Chiare, fresche e dolci acque da salvare

Ogni essere vivente sul nostro pianeta deve la propria vita all’acqua, un composto chimico in cui due atomi di idrogeno, legandosi ad un atomo di ossigeno, danno origine all’elemento più importante per l’ecosistema terrestre. Più del 70 per cento di quest’ultimo è ricoperto di acqua, di cui però solo il 2,5 per cento risulta direttamente utilizzabile, in quanto costituito da acqua dolce prevalentemente localizzata negli estesi ghiacciai artici ed antartici. L’uomo stesso è per il 70 per cento composto da acqua, per cui è facilmente comprensibile intuire la basilarità di questa risorsa, talmente preziosa da aver ricevuto l’appellativo di oro blu.
water-4
L’importanza dell’acqua è nota fin dai tempi più antichi, principio di tutte le cose secondo il filosofo Talete e sicuramente un requisito imprescindibile per lo sviluppo delle più grandi civiltà, se pensiamo ad esempio a quella egizia sviluppatasi sulle rive del fiume Nilo, il quale continua tutt’oggi a rendere fertili quelle terre che altrimenti sarebbero desertiche. Fondamentale per l’uso civile, agricolo ed industriale, proprio l’acqua però rischia di diventare vittima dell’uomo e dei suoi metodi di utilizzo, senza limiti e senza regole. La combinazione tra crescita demografica, cambiamenti climatici ed insufficienti politiche ambientali ha iniziato a mostrare i suoi effetti tutt’altro che positivi. Proprio per effetto dei primi due componenti, negli ultimi cinquant’anni le risorse idriche pro capite si sono praticamente dimezzate, con più del 2,5 per cento della popolazione mondiale costretta a convivere con le difficoltà dovute alla costante scarsità d’acqua. Analizzando i consumi domestici inoltre, la preoccupazione più grande riguarda principalmente la popolazione urbana (soprattutto in Asia e Africa) la quale nel 2010 ha ufficialmente superato quella rurale e in proiezione arriverà a costituire il 54 per cento dell’intera popolazione mondiale nel 2050.
Acqua1Tra dieci anni il consumo d’acqua aumenterà del 18 per cento nei paesi sviluppati e del 50 per cento in quelli in via di sviluppo con conseguenze catastrofiche se non iniziamo a porvi rimedio. Nel 2010 l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è vista costretta a riconoscere l’accesso all’acqua un diritto umano, un gesto significativo piuttosto sconfortante che si inserisce all’interno del fervente dibattito sulla natura dell’acqua. Cos’è infatti l’acqua, un bene comune, un diritto o una merce come tutte le altre? Stando all’articolo pubblicato sul Der Spiegel e riportato sul settimanale Internazionale c’è molta confusione a riguardo, tuttavia su un interrogativo i leader mondiali del settore economico e politico concordano senza indugi: le crisi idriche saranno il più grave pericolo sociale ed economico dei prossimi dieci anni. “Da anni tutti ripetono che bisogna ridurre i consumi di petrolio, mentre dell’acqua si preoccupano in pochi. Eppure è la risorsa del futuro, è più preziosa del petrolio, perché non è rinnovabile, ed è la fonte di ogni forma di vita” scrive Der Spiegel, ed è esattamente così. Quando si parla di acqua si parla di vita e se la prima viene a mancare, inevitabilmente la seconda entra in crisi, generando tensioni e conflitti. La questione dell’acqua è delicata ed è all’origine di molte guerre scatenate proprio dalla necessità di accaparrarsi quante più risorse naturali, senza le quali resta impensabile progettare lo sviluppo futuro.acqua-guerra-vignetta


I precari equilibri geopolitici sono dunque resi ancora più instabili proprio dal crescente esaurimento di corsi d’acqua, bacini e sorgenti sotterranee, continuamente contesi tra i vari Stati. Un concetto che ritroviamo chiaramente espresso in Guerra alla terra, un libro pubblicato nel 2009 che raccoglie varie inchieste portate avanti dai giornalisti di Peacereporter, il cui obiettivo era di rendere noto su scala nazionale quello che molti sanno ma di cui non vogliono sentir parlare: la causa scatenante di molte guerre sono le risorse naturali, spesso sfruttate così intensamente da arrivare ad esaurirle. Gli esempi non mancano, dalla guerra per il petrolio del delta del Niger allo sfruttamento intensivo del litio boliviano fino ad arrivare al conflitto israelo-palestinese, sul cui esito pesa moltissimo il problema della spartizione dell’acqua. Sia direttamente che indirettamente, Israele controlla tutte le risorse idriche della Cisgiordania, arrivando a sviluppare mezzi tecnologici altamente efficienti per la gestione dell’acqua, ma allo stesso tempo lasciando ai palestinesi solo il 20 per cento dell’acqua estratta.la-guerra-dell-acqua3 La crisi idrica di Gaza in particolare potrebbe rivelarsi molto critica anche per Israele e fino a quando non si arriverà ad una giusta ripartizione dell’acqua tra i due popoli, il raggiungimento della pace continuerà a rimanere pressoché irrealizzabile. Per riuscire a risolvere l’emergenza idrica occorre la partecipazione di più fronti, primo fra tutti quello politico che ha il dovere di intervenire con regolamentazioni più mirate, ma anche l’ambito civile, quello dell’economia e della tecnologia possono e devono contribuire. Molte sono state le campagne di sensibilizzazione degli ultimi anni, se pensiamo a quelle contro la privatizzazione delle forniture idriche in Bolivia e in Argentina e al referendum del 2011 per l’acqua bene comune sul suolo italiano.
comitato-acqua-pubblica E sempre più tecnici e ingegneri uniscono le proprie conoscenze per arrivare a concepire strumenti tecnologici più utili e meno invasivi per il recupero delle acque salate, in modo da renderle direttamente utilizzabili. L’ultimo esempio arriva dal Mit di Boston, dove un gruppo di ricercatori ha messo a punto un dissalatore fotovoltaico che permette di rendere potabile l’acqua del mare attraverso l’energia solare. Investire denaro e risorse umane in simili progetti potrebbe rappresentare una valida soluzione a lungo termine, contribuendo anche ad alimentare un barlume di speranza. Nel frattempo, consci del suo valore, potremmo tutti iniziare a pensare all’acqua come ad un diritto inalienabile individuale e collettivo, come un simbolo di coesione tra i popoli che generi solidarietà e intese piuttosto che conflitti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.