Expo 2015, COP21 e crisi ecologica

expoLa sostenibilità ambientale rappresenta il filo conduttore che lega il messaggio culturale dell’Expo milanese e la ricerca di un accordo sui cambiamenti climatici alla ventunesima sessione della Conferenza delle Parti (COP21 – rileggete il nostro articolo COP21 Parigi 2015 – Che aria tira?) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) – è il principale trattato internazionale su questo tema – conclusasi un paio di giorni fa. Detto in breve, gli indicatori di funzionamento del nostro Ecosistema affermano che risorse naturali ed energetiche sono in esaurimento, si riempiono le discariche, il clima sta cambiando e i cicli biogeochimici sono alterati (come ad esempio la decomposizione dell’ozono nell’atmosfera terrestre). I 190 rappresentanti delle delegazioni dei paesi presenti alla conferenza hanno consegnato al ministro degli esteri francese Laurent Fabius una bozza dell’accordo per combattere i cambiamenti climatici, essendone attribuita la responsabilità a questi. Si pensi che secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, nel 2012 l’Italia ha registrato il numero più alto d’Europa di decessi a causa dell’inquinamento dell’aria: sono state 84.400 le vittime. È un tema urgente che ci pone di fronte delle scadenze a cui dobbiamo essere preparati – l’accordo sarà però applicabile solo dal 2020 a favore non solo della sostenibilità ma anche della sicurezza alimentare (accedere senza limiti a cibo nutriente e acqua sicuri).

Al giorno d’oggi fare una riflessione sulle questioni ambientali implica necessariamente il delicato e complesso rapporto uomo/Natura. La mitologia greca non ha conosciuto una dea della Natura – ci sono state sì Gea (dea della Terra) e Demetra (dea delle messi e della foracità) -, la Natura ha avuto però infinite personificazioni: madre e matrigna, potente e gelosa, generosa e avara, terribile, etc… Una vera e propria riflessione sulla natura, in particolare in storia della filosofia, nasce con la filosofia presocratica. La Natura è concepita come qualcosa di unitario che è sia causa che effetto di domande come: c’è un ordine, un senso nell’insieme dei fenomeni? La mente è in grado di comprendere?

Con lo sviluppo della società capitalistica avanzata, per Max Horkheimer l’attività del pensiero si rivolge solo a rendere più efficienti i meccanismi locali del sistema: ogni elemento della realtà che visto solo come qualcosa da usare o da rimuovere in quanto ostacolo allo sfruttamento delle risorse. Spiega: «L’insensibilità dell’uomo moderno di fronte alla natura è solo una variante dell’atteggiamento pragmatico caratteristico di tutta la società occidentale».

Una riflessione su tale atteggiamento, da cui consegue la crisi ecologica,  che accese un vasto dibattito fu quella dello storico americano Lynn White Jr., autore dell’articolo The Historical Roots of Our Ecological Crisis, partendo dalla religione in cui credeva egli stesso afferma che le radici della crisi ecologica affondano nell’indiscriminato sfruttamento della natura da parte dell’uomo, autorizzato dalla superiorità che il cristianesimo gli attribuisce sul resto della creazione. «La scienza occidentale moderna fu modellata in una matrice di teologia cristiana; – specifica – il cristianesimo porta su di sé un pesante fardello di colpa a causa dei suoi effetti fuori controllo». Unica eccezione: San Francesco, considerato il patrono degli ecologisti. L’arroganza antropocentrica che Lynn analizza risale al pensiero greco, vero responsabile che ha condizionato mentalità, abitudini, tradizioni e comportamenti collettivi dell’Europa cristiana. La tesi del capitalismo tecnoscientifico favorito dal cristianesimo risaliva alla formulazione ben più autorevole di Max Weber

