Rue Charlot), ma quello che più ci ha fatto emozionare è stato suonare in strada, sul Pont des Arts. In quei giorni a Parigi c’era la Fête de la musique, una manifestazione gratuita che si tiene a giugno per festeggiare il solstizio d’estate. È stato bellissimo perché le persone si fermavano ad ascoltarci, ci davano delle monete e volevano fare delle fotografie con noi. Per noi è e sarà indimenticabile tanto che vorremmo rifarlo.

Avete in programma dei progetti futuri?
Abbiamo realizzato un EP C’est la vie 2014 con cinque pezzi di cui due inediti, uno si intitola Nella notte, ma abbiamo deciso di lavorare più concretamente a un cd che vorremmo registrare e pubblicare nel 2015. Quello che vogliamo fare è curare di più la parte tecnica in quanto fino ad ora ci siamo focalizzati principalmente sul concetto artistico: a noi piace scrivere canzoni e trasmettere quello che proviamo, più ci spinge a far musica in effetti, siamo esseri fin troppo emotivi (risate n.d.a.).

Come definireste la situazione musicale in Italia?
Samu: Io penso che ci possano essere due lati, uno positivo e uno negativo. Quello negativo è che l’Italia non è molto aperta al circuito internazionale rispetto ad altri paesi, come ad esempio l’Inghilterra, dove è possibile imbattersi in tantissimi generi di musica, concerti e autori emergenti. È come se la musica dal vivo facesse parte della normalità, mentre qua sembra essere in via d’estinzione. Il lato positivo qui in Italia o meglio a Bologna perché concretamente conosco solo questa realtà, invece, è il fatto che molti giovani, che condividono la nostra stessa passione per la musica, tengono in vita la scena divertendosi e conoscendosi tra di loro. C’è una sorta di bella solidarietà artistica a Bologna: un esempio è l’evento a cui parteciperemo il 24 ottobre all’Arterìa.
Jan: Io penso che si debbano considerare due lati che discostano ovvero quello economico e quello artistico. Sul lato economico, mi sembra si tratti di un mondo dove tutto va male e quindi chiunque abbia un po’ di potere (anche pochissimo) si sente autorizzato a farlo andare peggio, con tutto quello che questo significa in termini di promozione e incentivi. Sul lato artistico, invece, distinguerei tra domanda e offerta: se l’offerta è buona, essendoci diversi gruppi interessanti e originali a livello underground, la richiesta è scadente, o meglio sempre la stessa, perché il pubblico è piuttosto pigro e conservatore e quindi le case discografiche sono giustificate a far emergere alcuni artisti al posto di altri e in radio viene passata sempre la stessa musica.

Quali sono le vostre prossime esibizioni in agenda?
C'est la vie 2Suoneremo il 10 ottobre a Ca’ de Mandorli (San Lazzaro di Savena) con un’altra band (Gasoline Blues Band). Il 24 ottobre, invece, suoneremo all’Arterìa (Bologna), apriremo il concerto degli Akibu, cinque ragazzi grossetani a cui, come noi, piace fare musica semplice ma non facile. Ci esibiremo insieme nella neonata cornice del “Suona semplice“, una rassegna organizzata con passione dal collettivo bolognese HMCF (Hey Man Close Friends) e in particolare dal suo animatore Teo Filippo Cremonini. Un’occasione più unica che rara nel panorama bolognese di assistere a musica live di qualità, indipendente e a ingresso gratuito. Sarà una bomba!

Il 21 settembre è uscito il vostro nuovo singolo intitolato Montmartre, scritto da Jan che è stato a Parigi per un anno e ha vissuto personalmente quell’atmosfera. Di questa canzone è stato realizzato un video molto bello e particolare, ci raccontate come è nato?
Siamo stati molto contenti quando abbiamo ricevuto la proposta di collaborazione da parte di “amici di amici” di Livorno. Hanno ascoltato il pezzo e a loro è piaciuto così tanto da realizzare un video. Quello che ci accomuna è la passione, la nostra per la musica, la loro per la realizzazione di filmati. È davvero bello rendersi conto di quanto possa contare la dedizione e la passione che si ha per qualsiasi aspetto culturale in un mondo come quello della musica indie-pendente, questo ci aiuta e ci stimola.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.