La crisi ecologica è anche crisi della democrazia, secondo il sociologo tedesco Ulrich Beck, morto poco meno di un anno fa. Ha sempre sostenuto infatti che i processi che accompagnano lo sviluppo tecnologico minacciano di sfuggire al controllo democratico e ai tradizionali metodi decisionali. La “società del rischio” (la cui teoria è elaborata in Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne) rende necessario coltivare e sviluppare la coscienza della superiorità del dubbio sul dogmatismo industrialista. I problemi concettuali e valoriali vanno affrontati «nel contesto di problemi ambientali concreti che si pongono a comunità reali» e ben informate, aggiungerei. Sarebbe meno complicato contribuire in modo responsabile all’utilizzo di risorse naturali e ambientali una volta acquisite le conoscenze scientifiche, storiche e filosofiche.large (8)

La Cina a Parigi nei giorni scorsi è arrivata con l’intento di guidare la lotta globale al cambiamento climatico. Senza dubbi è la sua stessa emergenza ambientale a pretenderlo. Pur investendo in energie rinnovabili (è il più grande mercato mondiale di rinnovabili), continua a scontare le contraddizioni del proprio sviluppo, rese tangibili da un rapporto sul cambiamento climatico compilato da 550 esperti e rilasciato dal governo cinese proprio alla vigilia dei colloqui di Parigi. Il livello di inquinamento dell’aria nel quartiere di Dongcheng – Pechino centro – segna 482: dieci volte più di quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità consideri accettabile. L’indice Air Quality Index (AQI) su cui si basa la rivelazione calcola le emissioni di particolato (le particelle Pm 2.5 e 2.10), ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e biossido di azoto. Secondo uno studio di Berkeley Earth, l’inquinamento dell’aria uccide oggi in Cina quattromila persone al giorno. La Cina sostiene di essere ancora una economia in via di sviluppo, di avere cioè molte meno responsabilità di coloro che inquinano da secoli. Ha dichiarato la decisione di mettere fine al modello di sviluppo adottato finora per divenire un’economia più evoluta, basata su produzione e servizi ad alto valore aggiunto. Abolendo la filosofia energivora ed incurante delle norme ambientali a favore di una competizione spietata basata su costi di produzione molto ridotti. Nel 2001 Judith Shapiro pubblica Mao’s War Against Nature: Politics and the Environment in Revolutionary China sulla storia mai dichiarata dell’impatto devastante della politica cinese sull’ambiente durante gli anni di Mao. La Cina maoista fornisce un esempio dell’interferenza umana estrema nel mondo naturale in un’era in cui le relazioni umani furono totalmente distorte.  L’ideale di armonia tra uomo e natura venne totalmente stravolto a favore del principio di dominio umano sulla Natura.

bSbVVclaSaggista, giornalista (scrivendo per testate quali The Guardian e New York Times – ricordate ne avevamo già parlato in L’«altro mondo possibile» di Naomi Klein?) e una dei leader culturali del movimento No global, Naomi Klein, in Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile pubblicato a inizio anno, denuncia il sistema economico capitalista per l’atto di guerra dichiarato ogni giorno alla vita della Terra, stabilendo come priorità assoluta la crescita del Pil con il forte potere delle lobby che producono combustibili fossili e con la scarsità di finanziamenti pubblici a favore di energie e risorse rinnovabili. Ha anche elaborato una serie di reportage durante la conferenza di Parigi, denunciando la scarsità di proposte e la forte presenta di compagnie petrolifere. Criticando anche la decisione del governo francese di vietare qualsiasi altra attività parallela durante il vertice sul clima, mettendo da parte ricercatori e ambientalisti.

Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, scrive nel 2013 un manuale per salvarci dai disastri ambientali (Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità) : «L’economia non può dare un prezzo a tutto. La tristezza di un profugo climatico delle isole Carteret costretto a lasciare la propria isola per l’aumento del livello del mare, quanto vale? La sofferenza degli anziani durante le ondae di calore di Parigi del 2003 e Mosca 2010? La perdita dei ghiacciai delle nostre montagne? La degradazione della nostra salute per l’esposizione a un ambiente inquinato? (…) Occorre un salto di paradigma che non può arrivare solo dal dominio economico e finanziario, né da quello ingegneristico o ecologico, ma deve emergere profondamente dalla nostra sfera culturale e spirituale». Forse i condizionamenti sul consumo e sull’uso di energia che subiamo quotidianamente sono la causa della nostra intelligenza ecologica sopita, ma che ora più che mai dobbiamo risvegliare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.